Improcedibile la opposizione a decreto ingiuntivo, se la parte non compare in mediazione personalmente. Trib. Reggio Emilia sent. 26.06.2017 n. 682 dott.ssa Boiardi.

Il Tribunale di Reggio Emilia si pronuncia sulla partecipazione personale delle parti al procedimento di mediazione, aderendo all’orientamento per il quale è richiesta la presenza delle stesse personalmente (ovvero mediante delega specifica); in particolare, vertendosi in tema di opposizione a decreto ingiuntivo in materia bancaria, il Giudice aveva inviato le parti in mediazione; tanto l’opponente quanto l’opposta, però, partecipavano al procedimento avanti l’Organismo di Mediazione soltanto tramite i propri difensori. Il Tribunale di Reggio Emilia, richiamando una serie di pronunzie conformi, ha sancito l’improcedibilità della opposizione, ma ha sanzionato anche il comportamento della banca, condannandola al versamento a favore dell’Erario di una somma pari al contributo unificato dovuto per il giudizio,  ai sensi dell’art. 8, comma 4 bis, del D. Lgs. n. 28/10.

Trib. Reggio Emilia, sent. 26.06.2017 n., 682, dott.ssa Boiardi.

* * *

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale Ordinario di Reggio nell’Emilia
SEZIONE SECONDA CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Simona Boiardi ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. XXXX/2016 promossa da:

SOCIETA’ IN NOME COLLETTIVO & C (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. XXX elettivamente domiciliato in Indirizzo Telematico presso il difensore avv. XXX

SOCIO 1 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. XXX elettivamente domiciliato in Indirizzo Telematicopresso il difensore avv. XXX

SOCIO 2 (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. XXX elettivamente domiciliato in VIA presso il difensore avv. XXX

ATTORI OPPONENTI

contro

BANCA SPA (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. YYY elettivamente domiciliato in VIA presso il difensore avv. YYY

CONVENUTA OPPOSTA

Oggetto: Contratti bancari

Conclusioni come in atti

BREVE SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo parte opponente conveniva in giudizio Banca spa chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo n.XXX/2014 Rg emesso dal Tribunale di Reggio Emilia in data 15-3-2016 con cui veniva ingiunto il pagamento, in favore della banca opposta, della somma capitale di euro 92.531,40 oltre agli interessi legali.

Si costituiva Banca spa chiedendo la conferma del decreto ingiuntivo opposto. All’esito della prima udienza, tenutasi il 17-11-2016, il Tribunale tenuto conto che la materia dei contratti bancari rientra tra quelle per le quali la legge prevede il tentativo obbligatorio di mediazione, ha assegnato alle parti termine di giorni 15 per l’attivazione della detta procedura.

Successivamente le parti hanno prodotto verbale di mediazione da cui emerge che, per parte opponente, era presente solo l’Avv. ZZZ in sostituzione dell’Avv. XXX mentre per parte convenuta compariva soltanto il difensore Avv. YYY. L’Avv. ZZZ ha, altresì, dichiarato che non vi erano margini per trovare una soluzione conciliativa con la banca mentre l’Avv. YYY prendeva atto della indisponibilità alla mediazione della controparte.

Alla successiva udienza, del 18 maggio 2017, il giudice poneva alle parti la questione se debba ritenersi assolta la condizione di procedibilità dell’opposizione attorea quando la stessa vi abbia partecipato solo con il proprio difensore, e concedeva termine per note difensive fissando per discussione orale ex art.281 sexies c.p.c. l’udienza del 26-6-2017.

COINCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

L’opposizione è improcedibile.

E’ documentalmente provato (e non contestato) che, a seguito dell’invio d’ufficio in mediazione disposto ai sensi dell’art.5 citato, e alla attivazione del relativo procedimento ad iniziativa di parte attorea gli opponenti Socio 1 e Socio 2 non hanno partecipato personalmente alla mediazione così come non era presente il legale rappresentante di Società in nome collettivo & C né era presente un delegato di questa. Era presente esclusivamente un sostituto del difensore. Questo giudice condivide quella giurisprudenza di merito (Trib. Napoli Nord 27-1-2017; Tribunale di Firenze del 2014, cfr., da ultimo, Trib. Siracusa ord. 17.1.2015; Trib. Bologna ord. 5.2.2015; Trib. Pavia ord. 9.3.2015; Trib. Vasto sent. 9.3.2015; Trib. Pavia ord. 18.5.2015) che ritiene che le disposizioni di cui all’art. 8 del D.Lgs. n. 28/2010 (come modificato dalla legge n. 98/2013), lette alla luce del contesto europeo nel quale si collocano (cfr. in particolare, direttiva comunitaria 2008/52/CE) impongono di ritenere che l’ordine del giudice è da ritenersi osservato soltanto in caso di presenza della parte (o di un di lei delegato), accompagnata dal difensore e non anche in caso di comparsa del solo difensore, anche quale delegato della parte.

La sentenza del Tribunale Ferrara 28-7-2016, di cui si condividono le argomentazioni, evidenzia plurimi elementi che confermano la correttezza di tale lettura interpretativa: “a) Innanzitutto, la natura della mediazione di per sé stessa richiede che all’incontro con il mediatore siano presenti (anche e soprattutto) le parti personalmente. L’istituto, infatti, mira a riattivare la comunicazione tra i litiganti al fine di renderli in grado di verificare la possibilità di una soluzione concordata del conflitto; questo implica necessariamente che sia possibile una interazione immediata tra le parti di fronte al mediatore. Nella mediazione è fondamentale, infatti, la percezione delle emozioni nei conflitti e lo sviluppo di rapporti empatici ed è, pertanto, indispensabile un contatto diretto tra il mediatore e le persone parti del conflitto. Il mediatore deve comprendere quali siano i bisogni, gli interessi, i sentimenti dei soggetti coinvolti e questi sono profili che le parti possono e debbono mostrare con immediatezza, senza il filtro dei difensori, cui significativamente la legge attribuisce, in questo ambito, una mera funzione di “assistenza” e non già anche di “rappresentanza”. D’altronde, il peculiare significato della mediazione è proprio il riconoscimento della capacità delle persone di diventare autrici del percorso di soluzione dei conflitti che le coinvolgono e la restituzione della parola alle parti per una nuova centratura della giustizia, rispetto ad una cultura che le considera ‘poco capaci’ di gestire i propri interessi e, seppure a fini protettivi, le pone, di fatto, ai margini. Una significativa conferma del ruolo centrale che deve assumere la parte in mediazione e dell’utilità concreta che ha la sua personale presenza in un procedimento che ha la sua specifica connotazione nella finalità deflattiva del contenzioso giudiziario, si desume, del resto, anche dal 6 Considerando della richiamata Direttiva Comunitaria 2008/52/CE, disposto nel quale, del tutto opportunamente, si ricorda che “Gli accordi risultanti dalla mediazione hanno maggiori probabilità di essere rispettati volontariamente e preservano più facilmente una relazione amichevole e sostenibile tra le parti”. Non è, dunque, pensabile applicare analogicamente alla mediazione le norme che, nel processo, consentono alla parte di farsi rappresentare dal difensore. È ben vero, infatti, che la mediazione può dar luogo ad un negozio o ad una transazione che hanno ad oggetto diritti disponibili, ma è anche vero che l’attività che porta all’accordo ha natura personalissima proprio per la connotazione peculiare che ha la procedura in esame, e, in quanto tale, non è delegabile, salvo i casi di obiettiva impossibilità della parte a partecipare.

b) In secondo luogo, i difensori (definiti mediatori di diritto dalla stessa legge) sono senza dubbio già a conoscenza della natura della mediazione e delle sue finalità (come, peraltro, si desume dal fatto che essi, prima della causa, devono fornire al cliente l’informazione prescritta dall’art. 4, comma 3 del D.Lgs. n. 28 del 2010), sicchè perderebbe senso concreto il disposto di cui all’art. 8, comma 1, D.Lgs. n. 28 del 2010 e succ. mod., che impone al mediatore nel primo incontro l’onere di chiarire la funzione e la modalità di svolgimento della mediazione: ove, infatti, fosse consentita la presenza dei soli difensori, anche in rappresentanza delle parti assistite, l’informativa in oggetto si rivelerebbe del tutto inutile. E non è, invero, pensabile che il processo venga interrotto per una informazione già nota ai difensori anziché per un serio tentativo di coinvolgere le parti per la risoluzione del conflitto insorto tra loro.

Alla luce delle considerazioni che precedono, quindi, si ritiene, in conformità con tutta la giurisprudenza di merito che sino ad ora si è occupata della questione (non constano a questo giudice provvedimenti, interlocutori o definitivi, di segno contrario), che sia per la mediazione obbligatoria da svolgersi prima del giudizio ex art. 5, comma 1-bis, D.Lgs. n. 28 del 2010 sia per la mediazione demandata dal giudice, ex art. 5, comma 2, è necessario che le parti compaiano personalmente (assistite dai propri difensori, come previsto dall’art. 8) all’incontro con il mediatore”.

E’ pacifico che in tema di procedimento monitorio, se le parti non hanno esperito la mediazione disposta dal magistrato, il giudice deve dichiarare l’improcedibilità dell’opposizione a decreto ingiuntivo; e tale improcedibilità travolge non la domanda monitoria consacrata nel provvedimento ingiuntivo, ma l’opposizione a essa; l’inattività delle parti, infatti, dà luogo all’estinzione del processo che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo produce gli stessi effetti dell’estinzione del giudizio di impugnazione, facendo acquisire in tal modo al decreto ingiuntivo opposto l’incontrovertibilità tipica del giudicato (cfr. Tribunale Firenze, sez. III, 30/10/2014); sul punto la Suprema Corte di Cassazione (cfr. Cassazione Civile 3 dicembre 2015 n. 24629) ha stabilito che “la norma (art. 5 D.Lvo 28/2010) è stata costruita in funzione deflattiva e, pertanto, va interpretata alla luce del principio costituzionale del ragionevole processo e, dunque, dell’efficienza processuale. In questa prospettiva la norma, attraverso il meccanismo della mediazione obbligatoria, mira – per così dire – a rendere il processo la extrema ratio: cioè l’ultima possibilità dopo che le altre possibilità sono risultate precluse. Quindi l’onere di esperire il tentativo di mediazione deve allocarsi presso la parte che ha interesse al processo e ha il potere di iniziare il processo. Nel procedimento per decreto ingiuntivo cui segue l’opposizione, la difficoltà di individuare il portatore dell’onere deriva dal fatto che si verifica una inversione logica tra rapporto sostanziale e rapporto processuale, nel senso che il creditore del rapporto sostanziale diventa l’opposto nel giudizio di opposizione. Questo può portare ad un errato automatismo logico per cui si individua nel titolare del rapporto sostanziale (che normalmente è l’attore nel rapporto processuale) la parte sulla quale grava l’onere. Ma in realtà – avendo come guida il criterio ermeneutico dell’interesse e del potere di introdurre il giudizio di cognizione – la soluzione deve essere quella opposta. Invero, attraverso il decreto ingiuntivo, l’attore ha scelto la linea deflattiva coerente con la logica dell’efficienza processuale e della ragionevole durata del processo. È l’opponente che ha il potere e l’interesse ad introdurre il giudizio di merito, cioè la soluzione più dispendiosa, osteggiata dal legislatore. È dunque sull’opponente che deve gravare l’onere della mediazione obbligatoria perché è l’opponente che intende precludere la via breve per percorrere la via lunga. La diversa soluzione sarebbe palesemente irrazionale perché premierebbe la passività dell’opponente e accrescerebbe gli oneri della parte creditrice. Del resto, non si vede a quale logica di efficienza risponda una interpretazione che accolli al creditore del decreto ingiuntivo l’onere di effettuare il tentativo di mediazione quando ancora non si sa se ci sarà opposizione allo stesso decreto ingiuntivo. È, dunque, l’opponente ad avere interesse ad avviare il procedimento di mediazione pena il consolidamento degli effetti del decreto ingiuntivo ex art. 653 c.p.c.. Soltanto quando l’opposizione sarà dichiarata procedibile riprenderanno le normali posizioni delle parti: opponente convenuto sostanziale, opposto – attore sostanziale. Ma nella fase precedente sarà il solo opponente, quale unico interessato, ad avere l’onere di introdurre il procedimento di mediazione; diversamente, l’opposizione sarà improcedibile”.

Ne consegue che parte opponente, onerata ex lege di attivare il procedimento di mediazione non ha assolto validamente al proprio onere di presenziare all’incontro fissato davanti al mediatore.

Va, quindi, sanzionato con l’improcedibilità il comportamento della parte onerata ex lege che non compaia avanti al mediatore personalmente o per il tramite di un delegato, diverso dal difensore. Per effetto di tale pronuncia di improcedibilità, resta assorbita ogni questione di merito.

Sotto diverso profilo si rileva che anche Banca spa è comparsa solo a mezzo del proprio legale e, pertanto, ricorrono i presupposti per adottare, ai sensi dell’art. 8, comma 4 bis, del D. Lgs. n. 28/10, una pronuncia di condanna della stessa (che si è ritualmente costituita in giudizio) al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.

Atteso il rilievo d’ufficio e la mancata partecipazione personale o per il tramite di un delegato (diverso dal difensore) di entrambe le parti al giudizio di mediazione si compensano interamente le spese di lite.

PQM

Il Tribunale Civile di Reggio Emilia in composizione monocratica nella persona del giudice dott.ssa Simona Boiardi

definitivamente pronunciando nella causa civile iscritta al n. XXXX/2016 ogni altra e diversa istanza ed eccezione disattesa e/o assorbita, così provvede:

1) DICHIARA improcedibile l’opposizione e per l’effetto conferma il decreto ingiuntivo opposto n. XXX/2016 dichiarandone l’esecutività;

2) BANCA SPA al versamento, in favore dell’Erario, della somma pari all’importo del contributo unificato dovuto per il presente giudizio;

3) Compensa interamente tra le parti le spese di lite.

Reggio Emilia, 26-6-2017

Il Giudice

(dott.ssa Simona Boiardi)

Improcedibile la opposizione a decreto ingiuntivo, se la mediazione è stata promossa innanzi ad un organismo di mediazione non competente. Trib. Reggio Emilia sent. 27.03.2017 n. 329 dott.ssa Boiardi.

Il Tribunale di Reggio Emilia si pronuncia sul promovimento del procedimento di mediazione avanti un Organismo territorialmente non competente; in particolare, vertendosi in tema di opposizione a decreto ingiuntivo, l’opponente, dopo la pronuncia del provvedimento ex art. 649 cod. proc. civ., aveva promosso il procedimento di mediazione avanti un Organismo di mediazione non avente sede presso il circondario del Tribunale della causa e non aveva partecipato all’altro procedimento di mediazione, promosso dalla parte opposta, e radicato presso un organismo territorialmente competente. Il Tribunale di Reggio Emilia ha considerato la mancata partecipazione al secondo procedimento unitamente all’instaurazione del procedimento avanti un Organismo incompetente quale mancata comparizione al procedimento di mediazione, dichiarando l’improcedibilità dell’opposizione, con conseguente definitività del decreto opposto.

Trib. Reggio Emilia, sent. 27.03.2017, dott.ssa Boiardi.

* * *

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale Ordinario di Reggio nell’Emilia
SEZIONE SECONDA CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Simona Boiardi ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la

seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. XXXX/20XX promossa da:

XXXX SRL (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. YYY e dell’avv. ZZZ (XXXXXXXXXXXXX) VIA XXXXXXXXXXXX elettivamente domiciliato in VIA XXXXXXXXXXX presso il difensore avv. YYY

ATTRICE OPPONENTE

contro

YYYY spa (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. XXX elettivamente domiciliata in VIA XXXXXXXXXXXXXXXX presso il difensore avv. XXX

CONVENUTA OPPOSTA

Oggetto: Contratti Bancari
Conclusioni come in atti
COINCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo parte opponente conveniva in giudizio YYYY spa chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo n. XXXX/2015 Rg emesso dal Tribunale di Reggio Emilia con cui veniva ingiunto il pagamento in favore della banca opposta della somma capitale di euro 51.415,58 oltre agli interessi legali e spese di lite.
Si costituiva YYYY spa chiedendo la conferma del decreto ingiuntivo opposto.

All’udienza del 14 luglio 2016 veniva rigettata l’istanza di sospensione della p.e. proposta da parte opponente e il giudice assegnava alle parti termine di giorni 15 per la presentazione della domanda di mediazione.
Alla successiva udienza, del 26-1-2017 parte opposta ha documentato di avere attivato tempestivamente il procedimento di mediazione in Reggio Emilia (non partecipando a quello attivato da parte opposta presso l’organismo di mediazione di Taranto ritenuto incompetente) ma che alla mediazione presso l’organismo di mediazione di Reggio Emilia parte opponente non aveva partecipato. Il giudice rilevava d’ufficio la mancata partecipazione alla mediazione ai sensi dell’art. 5 D.Lgs. n. 28 del 2010 , e fissava udienza ex art.281 sexies c.p.c.

Si osserva che il novellato art. 4, comma I, del D.Lgs 28/2010 richiamato dal novellato art. 5 del D.Lgs 28/2010 prevede che la domanda di mediazione sia presentata presso un Organismo che si trovi nel circondario del Giudice territorialmente competente per la controversia.
L’Organismo di Mediazione competente è, quindi, quello che ha sede nel luogo del Giudice procedente (non era, peraltro, nel giudizio de quo in discussione la competenza del Tribunale di Reggio Emilia). Nel caso di specie, la domanda di mediazione è stata presentata da parte opponente in data 22.07.2016 innanzi all’Organismo di mediazione XXXXXXXX di Taranto, incompetente territorialmente poiché competente a decidere la causa civile di opposizione a decreto in oggetto è il Tribunale di Reggio Emilia.

Parte opposta in data 27.07.2016 ha attivato la procedura di mediazione presso l’Organismo di Mediazione ZZZZZ di Reggio Emilia ma parte opposta non vi ha partecipato come emerge dal verbale del 14-9-2016 pur a fronte di regolare convocazione.

L’opposizione è improcedibile.

E’ documentalmente provato (v. verbale di mancata comparizione del 14-9-2016) che, a seguito dell’invio d’ufficio in mediazione disposto ai sensi dell’art. 5 citato, e alla attivazione del relativo procedimento ad iniziativa di parte opposta parte opponente non si è presentata all’incontro rendendo di fatto impossibile esperire la mediazione.

L’art.5 D.Lgs. n. 28 del 2010 prevede che : “Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero i procedimenti previsti dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, e dai rispettivi regolamenti di attuazione ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale

E’ pacifico che in tema di procedimento monitorio, se le parti non hanno esperito la mediazione disposta dal magistrato, il giudice deve dichiarare l’improcedibilità dell’opposizione a decreto ingiuntivo; e tale improcedibilità travolge non la domanda monitoria consacrata nel provvedimento ingiuntivo, ma l’opposizione a essa; l’inattività delle parti, infatti, dà luogo all’estinzione del processo che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo produce gli stessi effetti dell’estinzione del giudizio di impugnazione, facendo acquisire in tal modo al decreto ingiuntivo opposto l’incontrovertibilità tipica del giudicato (cfr. Tribunale Firenze, sez. III, 30/10/2014); sul punto la Suprema Corte di Cassazione (cfr. Cassazione Civile 3 dicembre 2015 n. 24629) ha stabilito che “la norma (art. 5 D.Lvo 28/2010) è stata costruita in funzione deflattiva e, pertanto, va interpretata alla luce del principio costituzionale del ragionevole processo e, dunque, dell’efficienza processuale. In questa prospettiva la norma, attraverso il meccanismo della mediazione obbligatoria, mira – per così dire – a rendere il processo la extrema ratio: cioè l’ultima possibilità dopo che le altre possibilità sono risultate precluse.

Quindi l’onere di esperire il tentativo di mediazione deve allocarsi presso la parte che ha interesse al processo e ha il potere di iniziare il processo.
Nel procedimento per decreto ingiuntivo cui segue l’opposizione, la difficoltà di individuare il portatore dell’onere deriva dal fatto che si verifica una inversione logica tra rapporto sostanziale e rapporto processuale, nel senso che il creditore del rapporto sostanziale diventa l’opposto nel giudizio di opposizione.

Questo può portare ad un errato automatismo logico per cui si individua nel titolare del rapporto sostanziale (che normalmente è l’attore nel rapporto processuale) la parte sulla quale grava l’onere. Ma in realtà – avendo come guida il criterio ermeneutico dell’interesse e del potere di introdurre il giudizio di cognizione – la soluzione deve essere quella opposta. Invero, attraverso il decreto ingiuntivo, l’attore ha scelto la linea deflattiva coerente con la logica dell’efficienza processuale e della ragionevole durata del processo.

È l’opponente che ha il potere e l’interesse ad introdurre il giudizio di merito, cioè la soluzione più dispendiosa, osteggiata dal legislatore.
È dunque sull’opponente che deve gravare l’onere della mediazione obbligatoria perché è l’opponente che intende precludere la via breve per percorrere la via lunga.

La diversa soluzione sarebbe palesemente irrazionale perché premierebbe la passività dell’opponente e accrescerebbe gli oneri della parte creditrice.

Del resto, non si vede a quale logica di efficienza risponda una interpretazione che accolli al creditore del decreto ingiuntivo l’onere di effettuare il tentativo di mediazione quando ancora non si sa se ci sarà opposizione allo stesso decreto ingiuntivo. È, dunque, l’opponente ad avere interesse ad avviare il procedimento di mediazione pena il consolidamento degli effetti del decreto ingiuntivo ex art. 653 c.p.c.. Soltanto quando l’opposizione sarà dichiarata procedibile riprenderanno le normali posizioni delle parti: opponente convenuto sostanziale, opposto – attore sostanziale.

Ma nella fase precedente sarà il solo opponente, quale unico interessato, ad avere l’onere di introdurre il procedimento di mediazione; diversamente, l’opposizione sarà improcedibile”.

Ciò premesso occorre valutare se, in concreto, possa ritenersi assolta la condizione di procedibilità dell’opposizione se, attivato il procedimento di mediazione su iniziativa di parte opposta, parte opponente non vi abbia partecipato.

L’art. 5 comma II bis del dlgs n.28/2010 statuisce che: “la condizione di procedibilità della domanda giudiziale si considera avverata se il primo incontro innanzi al mediatore si conclude senza accordo”. E’ evidente che può esservi “incontro” solo se sono presenti tutte le parti ed è sicuramente onere della parte che ha interesse ad assolvere la condizione di procedibilità di partecipare agli incontri avanti al mediatore.

Non vi è dubbio, peraltro, che (così come evidenziato dalla pronuncia del Tribunale di Firenze del 21 aprile 2015) “esperire una procedura non equivale ad avviarla, bensì a compiere tutto quanto necessario perché la stessa raggiunga il suo sito fisiologico, che nel caso della mediazione coincide, quantomeno, con il primo incontro avanti al mediatore e, se anche l’altra parte compare, con l’avvio dell’effettiva attività mediatoria”.

Questo giudice condivide, peraltro, le argomentazioni di quella giurisprudenza di merito (Trib. Firenze 24-3-2016 n.1178 e Trib. Firenze 19-3-2014) che escludono che il disposto di cui all’art. 8, comma IV bis del D. Lgs. citato, secondo cui “dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’art. 116, II co., c.p.c.. Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’art. 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio ” sia indice della volontà legislativa di comminare sanzioni diverse dalla improcedibilità alla parte che non compaia.

E’ vero che, ad una prima lettura, tale disposizione sembrerebbe escludere che alla mancata partecipazione di una parte al procedimento possa seguire la sanzione della improcedibilità.
Le conseguenze sarebbero, infatti, solo quelle previste da tale norma, con riflessi quindi sfavorevoli sotto il profilo probatorio (ex art. 116 c.p.c.) e con applicazione della sanzione pecuniaria (in questo senso, recentemente, Trib. Taranto ord. 16.4.2015).

La giurisprudenza di merito (Trib. Firenze 24-3-2016 n.1178) ha evidenziato come tale disposizione, alla luce della ratio della sanzione della improcedibilità e della efficacia deflattiva dell’istituto, va invece letta nel senso che essa sia applicabile esclusivamente nei confronti della parte che non è onerata ex lege, sotto comminatoria di improcedibilità, all’esperimento della mediazione.

Tale giurisprudenza ha sottolineato che: “La logica dell’istituto è, chiaramente, nel senso di onerare chi intende far valere in giudizio un diritto, ovvero proporre appello, non solo di promuovere la mediazione, ma anche di partecipare al relativo procedimento al fine di rendere possibile un accordo tra le parti in quella sede.

In caso di mancata partecipazione alla mediazione della parte che ha l’onere di esperire il procedimento mediatorio non sarebbe ragionevole ritenere applicabili le sole sanzioni di cui all’art. 8 citato.
Si renderebbe cioè possibile alla parte onerata di assolvere alla condizione, assicurando la procedibilità della propria domanda, semplicemente attivando il procedimento e non mediante “l’esperimento” dello stesso”.

In conclusione va sanzionato con l’improcedibilità il comportamento della parte onerata ex lege che non compaia avanti al mediatore.
Per effetto di tale pronuncia di improcedibilità, resta assorbita ogni questione di merito.
Tenuto conto della novità della questione e del rilievo d’ufficio si compensano tra le parti le spese di lite

PQM

Il Tribunale Civile di Reggio Emilia in composizione monocratica nella persona del giudice dott.ssa Simona Boiardi
visto l’art. 281-sexies c.p.c.,
definitivamente pronunciando nella causa civile iscritta al n. XXXX/2016 ogni altra e diversa istanza ed eccezione disattesa, così provvede:

1) DICHIARA improcedibile l’opposizione e per l’effetto conferma il decreto ingiuntivo opposto n. XXXX/2015;

2) Compensa interamente tra le parti le spese di lite

Reggio Emilia il 27-3-2017

Il Giudice

(dott.ssa Simona Boiardi)

 

Inapplicabile la disciplina del d.l. 83/2015 in punto di impignorabilità della quota delle pensioni ai pignoramenti antecedenti il decreto legge. Trib. Reggio Emilia sent. 19.05.2016 n. 744 dott.ssa Di Paolo

Il Tribunale di Reggio Emilia si pronuncia su due aspetti, non particolarmente infrequenti in materia di opposizioni all’esecuzione, sancendo che:

  1. non può applicarsi la disciplina introdotta dal d.l. n. 83/2015, il quale esclude la pignorabilità delle pensioni per un ammontare corrispondente alla “misura massima mensile dell’assegno sociale aumentato della metà“, alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del predetto decreto legge, a norma dell’art. 23 comma 6 d.l. cit., trovando conseguentemente applicazione la normativa contenuta nell’art. 128 del r.d. 1827/1935 e nell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
  2. quando manchi una ripartizione esplicita delle spese liquidate in sentenza tra più soccombenti, il criterio residuale fissato dall’art. 97 comma 2 cod. proc. civ. impone la ripartizione delle spese per quote eguali tra i vari soccombenti e trova applicazione pure in presenza di un’obbligazione solidale, introducendo la norma, di fatto, una presunzione di parziarietà dell’obbligo, riguardante le spese processuali (in assenza di decisione sul punto).

Di seguito, il testo delle motivazioni.

* * *

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI REGGIO EMILIA

in persona del Giudice unico, dott.ssa Simona Di Paolo

ha pronunciato dandone lettura all’udienza del 19/5/2016 ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I grado, iscritta al n° 7389/2015 RG del Tribunale di Reggio Emilia, trattenuta in decisione, a seguito di discussione orale, all’udienza del 19/05/2016, promossa da

Tizio, rappresentato e difeso dagli avv.ti Carlo Canti e Raffaella Sueri ed elettivamente domiciliato presso il loro studio sito in Carpi, via Ugo da Carpi n. 30, giusta procura in calce al ricorso per opposizione all’esecuzione,

OPPONENTE

nei confronti di

Caio e Sempronio,

OPPOSTI CONTUMACI

avente ad oggetto: opposizione all’esecuzione

Conclusioni per come da verbale di udienza del 19.5.2016.

FATTO E DIRITTO

Con atto di citazione regolarmente notificato Tizio ha instaurato il giudizio di merito ex art. 616 c.p.c. per sentir dichiarare l’illegittimità del pignoramento eccedente il quinto del rateo pensionistico corrisposto allo stesso attore, nonché per sentir dichiarare l’illegittimità del pignoramento fatto eseguire da Caio e Sempronio anche per la quota debitoria di competenza di altro condebitore. Il tutto con vittoria delle spese di lite e condanna ex art. 96 c.p.c.

Le ragioni fatte valere dall’odierno attore nel presente giudizio afferiscono a due motivi di doglianza: da un lato l’illegittimità del pignoramento mobiliare r.g.e. 62/2015 relativo ad 1/5 dell’intero rateo pensionistico mensile, anziché ad 1/5 della parte di rateo che supera il minimo pensionistico e, dall’altro lato, la considerazione per cui il titolo esecutivo da cui è originato il procedimento esecutivo – costituito dalla sentenza 1437/2014, prevedeva la condanna di Tizio e Mevia alla refusione delle spese di lite, sicchè sarebbe illegittimo procedere in executivis nei confronti del solo attore per ottenere il pagamento dell’intero a fronte della condanna non solidale di due soggetti.

I convenuti, regolarmente citati, non si sono costituiti e ne deve, pertanto, essere dichiarata la contumacia.

L’opposizione è fondata e va, pertanto accolta.

Quanto alla doglianza relativa all’entità della somma pignorata nell’ambito della procedura n.r.g.e. 62/2015, infatti, Tizio sostiene che l’ordinanza con la quale viene pignorato la somma di 1/5 dell’intera pensione, anziché la somma di 1/5 della parte eccedente la misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà, sia contrastante con la previsione normativa contenuta nell’art. 128 del r.d.l. n. 1827/1935 e degli artt. 1 e 2, primo comma, del d.p.r. 180/1950.

Premesso che, quanto all’entità e alla determinazione della somma pignorata presso l’INPS a titolo di pensione dell’odierno opponente, va evidenziato che alla procedura in questione non può ritenersi applicabile la nuova disciplina introdotta dal d.l. 83/2015 che esclude la pignorabilità delle pensioni per un ammontare corrispondente alla “misura massima mensile dell’assegno sociale aumentato della metà”, posto che, a norma dell’art. 23, comma 6 del citato decreto legge, tali disposizioni si applicano esclusivamente alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legge, ne deriva che la normativa applicabile al caso in questione è contemplata nell’art. 128 del r.d. 1827/1935 e nell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87.

Tali disposizioni hanno costituito oggetto della pronuncia n. 506 del 2002 con la quale la Corte Costituzionale ne ha dichiarato l’illegittimità nella parte in cui le stesse norme non consentono la pignorabilità, nei limiti del quinto, dei crediti pensionistici nella parte eccedente quanto necessario per le esigenze di vita del pensionato.

La norma, quale risulta dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale di cui alla pronuncia della Corte Costituzionale, di tipo additivo, vincola l’interprete: tale pronuncia fissa il principio di diritto per il quale, ai sensi del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, art.128 e del D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, art. 1 e art. 2, comma 1, è assolutamente impignorabile, con le eccezioni previste dalla legge per i crediti qualificati, la parte della pensione, assegno o indennità necessaria per assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita ed è pignorabile nei soli limiti del quinto la residua parte.

In altre parole, il pignoramento è legittimo laddove abbia ad oggetto la quinta parte del trattamento pensionistico eccedente la misura necessaria ad assicurare al pensionato mezzi adeguati a vivere.

Nella dichiarazione di terzo, nel caso in questione, l’INPS aveva dichiarato che Tizio era titolare della somma di € 820,00 a titolo di pensione, pertanto il quinto pignorabile avrebbe dovuto essere calcolato solo sull’importo della pensione (€ 820,81) al netto nella somma determinata quale “minimo vitale”, ordinando all’INPS di procedere alla trattenuta e al versamento in favore della creditrice esclusivamente della somma mensile di € 63,52 (la quinta parte di € 317,61 risultante dalla differenza fra il netto della pensione € 820,00 e il “minimo vitale”, individuabile in € 502,39 quale minimo pensionistico del 2015).

Per quanto attiene, invece, al secondo motivo di doglianza, afferente il pignoramento per intero gravante sul Tizio della somma di € 5.000,00 a titolo delle spese legali sostenute dai terzi chiamati nella causa r.g. 2946/2010 da cui è originata la sentenza n. 1437/2014 portata in esecuzione nel giudizio r.g.e. 62/2015, Tizio contesta che gli odierni convenuti/opposti possano chiedere il pagamento dell’intero a lui solo, senza che la sentenza, azionata quale titolo esecutivo, sancisse la solidarietà passiva dei soccombenti per le spese di lite.

Ebbene, a tal fine, deve osservarsi che la sentenza n. 1437/2014 del Tribunale di Reggio Emilia, posta alla base della procedura esecutiva da cui origina l’odierna opposizione, in ordine al governo delle spese di lite, così dispone: “condanna Tizio e Mevia al pagamento delle spese legali sostenute dai terzi chiamati che si liquidano complessivamente per ambedue, stante la comunanza di difese, in € 5.000,00 per compensi, oltre rimborso forfettario 15%, iva cpa come per legge…”.

Nel caso in questione, pertanto, si sollecita l’esame dell’ammontare esatto delle somme azionabili in fase esecutiva, sulla scorta di una corretta applicazione delle regole di cui all’art. 97 c.p.c., senza che ciò comporti un controllo intrinseco sul titolo o ponga questioni relative alla formazione del provvedimento o a ragioni di ingiustizia della decisione, la cui cognizione sarebbe preclusa al giudice dell’esecuzione (Cass. 17 febbraio 2011, n. 3850; Cass. 27 gennaio 2012, n. 1183; Cass. 24 luglio 2012, n. 12911; Cass. 17 febbraio 2014, n. 3619).

Orbene, nell’ipotesi di processo con pluralità di soccombenti, la regola generale, cristallizzata all’art. 97 c.p.c. è rappresentata dalla ripartizione delle spese in misura proporzionale all’interesse nella causa di ciascuno dei soccombenti. L’interesse nella causa è da intendersi come interesse, da apprezzarsi da un punto di vista prevalentemente quantitativo, al risultato giuridico che i vincitori in giudizio conseguono con l’accoglimento della domanda ed i soccombenti con il rigetto della stessa (in altre parole, i vantaggi – economici e morali – conseguenti ad un accertamento giudiziale, positivo o negativo).

In deroga alla predetta regola generale, l’ultimo periodo dell’art. 97, co. 1, c.p.c. riserva alla valutazione discrezionale del giudice la possibilità di una condanna solidale alle spese processuali.

Se però manca una ripartizione esplicita delle spese tra i soccombenti, il criterio residuale fissato dall’art. 97, co. 2, impone la ripartizione delle spese per quote eguali tra i vari soccombenti, da applicarsi pure in presenza di un’obbligazione solidale. La norma, di fatto, introduce una presunzione di parziarietà dell’obbligo riguardante le spese processuali in mancanza di decisione sul punto.

Per cui, stando all’esatto tenore letterale della sentenza n. 1437/2014 del Tribunale di Reggio Emilia, non si rinviene una pronuncia di condanna solidale alle spese di lite laddove, invece, la condanna solidale alle spese di lite presuppone un’espressa delibazione da parte del giudice, che è del tutto discrezionale (art. 97, co. 1. ultimo periodo: “…Può anche pronunciare condanna solidale di tutte o di alcune di esse”). In assenza di una pronuncia puntuale in tal senso, si applica la disposizione di cui all’art. 97, co. 2, c.p.c.

Tanto chiarito, risulta dalla azionata sentenza 1437/2014 una responsabilità in punto a spese di lite da ripartirsi in parti uguali sui soccombenti Tizio (odierno attore opponente) e Mevia.

Le domande attoree devono, pertanto, trovare accoglimento.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

Trova, altresì, applicazione la disposizione di cui all’art. 96 comma 2 c.p.c.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così provvede:

1) Ordina al terzo pignorato INPS di trattenere mensilmente la sola somma di € 63,52, pari al quinto di rateo pensionistico mensile di Tizio che supera il “minimo vitale”, corrispondendo a Tizio la parte dei ratei precedentemente trattenuti in esubero;

2) dichiara l’illegittimità del pignoramento fatto eseguire da Caio e Sempronio a carico di Tizio per la parte eccedente la somma di € 2.500,00 (oltre oneri pro quota come per legge) di cui al punto 6) della sentenza n. 1437/2014;

3) per l’effetto, ordina che il pignoramento promosso in danno di Tizio in ragione della sentenza n. 1437/2014 venga ridotto della somma di € 2.500,00 oltre oneri come per legge da calcolarsi sulla quota di competenza di Tizio;

4) condanna Caio e Sempronio al pagamento, in solido tra loro e in favore di Tizio , delle spese di lite del presente giudizio che si liquidano nella somma di € 2.400 oltre IVA, CPA e spese generali come per legge;

5) condanna Ciao e Sempronio al risarcimento dei danni ex art. 96 cpc quantificati in € 62,75 (corrispondente all’importo degli interessi legali sulle somme trattenute in esubero dal terzo INPS, pari ad € 1.313,11).

Reggio Emilia, 19/5/2016.

Il Giudice

dott.ssa Simona Di Paolo