L’esenzione di cui all’art. 46 l. n. 374/1991 è generalizzata, in deroga all’art. 37 del d.P.R. n. 131/86 (secondo cui la tassa di registro si applica a tutte le sentenze), indipendentemente dal grado di giudizio e dall’Ufficio Giudiziario adito, ad evitare procedure esecutive o riscossive per modesti importi, sicché nessun tributo deve essere richiesto per controversie di tali esigui valori, salvo il contributo unificato, sempre qualora esso sia previsto.
Category Archives: Tributario
Disposizioni per la trattazione delle udienze presso le CTP di Reggio Emilia e Modena
Le Commissioni Tributarie Provinciali di Reggio Emilia e Modena hanno diramato le disposizioni particolari, in ragione della emergenza sanitaria, per la trattazione delle udienze da novembre 2020.
Di seguito, i due decreti presidenziali:
CTP Reggio Emilia
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CTP Modena
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La circolare dell’A.d.E. sul credito d’imposta per i canoni di locazione non abitativa
Pubblicata la circolare n. 14/E del 06.06.2020 dell’Agenzia delle Entrate, riguardante il credito d’imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d’azienda (art. 28, d.l. 19 maggio 2020, n. 34)
Il testo è scaricabile qui.
Aumento dei diritti di copia luglio 2018. Decreto 4 luglio 2018 del Ministero della Giustizia
Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 172 del 26.07.2018 il Decreto 4 luglio 2018 del Ministero della Giustizia, recante l’adeguamento degli importi del diritto di copia e di certificato ai sensi dell’articolo 274 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.
Il decreto è consultabile al seguente qui (estratto della Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 172 del 26.07.2018): Adeguamento degli importi del diritto di copia e di certificato ai sensi dell’articolo 274 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.
Di seguito, le tabelle con gli importi aggiornati (allegati n. 6, 7 e 8, al Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115):
Allegato n. 6 (art. 267)
Diritto di copia senza certificazione di conformità
Numero di pagine |
Diritto di copia forfettizzato |
1-4 |
€ 0,97 |
5-10 |
€ 1,94 |
11-20 |
€ 3,87 |
21-50 |
€ 7,75 |
51-100 |
€ 15,50 |
oltre le 100 |
€ 15,50 più € 6,46 ogni ulteriori 100 pagine o frazione di 100 |
Allegato n. 7 (art. 268)
Diritto di copia autentica
Numero di pagine |
Diritto di copia forfettizzato |
Diritto di certificazione di conformità |
Totale delle colonne 2 e 3 |
1-4 |
€ 1,29 |
€ 6,46 |
€ 7,75 |
5-10 |
€ 2,59 |
€ 6,46 |
€ 9,05 |
11-20 |
€ 3,87 |
€ 6,46 |
€ 10,33 |
21-50 |
€ 6,46 |
€ 6,46 |
€ 12,92 |
51-100 |
€ 12,92 |
€ 6,46 |
€ 19,38 |
oltre le 100 |
€ 12,92 più € 7,75 ogni ulteriori 100 pagine o fra- zione di 100 |
€ 6,46 |
€ 19,38 più € 7,75 ogni ulteriori 100 pagine o frazione di 100 |
Allegato n. 8 (art. 269)
Diritto di copia su supporto diverso da quello cartaceo
Tipo di supporto |
Diritto |
Per ogni cassetta fonografica di 60 minuti o di durata inferiore |
€ 3,87 |
Per ogni cassetta fonografica di 90 minuti |
€ 5,81 |
Per ogni cassetta videofonografica di 120 minuti o di durata inferiore |
€ 6,46 |
Per ogni cassetta videofonografica di 180 minuti |
€ 7,75 |
Per ogni cassetta videofonografica di 240 minuti |
€ 9,70 |
Per ogni dischetto informatico da 1,44 MB |
€ 4,54 |
per ogni compact disc |
€ 323,04 |
Niente registro per il provvedimento di liquidazione delle spese dell’esecuzione. Agenzia delle Entrate Reggio Emilia 05.03.2018
La Direzione Provinciale di Reggio Emilia, a seguito di ricorso-reclamo ex art. 17-bis d.lgs. n. 546/1992, ha accolto integralmente ed ha provveduto ad annullare la liquidazione dell’imposta di registro effettuata sul provvedimento ex art. 611 cod. proc. civ. di liquidazione delle spese del procedimento esecutivo (nella fattispecie, si trattava di esecuzione per rilascio di immobile).
In accoglimento del ricorso promosso dal contribuente, l’Ufficio ha ritenuto che:
- nessuna norma del Testo Unico dell’imposta di registro prevede la tassazione dei provvedimenti di liquidazione delle spese legali, che devono quindi ritenersi esclusi dal novero degli atti assoggettabili all’imposta, stante il disposto dell’art. 2, parte terza della Tariffa;
- il provvedimento di liquidazione delle spese ha natura ancillare rispetto al provvedimento principale, emesso in esito ad un procedimento giurisdizionale, anche nell’ipotesi (come quella del caso in esame) in cui la liquidazione venga chiesta con separata istanza, come espressamente richiesto dalla legge, ai sensi dell’art. 611 c.p.c.;
- l’atto impugnato in motivazione richiama una fattispecie impositiva (combinato disposto degli artt. 8 comma 1, lett. a) e 6 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 1986 n. 131) non coerente con il caso di specie, tale da rendere il suddetto avviso di liquidazione privo di adeguata e congrua motivazione.
Il ricorso ed il conseguente provvedimento di annullamento sono liberamente consultabili qui: Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Reggio Emilia 5 marzo 2018.
Definizione agevolata delle controversie tributarie – Nota prot. n. 50869 del 07.09.2017 della Agenzia delle Entrate Direzione Regionale dell’Emilia Romagna
L’Agenzia delle Entrate – Direzione Regionale dell’Emilia Romagna ha diramato la nota prot. n. 50869 del 07.09.2017, con cui comunica che i professionisti abilitati ai servizi Fisconline ed Entratel possono visualizzare, già dal 31.07.2017, una volta autenticati, un avviso sull’opportunità di definire le controversie dagli stessi patrocinate, ai sensi dell’art. 11 D.L. n. 50/2017, n. 50, convertito con modificazioni in l. n. 96/2017.
Inesistente la notifica della cartella esattoriale eseguita da poste private
Qualora l’invio della raccomandata previsto dalla procedura per la notificazione ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ., sia affidato a Nexive, esso non è idoneo al perfezionamento del procedimento notificatorio: l’operatore postale privato è un soggetto non abilitato privo della qualifica di pubblico ufficiale la cui attività inficia il perfezionamento del procedimento notificatorio con conseguente inesistenza della notifica e sua insanabilità anche qualora, con l’impugnazione, il destinatario dimostri, come nel caso in questione, di aver avuto conoscenza dell’atto.
Questo il principio enunciato dalla Commissione Tributaria di Pisa, con la sentenza n. 478 del 08.11.2016 (depositata 06.12.2016); di seguito le motivazioni integrali, di cui qui è possibile scaricare una copia.
* * * *
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI PISA SEZIONE 3
riunita con l’intervento dei signori
IANNELLI ENZO Presidente
BRUNI CRISTIANA Relatore
GLENDI GRAZIELLA Giudice
ha emesso la seguente
SENTENZA
– sul ricorso n. 282/2016 depositato il 09/05/2016
– avverso CARTELLA DI PAGAMENTO n° 08720150010960185 IRPEF-ALTRO 2011
contro:
AG. RISCOSSIONE PISA EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE S.P.A.
FATTO E DIRITTO
Il signor XY ricorre contro Equitalia avverso il ruolo n.2015/0550043 relativo a lrpef, addizionali comunali e regionali, IVA, oltre sanzioni e interessi, per un totale di € 3.977,52; il ruolo n. 2015/0250273 e la cartella di pagamento n. 087 /015/0004041591 relativi al periodo 2008, sempre in materia di lrpef, addizionali comunali e regionali, Iva, oltre sanzioni e interessi per C 3.426,89; il ruolo n. 9014/0250315 e la cartella n. 087 2014/0012581844 relativi al 2011 in materia di Irap, oltre interessi e sanzioni per un totale di € 604,70; il ruolo n. 2015/0250571 e la cartella n. 087 2015/0015715321 relativi al periodo di imposta 2012, in materia di lrpef, addizionali comunali e regionali, Iva, oltre interessi e sanzioni per un totale di C€ 4.070,64. Eccepisce di non aver ricevuto la notifica degli atti impugnati e di accedere alla tutela giurisdizionale avverso tutti gli atti che siano stati invalidamente notificati, anche dopo aver avuto la conoscenza di un asserito debito a mezzo dell’estratto di ruolo, posta la natura recettizia degli atti amministrativi, compresi quelli tributari. Richiama sul punto la recente sentenza della Corte di Cassazione n. 19704 del 2015, ribadendo che i termini di impugnazione di un atto non possono che decorrere dalla (valida) notificazione dell’atto medesimo; pertanto, il destinatario dell’atto ha l’interesse e il diritto di provare la verifica della validità della notifica dell’atto del quale non sia venuto a conoscenza a causa del difetto di notifica. Eccepisce quindi la inesistenza/invalidità della notifica e la conseguente insanabile nullità degli atti impugnati, in quanto le cartelle non sono mai state notificate. Né, a suo dire, si può sanare il vizio di notifica, considerato che la legge n. 15/2015, come interpretata dalla richiamata pronuncia della Cassazione, ha introdotto il criterio c.d. della qualità degli effetti, secondo cui sono recettizi provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei privati. Ne consegue che la notifica è necessaria per il perfezionamento degli atti tributari che, per la loro natura di atti di indubbia incidenza sul patrimonio del destinatario, sono naturaliter recettizi. In tali atti le misure di partecipazione sono elementi costitutivi della loro stessa efficacia giuridica e l’effetto giuridico non decorre dalla data di adozione del provvedimento, bensì da quella dell’avvenuta comunicazione dello stesso. Tale natura recettizia rende inapplicabile l’istituto della piena conoscenza ai fini del decorso del termine di impugnazione. E quindi tutte le pretese risultanti dagli estratti di ruolo non potranno che essere disattese, vista l’inesistenza/invalidità assoluta delle notifiche delle cartelle di pagamento; l’indubbia recettizietà degli atti tributari e la valorizzazione del principio della qualità degli effetti impone di non poter più considerare sanabili tutti gli atti tributari invalidamente notificati, posto che la notifica diviene elemento essenziale dell’atto stesso. Il ricorrente eccepisce inoltre la decadenza dall’attività di riscossione e la prescrizione delle somme richieste. L’art. 25 del DPR n. 600/73 prevede che la notifica avvenga entro il terzo anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione dei redditi. Gli anni di cui si tratta sono il 2008 e il 2011: la notifica indicata nell’estratto di ruolo è quella del 21 luglio 2015, ben oltre il quinquennio prescrizionale che sarebbe spirato nel 2013. Equitalia si costituisce e controdeduce sostenendo: quanto alla notifica delle cartelle di pagamento, che due delle stesse stesse risultano correttamente notificate il 10.03.2016 e il 21.07.2015 ai sensi dell’art. 139 c.p.c. a mezzo della madre dell’odierno ricorrente e successivo invio di raccomandata semplice. Le altre sono state notificate ai sensi dell’art. 140 c.p.c. mediante deposito nella casa comunale, affissione dell’avviso e invio della raccomandata informativa con avviso di ricevimento. Richiama giurisprudenza favorevole della Corte di Cassazione in ordine alla reperibilità cd relativa. In particolare la sentenza n. 258/2012 ha chiarito che i casi di reperibilità relativa non sono più disciplinati dall’art. 26 del DPR n. 602/73, ma dall’art. 140 c.p.c. il quale prevede che, se non è possibile eseguire la consegna per irreperibilità o per incapacità o per rifiuto delle persone indicate nell’articolo precedente, l’ufficiale giudiziario deposita copia nella casa del Comune dove la notificazione deve eseguirsi, affigge avviso di deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario e gliene da notizia per raccomandata con avviso di ricevimento”. La notificazione si perfeziona così trascorsi dieci giorni dall’invio di detta raccomandata, ove il destinatario non si presenti entro i dieci giorni successivi. Quanto, invece, all’invocata prescrizione e decadenza, eccepisce il difetto di legittimazione passiva dell’agente della riscossione e la legittimazione dell’Agenzia delle Entrate in quanto la causa petendi attiene a questioni sostanziali involgenti il modo di essere del rapporto di imposta ed il contraddittorio deve essere instaurato nei confronti dell’ente creditore. Con successiva memoria illustrativa il ricorrente insiste sulle proprie pretese. Il ricorso è fondato e può trovare accoglimento. L’agente della riscossione ha effettuato la procedure di notifica ex art. 140 c.p.c. a mezzo di soggetto terzo (Nexive) giuridicamente non legittimato. Il legislatore ha inteso affidare il servizio universale postale alle sole Poste Italiane, come confermato di recente dal Garante per le comunicazioni, e tale esclusività vale fino al 2026 (v. art. 4 del Decreto Legislativo n. 261/99). La Suprema Corte di Cassazione ha ribadito tale esclusività anche di recente con Cass. n. 2922/2015 secondo cui, per dirsi effettivamente attuata la procedura di cui all’art.140 c.p.c., è necessario che l’invio della raccomandata informativa venga effettuata utilizzando il servizio postale nazionale fornito dall’Ente Poste su tutto il territorio nazionale, con la conseguenza che, qualora tale adempimento sia affidato a un’agenzia priva di recapito, esso non è conforme alla formalità prescritta dall’art. 140 c.p.c. e, pertanto, non è idoneo al perfezionamento del procedimento notificatorio. Deve quindi essere rilevata l’inesistenza della notifica effettuata dal concessionario della riscossione a mezzo agenzia privata di recapiti. L’operatore postale privato è un soggetto non abilitato privo della qualifica di pubblico ufficiale la cui attività inficia il perfezionamento del procedimento notificatorio con conseguente inesistenza della notifica e sua insanabilità anche qualora, con l’impugnazione, il destinatario dimostri, come nel caso in questione, di aver avuto conoscenza dell’atto (in tal senso anche Comm. Trib. Prov. Pisa, sez. 2, sentenza n. 317/2/2016 e sez. 3, sent. n. 337/2016). Nessuna sanatoria pertanto può dirsi realizzata a fronte di notifica inesistente. La richiamata giurisprudenza della Suprema Corte ha ormai definitivamente cristallizzato il principio della qualità degli effetti della notifica degli atti tributari secondo cui sono recettizi provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei destinatari. In tali atti le misure partecipative e di conoscenza sono elementi costitutivi dell’efficacia giuridica. Conseguentemente l’effetto giuridico non decorre dalla data della loro adozione, bensì da quella dell’avvenuta regolare e valida notifica degli stessi. Se il contribuente contesta di non aver mai ricevuto la cartella esattoriale, al concessionario della riscossione non è sufficiente, per provare l’avvenuta regolare notifica, produrre in giudizio l’estratto di ruolo (in tal senso: Comm. Trib. Napoli, sent. n. 3150/2016, conforme a quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 18252/2013). Il concessionario non può limitarsi ad esibire in giudizio l’estratto del ruolo, ma deve produrre copia integrale della cartella, non essendo sufficiente nemmeno la produzione in giudizio della ricevuta di ritorno della raccomandata. La sentenza n. 19704 del 02.10.2015 della Suprema Corte a sezioni unite, ribadisce alcuni principi essenziali: gli atti tributari sono atti recettizi in ragione della indubbia incidenza sul patrimonio del destinatario. Ne consegue che le misure di partecipazione degli stessi sono elementi costitutivi della loro efficacia giuridica, il cui effetto non decorre pertanto dalla loro adozione, bensì dalla corretta notifica al destinatario. E tuttavia non è sufficiente la piena conoscenza del loro contenuto da parte del destinatario, né la costituzione in giudizio per sanare il vizio di notifica, bensì è necessario anche che gli atti siano comunicati nei modi previsti dalla legge. La costituzione in giudizio nei termini non sana il vizio di notifica, ma consente al destinatario degli atti impugnati di difendersi dinanzi al giudice tributario. La notificazione deve inoltre essere effettuata da messo notificatore e la raccomandata di avviso deve essere leggibile e correttamente comunicata. La mancanza dell’invio non costituisce pertanto mera irregolarità, ma vizio insanabile della notifica. Non è infine sufficiente la produzione in giudizio della relata di notifica né, tantomeno, dell’estratto di ruolo, per i motivi già illustrati e ribaditi dalla giurisprudenza ormai costante sul punto della Suprema Corte. In altri termini, non è possibile separare l’atto di cui si tratta dalla sua corretta notificazione e considerarli separatamente poiché, ove non venga fornita la prova di tale collegamento, non è possibile accertare se la copia dell’atto era o meno conforme all’originale (così CTR Siracusa n. 7433/2016 e CTP Salerno, n. 2544/2016 e CTP di Napoli, n. 10938/2016). Gli altri motivi del ricorso vengono integralmente assorbiti dall’accoglimento di quelli illustrati. La decisione sulle spese di lite segue la soccombenza.
PQM
La Commissione accoglie il ricorso. Condanna Equitalia a rifondere le spese di lite che si liquidano in € 1.000,00.
Pisa, 8 novembre 2016.
Il Relatore
dott.ssa Cristina Bruni
Il Presidente
Dr. Enzo Iannelli
Omesso versamento I.V.A., confermata la “linea dura”: forza maggiore solo nel caso di assoluta impossibilità ad adempiere l’obbligazione tributaria. Cass. Pen., Sez. III, 10.11.2016 n. 47250
La Corte di Cassazione, con la sentenza della Terza Sezione Penale del 10.11.2016, n. 47250 (udienza del 21.06.2016), conferma l’orientamento più restrittivo, secondo cui la mera difficoltà nell’adempimento dell’obbligazione tributaria non integra forza maggiore , la quale si concretizza esclusivamente in caso di assoluta impossibilità a porre in essere il comportamento omesso, affermando che:
- il margine di scelta esclude sempre la forza maggiore, in quanto non esclude la suitas della condotta;
- la mancanza di provvista necessaria all’adempimento dell’obbligazione tributaria penalmente rilevante non può essere addotta a sostegno della forza maggiore quando sia comunque il frutto di una scelta/politica imprenditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità;
- non si può invocare la forza maggiore quando l’inadempimento penalmente sanzionato sia stato con-causato dal mancato pagamento delle singole scadenze mensili e dunque da una situazione di illegittimità;
- l’inadempimento tributario penalmente rilevante può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore che non ha potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico.
Di seguito il testo delle motivazioni.
* * *
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSI Elisabetta – Presidente –
Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –
Dott. MANZON Enrico – Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
Dott. DI STASI Antonella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
D.N., nato a (omissis) il xx/xx/19xx;
avverso la sentenza del 14/05/2015 della Corte di Appello di Campobasso;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa DI STASI Antonella;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa FILIPPI Paola che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 14.5.2015, la Corte di Appello di Campobasso confermava la sentenza del 17.10.2014 del Tribunale di Campobasso che aveva dichiarato D.N. responsabile dei reati di cui all’art. 81 cpv. c.p. e D.Lgs. n. 74 del 2000, 10-ter – perchè nella qualità di titolare e legale rappresentante della omonima ditta ometteva di versare, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto relativamente ai periodi di imposta (omissis), (omissis) e (omissis) – e lo aveva condannato alla pena di anni uno e mesi due di reclusione con le conseguenti pene accessorie.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione D.N., per il tramite del difensore di fiducia, articolando un unico complesso motivo di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1.
Il ricorrente deduce che, pur non disconoscendo di aver posto in essere la condotta omissiva contestata, ciò era avvenuto non per mancanza di volontà di adempiere ai propri doveri con il fisco ma perchè impossibilitato a farlo per causa di forza maggiore dovuta non solo alle condizioni di precarietà in cui era costretto a vivere ma anche e soprattutto perchè non aveva mai incassato le esorbitanti somme sulle quale versare l’IVA per essere un semplice “prestanome”. Argomenta, quindi, che risulta evidente l’insussistenza dell’elemento psicologico del reato contestato.
Aggiunge che la crisi di liquidità configura una sorta di forza maggiore che interrompe il nesso psichico e che, nella specie, si è trattato proprio di una “evasione di sopravvivenza”.
Deduce, poi, che l’affermazione di responsabilità è stata fondata nei due gradi di giudizio su una istruttoria monca, sulle sole dichiarazioni dei testi di accusa ed in assenza di prove documentali.
Deduce, infine, la violazione del diritto di difesa, in quanto la Corte di appello disattendeva una istanza di rinvio per legittimo impedimento corredata e giustificata da apposita documentazione.
Chiede, pertanto, assoluzione perchè il fatto non sussiste, per carenza dell’elemento psicologico o con altra formula ampia.
Motivi della decisione
1. Il ricorso va dichiarato inammissibile.
2. Il primo motivo è manifestamente infondato.
Con la sentenza n. 37424/2013 le Sezioni Unite hanno ribadito che il reato in esame è punibile a titolo di dolo generico.
Per la commissione del reato, basta, dunque, la coscienza e volontà di non versare all’Erario le ritenute effettuate nel periodo considerato e la prova del dolo è insita, in genere, nella presentazione della dichiarazione annuale, dalla quale emerge quanto è dovuto a titolo di imposta, e che deve, quindi, essere “saldato o almeno contenuto” sotto la soglia di punibilità nel termine lungo previsto. Con l’effetto che se il debito verso il fisco relativo ai versamenti IVA è collegato al compimento delle singole operazioni imponibili, ogni qualvolta il soggetto d’imposta effettua tali operazioni riscuote già (dall’acquirente del bene o del servizio) l’IVA dovuta e deve, quindi, tenerla accantonata per l’Erario, organizzando le risorse disponibili in modo da poter adempiere all’obbligazione tributaria. Il D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-ter estende evidentemente questa esigenza di organizzazione su scala annuale.
Non può, pertanto, essere invocata, per escludere la colpevolezza, la crisi di liquidità del soggetto attivo al momento della scadenza del termine, ove non si dimostri che la stessa non dipenda dalla scelta (protrattasi, in sede di prima applicazione della norma, nella seconda metà del (omissis)) di non far debitamente fronte alla esigenza predetta organizzativa (per l’esclusione del rilievo scriminante di impreviste difficoltà economiche in sè considerate v., in riferimento alla parallela norma dell’art. 10-bis, Sez. 3, n. 10120 del 01/12/2010, dep. 2011, Provenzale).
Questa Corte ha ulteriormente precisato che è necessario che siano assolti, sul punto, precisi oneri di allegazione che devono investire non solo l’aspetto della non imputabilità al contribuente della crisi economica che improvvisamente avrebbe investito l’azienda, ma anche la circostanza che detta crisi non potesse essere adeguatamente fronteggiata tramite il ricorso ad idonee misure da valutarsi in concreto.
Occorre cioè la prova che non sia stato altrimenti possibile per il contribuente reperire le risorse economiche e finanziarie necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di un’improvvisa crisi di liquidità, quelle somme necessarie ad assolvere il debito erariale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e ad egli non imputabili (Sez. 3, 9 ottobre 2013, n. 5905/2014; Sez. 3, n. 15416 del 08/01/2014, Tonti Sauro; Sez. 3, n. 5467 del 05/12/2013, Mercutello, Rv. 258055, Sez.3, n. 43599 del 09/09/2015, dep. 29/10/2015, Rv. 265262).
Poichè la forza maggiore postula la individuazione di un fatto imponderabile, imprevisto ed imprevedibile, che esula del tutto dalla condotta dell’agente, tanto da rendere ineluttabile il verificarsi dell’evento, non potendo ricollegarsi in alcun modo ad un’azione od omissione cosciente e volontaria dell’agente, questa Suprema Corte ha sempre escluso, quando la specifica questione è stata posta, che le difficoltà economiche in cui versa il soggetto agente possano integrare la forza maggiore penalmente rilevante. (Sez. 3, n. 4529 del 04/12/2007, Cairone, Rv. 238986; Sez. 1, n. 18402 del 05/04/2013, Giro, Rv. 255880; Sez. 3, n. 24410 del 05/04/2011, Bolognini, Rv. 250805; Sez. 3, n. 9041 del 18/09/1997, Chiappa, Rv. 209232; Sez. 3, n. 643 del 22/10/1984, Bottura, Rv. 167495; Sez. 3, n. 7779 del 07/05/1984, Anderi, Rv. 165822).
Costituisce corollario di queste affermazioni il fatto che nei reati omissivi integra la causa di forza maggiore l’assoluta impossibilità, non la semplice difficoltà di porre in essere il comportamento omesso (Sez. 6, n. 10116 del 23/03/1990, Iannone, Rv. 184856).
Ne consegue che: a) il margine di scelta esclude sempre la forza maggiore perchè non esclude la suitas della condotta; b) la mancanza di provvista necessaria all’adempimento dell’obbligazione tributaria penalmente rilevante non può pertanto essere addotta a sostegno della forza maggiore quando sia comunque il frutto di una scelta/politica imprenditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità; c) non si può invocare la forza maggiore quando l’inadempimento penalmente sanzionato sia stato con-causato dal mancato pagamento delle singole scadenze mensili e dunque da una situazione di illegittimità; d) l’inadempimento tributario penalmente rilevante può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore che non ha potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico (Sez. 3, n. 8352 del 24/06/2014, dep. 25/02/2015, Rv. 263128).
Nel caso in esame, la deduzione riguardante la crisi economica è generica e in fatto e non reca, in particolare, indicazioni specifiche nè concrete atte a ravvisare una reale impossibilità incolpevole all’adempimento ovvero a ricondurre la causa esclusiva dell’inadempimento a condotte tenute prima del secondo semestre del (omissis).
3. Il secondo motivo è inammissibile; ne va, infatti, rilevata la aspecificità ai sensi degli artt. 591 e 581 c.p.p..
Il ricorrente si limita a censurare genericamente la sentenza resa dal giudice di secondo grado, allegando che la Corte territoriale non avrebbe valutato il compendio probatorio, le cui risultanze escluderebbero la sua responsabilità, e senza indicare alcun elemento di concretezza al riguardo.
Il vizio risulta diretto ad indurre la rivalutazione del compendio probatorio, senza l’indicazione di specifiche questioni in astratto idonee ad incidere sulla capacità dimostrativa delle prove raccolte.
Il vizio di motivazione per superare il vaglio di ammissibilità non deve essere diretto a censurare genericamente la valutazione di colpevolezza, ma deve invece essere idoneo ad individuare un preciso difetto del percorso logico argomentativo offerto dalla Corte di merito, sia esso identificabile come illogicità manifesta della motivazione, sia esso inquadrabile come carenza od omissione argomentativa; quest’ultima declinabile sia nella mancata presa in carico degli argomenti difensivi, sia nella carente analisi delle prove a sostegno delle componenti oggettive e soggettive del reato contestato.
Il perimetro della giurisdizione di legittimità è, infatti, limitato alla rilevazione delle illogicità manifeste e delle carenze motivazionali, ovvero di vizi specifici del percorso argomentativo, che non possono dilatare l’area di competenza della Cassazione alla rivalutazione dell’interno compendio indiziario. Le discrasie logiche e le carenze motivazionali eventualmente rilevate per essere rilevanti devono, inoltre, avere la capacità di essere decisive, ovvero essere idonee ad incidere il compendio indiziario, incrinandone la capacità dimostrativa.
4. Il terzo motivo è inammissibile.
Il ricorrente lamenta il mancato accoglimento di istanza di rinvio per legittimo impedimento e la violazione del diritto di difesa per essere stata la sentenza emessa in assenza dell’imputato e del difensore, senza nulla specificare in ordine al contenuto e fondamento della istanza e della correlata documentazione nonchè ai termini del diniego della stessa.
Esso, quindi, si caratterizza per assoluta genericità, integra la violazione dell’art. 581 c.p.p., lett. c), che nel dettare, in generale, quindi anche per il ricorso per cassazione, le regole cui bisogna attenersi nel proporre l’impugnazione, stabilisce che nel relativo atto scritto debbano essere enunciati, tra gli altri, “I motivi, con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta”; violazione che, ai sensi dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), determina, per l’appunto, l’inammissibilità dell’impugnazione stessa (cfr. Sez. 6, 30.10.2008, n. 47414, rv. 242129; Sez. 6, 21.12.2000, n. 8596, rv. 219087).
Inoltre, la deduzione contrasta con il contenuto della sentenza impugnata, nella quale si dà atto, invece, della presenza all’udienza di discussione del gravame del difensore dell’imputato che rassegnava le conclusioni chiedendo l’accoglimento dell’appello.
5. Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
6. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura ritenuta equa indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 21 giugno 2016.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2016.