Legge n. 81/2017 – Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato (modifiche anche al codice di procedura civile in vigore dal 14.06.2017)

Esteso anche ai lavoratori autonomi il diritto ad agire in via monitoria sulla base degli estratti autentici delle scritture contabili prescritte dalle leggi tributarie (modifica all’art 634 cod. proc. civ.).

* * *

Legge 22 maggio 2017, n. 181 (in G.U. n. 135 del 13.06.2017)

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Promulga

la seguente legge:

[omissis]

Art. 15
Modifiche al codice di procedura civile

1. Al codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 409, numero 3), dopo le parole: «anche se non a carattere subordinato» sono aggiunte le seguenti: «. La collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa»;

b) all’articolo 634, secondo comma, dopo le parole: «che esercitano un’attività commerciale» sono inserite le seguenti: «e da lavoratori autonomi».

[omissis]

Inapplicabile la disciplina del d.l. 83/2015 in punto di impignorabilità della quota del conto su cui è accreditata la pensione ai pignoramenti antecedenti il decreto legge. Trib. Bologna sent. 20.12.2016 n. 3116 dott.ssa Chierici

Il Tribunale di Bologna, nel solco della pronuncia della Consulta n. 85/2015, conferma che non può applicarsi la disciplina introdotta dal d.l. n. 83/2015, alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del predetto decreto legge, e che, conseguentemente, il credito per il saldo del conto corrente, nonostante sia stato alimentato da rimesse pensionistiche, non gode, per i detti pignoramenti antecedenti il d.l. n. 83/2015, dell’impignorabilità parziale relativa ai crediti da pensione.

Di seguito, il testo delle motivazioni.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di BOLOGNA

QUARTA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale di Bologna, in composizione monocratica, nella persona del Giudice Dott.ssa Rita CHIERICI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. R.G. 12432/2014, promossa da:

Tizia, rappresentata e difesa dal prof. avv. A.R.

ATTORE

contro

Caio, rappresentato e difeso dall’avv. S.P.

CONVENUTO

CONCLUSIONI

I Procuratori delle parti, all’udienza del 26.05.2016, hanno precisato le proprie conclusioni riportandosi ai rispettivi atti introduttivi.

Il Procuratore di parte attorea ha precisato come da atto di citazione, con le integrazioni indicate a verbale:

Voglia l’Ecc.mo Tribunale adito, contrariis rejectis:

1) accertare e dichiarare la illegittimità dell’ordinanza di sospensione della procedura esecutiva n. 54488/2013, con conseguente revoca del provvedimento medesimo, come già statuito nell’ordinanza collegiale del 15.7.14 del Tribunale di Bologna (N.R.G. 6669/14);

2) accertare e dichiarare la infondatezza in fatto e in diritto dell’opposizione agli atti esecutivi promossa da Caio e conseguentemente rigettare l’opposizione medesima con ogni conseguenza di legge;

3) in via subordinata, limitare l’impignorabilità non oltre 1/5 dell’ultima pensione, ritenendo pignorabili tutte le ulteriori somme esistenti sul conto corrente cointestato a Caio ;

4) in via ulteriormente subordinata, ritenere pignorabile per l’intero il cumulo del 1/5 sulle somme versate in conto corrente;

5) in ogni caso con vittoria di spese e competenze di lite.

Il Procuratore di parte convenuta ha precisato le conclusioni come da comparsa di risposta, dichiarando di non accettare il contraddittorio su eventuali domande nuove e insistendo per l’acquisizione del fascicolo del reclamo e del fascicolo del procedimento cautelare indicati in comparsa:

Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, disattesa ogni contraria istanza, azione ed eccezione, previa acquisizione dei fascicoli R.G.E. 5488/13 relativo all’opposizione all’esecuzione ex art. 615, c. 2°, c.p.c. e R.G. 6669/14 riguardante il reclamo ex artt. 624 e 669 terdecies c.p.c., rigettare integralmente le domande formulate da controparte nell’atto di citazione introduttivo del giudizio di merito in quanto infondate in fatto e in diritto per i motivi suesposti e per l’effetto:

A) accertare e dichiarare che gli accrediti sul conto corrente oggetto del pignoramento riguardano solo ed esclusivamente gli emolumenti pensionistici percepiti dal sig. Caio;

B) accertare e dichiarare la assoluta impignorabilità della parte di pensione necessaria ad assicurare al sig. Caio i mezzi adeguati alle esigenze di vita, corrispondente al trattamento minimo mensile;

C) dichiarare nullo e/o inefficace il pignoramento presso terzi relativo all’intera somma accreditata sul conto corrente intestato al sig. Caio come da dichiarazione di terzo, considerata la natura assistenziale delle somme sottoposte a pignoramento;

D) limitare il pignoramento nella misura di 1/5 da calcolarsi sulla parte residua della pensione una volta dedotta la quota parte di pensione corrispondente al trattamento minimo mensile.

Con vittoria di spese ed onorari di giudizio“.

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto di citazione ritualmente notificato Tizia esponeva di aver promosso procedura esecutiva N. 5488/2013 R.G.E. nei confronti del debitore  Caio, con atto di pignoramento mobiliare presso terzi del 19.11.2013, in forza di sentenza del Tribunale di Bologna n. 2862 del 9.10.2013 passata in giudicato; tale sentenza condannava Ciao al pagamento, in favore di Tizia, della somma di € 100.000,00, oltre interessi al tasso legale e spese processuali; con atto di precetto, la Tizia intimava al debitore di pagare la somma complessiva di € 120.141,47 e notificava atto di pignoramento nei confronti di diversi istituti di credito, ove il Caio disponeva di rapporti bancari; le dichiarazioni rese dagli istituti di credito ex art. 547 c.p.c. erano tutte negative, ad eccezione di quella predisposta dalla banca CARISBO in data 7.1.2014, che dava conto dell’esistenza presso la filiale di Bologna-sede di un conto corrente intestato a Caio e ad altra persona, avente un saldo di € 4.400,11.

Con ricorso in opposizione ex art. 615 co. 2 c.p.c., il Caio chiedeva accertare che gli accrediti presenti sul conto corrente oggetto del pignoramento riguardassero solo ed esclusivamente gli emolumenti pensionistici da lui percepiti, con conseguente impignorabilità assoluta delle somme destinate a garantire le esigenze di vita del debitore (corrispondenti al trattamento minimo mensile) o quantomeno nella misura di 1/5 da calcolarsi sulla parte della pensione residua, una volta dedotta la parte corrispondente al trattamento minimo mensile; nel ricorso Caio proponeva altresì istanza di sospensione del processo ex art. 624 c.p.c.

Il G.E. con decreto del 23.12.2013, poi confermato con ordinanza dell’11.04.2014, sospendeva la procedura esecutiva N. 5488/2013, sul presupposto che la pensione di Caio, accreditata sul conto corrente CARISBO, fosse rimasta identificabile e riconoscibile come tale, nella denominazione e nell’importo, e non avesse perduto le caratteristiche sue proprie.

Tizia proponeva reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. contro l’ordinanza del G.E.. Il reclamo veniva accolto parzialmente con ordinanza depositata il 15.07.2014, che revocava la disposta sospensione dell’esecuzione: la quota pignorabile del trattamento pensionistico confluito sul conto corrente del Caio veniva determinata nella misura di € 300,00.

Nell’atto di citazione che introduceva la presente causa di merito, Tizia, insistendo nelle proprie difese, come formulate nei procedimenti cautelari di opposizione e di reclamo, sosteneva che in relazione agli emolumenti pensionistici accreditati sul conto corrente del debitore non potessero operare i limiti di pignorabilità previsti dalle leggi speciali e dall’art. 545 c.p.c., in ragione sia della fungibilità del denaro, sia del venire meno del rapporto giuridico tra pensionato ed ente pagatore e del contestuale avvio di un nuovo rapporto, tra banca e correntista, non soggetto a limiti di pignorabilità; chiedeva, pertanto, rigettarsi l’opposizione e, in via subordinata, limitare l’impignorabilità non oltre a 1/5 dell’ultima pensione o, in via ulteriormente subordinata, di tutte le somme versate sul conto corrente.

Parte attrice eccepiva, altresì, l’incompetenza per valore di questo Tribunale, in favore del Giudice di Pace, ai sensi dell’art. 17 c.p.c., tenuto conto dell’importo del credito in contestazione, pari ad € 4.400,11.

Si costituiva parte convenuta depositando ritualmente comparsa di risposta, insistendo nelle deduzioni già svolte in ricorso e chiedendo dichiarare nullo il pignoramento presso terzi, per assoluta impignorabilità della parte di pensione necessaria ad assicurare al Caio mezzi di sussistenza adeguati alle sue esigenze di vita, e in subordine limitare il pignoramento nella misura di 1/5 sulla parte residua della pensione, una volta dedotta la parte corrispondente al trattamento minimo mensile.

Istruita la causa con la sola produzione documentale e con l’acquisizione in visione del fascicolo R.G.E. 5488/13 (relativo all’opposizione all’esecuzione ex art. 615 co. 2° c.p.c.) e del fascicolo R.G. 6669/14 (riguardante il reclamo ex artt. 624 e 669 terdecies c.p.c.) – da restituire alla Cancelleria all’atto del deposito della presente sentenza – all’udienza del 26.05.2016 venivano precisate le conclusioni, come in epigrafe trascritte, con concessione ai Procuratori delle parti dei termini per il deposito di scritti conclusionali ex art. 190 c.p.c.

Innanzitutto, l’eccezione di incompetenza sollevata da parte attrice appare infondata e deve essere rigettata.

Si rileva, in primo luogo, che l’eccezione, svolta nella parte espositiva dell’atto di citazione, non è stata ulteriormente coltivata da parte attrice nel corso del giudizio, né richiamata in sede di precisazione delle conclusioni. Inoltre, si ritiene che la X non sia legittimata a sollevare la relativa eccezione, dal momento che il ricorso in opposizione è stato correttamente proposto dal Caio davanti al giudice dell’esecuzione già designato, come previsto dall’art. 615 co. 2 c.p.c., mentre la causa di merito, introdotta con atto di citazione dalla Tizia, doveva essere proposta avanti al giudice ritenuto competente, ai sensi dell’art. 616 c.p.c., da individuarsi a cura dell’attore.

Si consideri, poi, che in base all’orientamento dominante della giurisprudenza il valore della causa di opposizione all’esecuzione si determina, ai sensi dell’art. 17 c.p.c., con riferimento all’intero ammontare del credito per cui si procede, e non in base alla somma contestata (Cass. civ. 13402/2000, 9755/1998, 14303/1999, 10591/1993); né può comportare una diversa soluzione l’applicazione dell’orientamento minoritario, secondo cui il “credito per cui si procede” ex art. 17 c.p.c. è costituito dall’importo indicato nel pignoramento e non nell’atto di precetto (Cass. civ. 19488/2013); infatti, nel caso di specie entrambi gli atti riportano l’ammontare complessivo del credito.

Nel merito, si ritiene che l’opposizione proposta da Caio avverso all’atto di pignoramento presso terzi sia infondata.

Non appare, allo stato, condivisibile l’orientamento seguito da una parte della giurisprudenza di merito e dallo stesso Tribunale di Bologna nell’ordinanza di reclamo depositata il 15.07.2014, che ha determinato la quota pignorabile delle somme intestate al debitore Caio e ha revocato la sospensione dell’esecuzione disposta dal G.E.: in particolare, il Collegio ha individuato in € 600,00 l’entità della quota mensile assolutamente impignorabile della pensione del Caio, in quanto destinata a garantirgli mezzi adeguati in relazione alle sue esigenze di vita, per poi applicare sull’importo residuo il limite di un quinto di cui all’art. 545 c.p.c. Nel caso di specie, in cui la pensione era già stata accreditata sul conto corrente, il Tribunale ha comunque fatto ricorso alle norme sui limiti di pignorabilità del trattamento pensionistico, richiamando quanto affermato dalla sentenza della Corte Cost. n. 506 del 2002, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 128 R.D. n. 1827/1935, nella parte in cui esclude la pignorabilità per ogni credito dell’intero ammontare di pensioni, assegni ed indennità erogati dall’INPS, anziché prevedere l’impignorabilità, con le eccezioni previste dalla legge per i crediti qualificati, della sola parte della pensione, assegno o indennità necessaria per assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita, nonché la pignorabilità nei limiti del quinto della residua parte.

Tuttavia, tale orientamento non può allo stato essere condiviso.

Innanzitutto, la Suprema Corte ha avuto già modo di esprimersi in senso ad esso contrario, in un caso che appare del tutto pertinente a quello in esame, in cui la procedura esecutiva era stata promossa dal creditore sulle somme di denaro derivanti dalle retribuzioni percepite dal debitore in dipendenza del rapporto di lavoro e depositate sul suo conto corrente; il debitore, a sua volta, ne eccepiva l’impignorabilità, quantomeno nei limiti di un quinto ai sensi dell’art. 545 c.p.c. (Cass. Sez. L. n. 17178 del 9.10.2012). Al riguardo, la Corte di Cassazione così ha affermato nella motivazione della sentenza: “Va, infatti, ritenuto che qualora le somme dovute per crediti di lavoro siano già affluite sul conto corrente o sul deposito bancario del debitore esecutato non si applicano le limitazioni al pignoramento previste dall’art. 545 cod. proc. civ.. E, d’altra parte, detta ultima norma quando prevede la possibilità di procedere al pignoramento dei crediti soltanto nel limite del “quinto” del loro ammontare si riferisce ai crediti di lavoro.

Orbene, per individuare la natura di un credito (ivi compreso quello avente ad oggetto somme di denaro) occorre accertare il titolo per il quale certe somme sono dovute ed i soggetti coinvolti nel rapporto obbligatorio. Ond’è che, laddove il creditore procedente notifichi un pignoramento presso il datore di lavoro del suo debitore, non v’è dubbio che le “somme” da questi dovute a titolo di retribuzione rappresentino un credito di lavoro. Viceversa, quando il creditore pignorante sottoponga a pignoramento (id est a sequestro) somme esistenti presso un istituto bancario ove il debitore intrattiene un rapporto di conto corrente e sul quale affluiscono anche le mensilità di stipendio, il credito del debitore che viene pignorato è il credito alla restituzione delle somme depositate che trova titolo nel rapporto di conto corrente. Sono, quindi, del tutto irrilevanti le ragioni per le quali quelle “somme” sono state versate su quel conto: il denaro è bene fungibile per eccellenza“.

La Corte ha così affermato il principio condivisibile secondo cui l’impignorabilità o i limiti di pignorabilità dello stipendio o della pensione non operano quando le somme ad essi relative vengono versate sul conto corrente bancario del debitore, sia in ragione della fungibilità del denaro, sia perché all’atto del versamento delle somme sul conto corrente cessa il rapporto giuridico tra lavoratore/pensionato (soggetto esecutato) e datore di lavoro/ente pagatore, con conseguente venir meno dei limiti di pignorabilità nascenti da tale tipo di rapporto; sorge invece un nuovo rapporto giuridico tra la banca e il correntista, che non è soggetto ai medesimi limiti.

Il principio è stato ribadito di recente anche dalla Corte Costituzionale, nella sentenza n. 85 del 15.04.2015, che ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 12, comma 2, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 e 3, comma 5, lettera b), del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, Cost., in quanto consentirebbero al terzo creditore di aggredire senza limiti i redditi da lavoro o da pensione che alimentano il saldo del conto corrente intestato al debitore.

Nell’occasione la Consulta ha avuto modo di affermare che l’esclusione della pignorabilità dei crediti da pensione o comunque l’applicazione dei limiti ordinari di cui all’art. 545 c.p.c. non è possibile con riguardo all’ipotesi in cui dette somme siano già transitate dal soggetto erogatore al conto corrente dell’avente diritto, in quanto ormai definitivamente acquisite dal dipendente e confluite nel suo patrimonio, sia che esse si trovino nel suo diretto possesso, sia che esse risultino depositate a suo nome presso banche ed assoggettate, quindi, alla disciplina dell’art. 1834 cod. civ. Dunque, i limiti della pignorabilità concernono i crediti per causa di pensioni o redditi assimilati, ma non le somme che ne sono oggetto, una volta erogate dal soggetto obbligato, in quanto con il versamento in conto si verifica l’estinzione (pro rata) del rapporto obbligatorio corrente tra il pensionato ed il terzo debitore del trattamento economico. In particolare, “Il denaro versato in conto, seguendo l’ordinario regime dei beni fungibili, secondo le regole del deposito irregolare (art. 1782 cod. civ.), diviene di proprietà dell’istituto di credito (artt. 1834 e 1852 e seguenti cod. civ.), con contestuale nascita di un diverso rapporto obbligatorio tra l’istituto di credito ed il depositario o correntista, che si compendia nel diritto a richiedere in ogni momento il saldo attivo risultante dal conto e per il quale non sono previsti limiti di pignorabilità dipendenti dalle cause che diedero origine agli accrediti. Da tale disciplina deriva quindi la pignorabilità indistinta delle somme giacenti sul conto corrente, secondo il principio generale dell’art. 2740 cod. civ. In definitiva, il pignoramento del conto corrente concerne il credito del correntista verso la banca per quanto risulta dal saldo delle rimesse effettuate sul conto stesso“.

Dunque, “il credito per il saldo del conto corrente, nonostante sia stato alimentato da rimesse pensionistiche, non gode, allo stato della legislazione, dell’impignorabilità parziale relativa ai crediti da pensione“.

La Corte reputa tuttavia che “la tutela dell’interesse costituzionalmente protetto dall’art. 38 Cost. non può ritenersi suscettibile di compressione, in modo assoluto o comunque sproporzionato, per effetto della penalizzante combinazione delle regole giuridiche inerenti alla struttura del contratto di conto corrente bancario e della responsabilità patrimoniale“, ma osserva che “in tale contesto l’individuazione e le modalità di salvaguardia della parte di pensione necessaria ad assicurare al beneficiario mezzi adeguati alle sue esigenze di vita è riservata alla discrezionalità del legislatore, il quale (…) non può sottrarsi al compito di razionalizzare il vigente quadro normativo in coerenza con i precetti dell’art. 38, secondo comma, Cost.“; evidenzia, in particolare, che “il principio di tutela del pensionato di cui all’art. 38, secondo comma, Cost. soffre, in relazione al quadro normativo illustrato, gravi limitazioni suscettibili di comprimerlo oltre i limiti consentiti dall’ordinamento costituzionale“, tanto che “Il vulnus riscontrato e la necessità che l’ordinamento si doti di un rimedio effettivo per assicurare condizioni di vita minime al pensionato, se non inficiano – per le ragioni già esposte – la ritenuta inammissibilità delle questioni e se non pregiudicano la «priorità di valutazione da parte del legislatore sulla congruità dei mezzi per raggiungere un fine costituzionalmente necessario» (sentenza n. 23 del 2013), impongono tuttavia di sottolineare la necessità che lo stesso legislatore dia tempestiva soluzione al problema individuato nella presente pronuncia“.

In linea con la posizione della Corte, il legislatore è intervenuto ad introdurre uno strumento di tutela a salvaguardia della parte di stipendio o di pensione necessaria ad assicurare al beneficiario mezzi adeguati alle sue esigenze di vita, anche nel caso di accredito degli emolumenti su conto bancario o postale intestato al debitore (art. 545 co. 8 c.p.c., introdotto con D.L. 27.06.2015, n. 83, convertito, con modificazioni, nella L. 6.08.2015, n. 132). Trattasi, tuttavia, di disposizione che non trova applicazione nel caso di specie, essendo entrata in vigore successivamente all’esecuzione del pignoramento oggetto dell’opposizione.

In presenza di un vuoto normativo di tutela, riconosciuto e stigmatizzato dalla Corte Costituzionale, non è consentita l’applicazione analogica dei limiti di pignorabilità della pensione che operano, a tutela delle esigenze di vita dell’avente diritto, in relazione all’ipotesi comune in cui gli emolumenti non siano stati ancora erogati e versati sul conto corrente del pensionato.

Pertanto, tenuto conto delle domande proposte dalle parti, s’impone il rigetto dell’opposizione, tenuto conto della validità ed efficacia dell’atto di pignoramento già eseguito. Deve, poi, essere confermata la revoca dell’ordinanza di sospensione della procedura esecutiva N. 5488/2013, pronunciata dal G.E. in data 11.04.2014, revoca già disposta con l’ordinanza di reclamo del Tribunale di Bologna depositata il 15.07.2014.

Non rileva, poi, la circostanza che il conto corrente CARISBO sia cointestato al Caio e alla moglie, in quanto, come ha riconosciuto lo stesso convenuto nella comparsa di costituzione, egli ha offerto la prova documentale che le somme ivi depositate sono nella sua esclusiva titolarità.

Nonostante il rigetto dell’opposizione e l’accoglimento delle domande attoree, le spese di lite debbono essere compensate tra le parti, ai sensi dell’art. 92 co. 2 c.p.c. in ragione del mutamento della giurisprudenza intervenuto sulle questioni trattate, oggetto della controversia, tenuto conto dell’avvenuto definitivo superamento (per effetto delle condivisibili sentenze della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale, sopra richiamate) dell’orientamento della giurisprudenza di merito (favorevole all’applicazione analogica dei limiti di pignorabilità della pensione ai casi di accredito degli emolumenti sul conto corrente del debitore), seguito dal Tribunale di Bologna nell’ordinanza pronunciata in sede di reclamo nella presente causa.

P.Q.M.

Il Tribunale di Bologna, ogni altra domanda, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:

– accoglie l’opposizione e per l’effetto dichiara la validità dell’atto di pignoramento eseguito da Tizia , in relazione al credito di € 4.400,11 spettante a Caio nei confronti di CARISBO, in forza di dichiarazione resa da tale istituto di credito ex art. 547 c.p.c. in data 7.1.2014;

– conferma la revoca dell’ordinanza di sospensione della procedura esecutiva N. 5488/2013, pronunciata dal G.E. in data 11.04.2014, già disposta dal Tribunale di Bologna nell’ordinanza di reclamo depositata il 15.07.2014;

– compensa tra le parti le spese di lite.

Bologna, 10 dicembre 2016

IL GIUDICE

Dott.ssa Rita CHIERICI

Inapplicabile la disciplina del d.l. 83/2015 in punto di impignorabilità della quota delle pensioni ai pignoramenti antecedenti il decreto legge. Trib. Reggio Emilia sent. 19.05.2016 n. 744 dott.ssa Di Paolo

Il Tribunale di Reggio Emilia si pronuncia su due aspetti, non particolarmente infrequenti in materia di opposizioni all’esecuzione, sancendo che:

  1. non può applicarsi la disciplina introdotta dal d.l. n. 83/2015, il quale esclude la pignorabilità delle pensioni per un ammontare corrispondente alla “misura massima mensile dell’assegno sociale aumentato della metà“, alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del predetto decreto legge, a norma dell’art. 23 comma 6 d.l. cit., trovando conseguentemente applicazione la normativa contenuta nell’art. 128 del r.d. 1827/1935 e nell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
  2. quando manchi una ripartizione esplicita delle spese liquidate in sentenza tra più soccombenti, il criterio residuale fissato dall’art. 97 comma 2 cod. proc. civ. impone la ripartizione delle spese per quote eguali tra i vari soccombenti e trova applicazione pure in presenza di un’obbligazione solidale, introducendo la norma, di fatto, una presunzione di parziarietà dell’obbligo, riguardante le spese processuali (in assenza di decisione sul punto).

Di seguito, il testo delle motivazioni.

* * *

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI REGGIO EMILIA

in persona del Giudice unico, dott.ssa Simona Di Paolo

ha pronunciato dandone lettura all’udienza del 19/5/2016 ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I grado, iscritta al n° 7389/2015 RG del Tribunale di Reggio Emilia, trattenuta in decisione, a seguito di discussione orale, all’udienza del 19/05/2016, promossa da

Tizio, rappresentato e difeso dagli avv.ti Carlo Canti e Raffaella Sueri ed elettivamente domiciliato presso il loro studio sito in Carpi, via Ugo da Carpi n. 30, giusta procura in calce al ricorso per opposizione all’esecuzione,

OPPONENTE

nei confronti di

Caio e Sempronio,

OPPOSTI CONTUMACI

avente ad oggetto: opposizione all’esecuzione

Conclusioni per come da verbale di udienza del 19.5.2016.

FATTO E DIRITTO

Con atto di citazione regolarmente notificato Tizio ha instaurato il giudizio di merito ex art. 616 c.p.c. per sentir dichiarare l’illegittimità del pignoramento eccedente il quinto del rateo pensionistico corrisposto allo stesso attore, nonché per sentir dichiarare l’illegittimità del pignoramento fatto eseguire da Caio e Sempronio anche per la quota debitoria di competenza di altro condebitore. Il tutto con vittoria delle spese di lite e condanna ex art. 96 c.p.c.

Le ragioni fatte valere dall’odierno attore nel presente giudizio afferiscono a due motivi di doglianza: da un lato l’illegittimità del pignoramento mobiliare r.g.e. 62/2015 relativo ad 1/5 dell’intero rateo pensionistico mensile, anziché ad 1/5 della parte di rateo che supera il minimo pensionistico e, dall’altro lato, la considerazione per cui il titolo esecutivo da cui è originato il procedimento esecutivo – costituito dalla sentenza 1437/2014, prevedeva la condanna di Tizio e Mevia alla refusione delle spese di lite, sicchè sarebbe illegittimo procedere in executivis nei confronti del solo attore per ottenere il pagamento dell’intero a fronte della condanna non solidale di due soggetti.

I convenuti, regolarmente citati, non si sono costituiti e ne deve, pertanto, essere dichiarata la contumacia.

L’opposizione è fondata e va, pertanto accolta.

Quanto alla doglianza relativa all’entità della somma pignorata nell’ambito della procedura n.r.g.e. 62/2015, infatti, Tizio sostiene che l’ordinanza con la quale viene pignorato la somma di 1/5 dell’intera pensione, anziché la somma di 1/5 della parte eccedente la misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà, sia contrastante con la previsione normativa contenuta nell’art. 128 del r.d.l. n. 1827/1935 e degli artt. 1 e 2, primo comma, del d.p.r. 180/1950.

Premesso che, quanto all’entità e alla determinazione della somma pignorata presso l’INPS a titolo di pensione dell’odierno opponente, va evidenziato che alla procedura in questione non può ritenersi applicabile la nuova disciplina introdotta dal d.l. 83/2015 che esclude la pignorabilità delle pensioni per un ammontare corrispondente alla “misura massima mensile dell’assegno sociale aumentato della metà”, posto che, a norma dell’art. 23, comma 6 del citato decreto legge, tali disposizioni si applicano esclusivamente alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legge, ne deriva che la normativa applicabile al caso in questione è contemplata nell’art. 128 del r.d. 1827/1935 e nell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87.

Tali disposizioni hanno costituito oggetto della pronuncia n. 506 del 2002 con la quale la Corte Costituzionale ne ha dichiarato l’illegittimità nella parte in cui le stesse norme non consentono la pignorabilità, nei limiti del quinto, dei crediti pensionistici nella parte eccedente quanto necessario per le esigenze di vita del pensionato.

La norma, quale risulta dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale di cui alla pronuncia della Corte Costituzionale, di tipo additivo, vincola l’interprete: tale pronuncia fissa il principio di diritto per il quale, ai sensi del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, art.128 e del D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, art. 1 e art. 2, comma 1, è assolutamente impignorabile, con le eccezioni previste dalla legge per i crediti qualificati, la parte della pensione, assegno o indennità necessaria per assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita ed è pignorabile nei soli limiti del quinto la residua parte.

In altre parole, il pignoramento è legittimo laddove abbia ad oggetto la quinta parte del trattamento pensionistico eccedente la misura necessaria ad assicurare al pensionato mezzi adeguati a vivere.

Nella dichiarazione di terzo, nel caso in questione, l’INPS aveva dichiarato che Tizio era titolare della somma di € 820,00 a titolo di pensione, pertanto il quinto pignorabile avrebbe dovuto essere calcolato solo sull’importo della pensione (€ 820,81) al netto nella somma determinata quale “minimo vitale”, ordinando all’INPS di procedere alla trattenuta e al versamento in favore della creditrice esclusivamente della somma mensile di € 63,52 (la quinta parte di € 317,61 risultante dalla differenza fra il netto della pensione € 820,00 e il “minimo vitale”, individuabile in € 502,39 quale minimo pensionistico del 2015).

Per quanto attiene, invece, al secondo motivo di doglianza, afferente il pignoramento per intero gravante sul Tizio della somma di € 5.000,00 a titolo delle spese legali sostenute dai terzi chiamati nella causa r.g. 2946/2010 da cui è originata la sentenza n. 1437/2014 portata in esecuzione nel giudizio r.g.e. 62/2015, Tizio contesta che gli odierni convenuti/opposti possano chiedere il pagamento dell’intero a lui solo, senza che la sentenza, azionata quale titolo esecutivo, sancisse la solidarietà passiva dei soccombenti per le spese di lite.

Ebbene, a tal fine, deve osservarsi che la sentenza n. 1437/2014 del Tribunale di Reggio Emilia, posta alla base della procedura esecutiva da cui origina l’odierna opposizione, in ordine al governo delle spese di lite, così dispone: “condanna Tizio e Mevia al pagamento delle spese legali sostenute dai terzi chiamati che si liquidano complessivamente per ambedue, stante la comunanza di difese, in € 5.000,00 per compensi, oltre rimborso forfettario 15%, iva cpa come per legge…”.

Nel caso in questione, pertanto, si sollecita l’esame dell’ammontare esatto delle somme azionabili in fase esecutiva, sulla scorta di una corretta applicazione delle regole di cui all’art. 97 c.p.c., senza che ciò comporti un controllo intrinseco sul titolo o ponga questioni relative alla formazione del provvedimento o a ragioni di ingiustizia della decisione, la cui cognizione sarebbe preclusa al giudice dell’esecuzione (Cass. 17 febbraio 2011, n. 3850; Cass. 27 gennaio 2012, n. 1183; Cass. 24 luglio 2012, n. 12911; Cass. 17 febbraio 2014, n. 3619).

Orbene, nell’ipotesi di processo con pluralità di soccombenti, la regola generale, cristallizzata all’art. 97 c.p.c. è rappresentata dalla ripartizione delle spese in misura proporzionale all’interesse nella causa di ciascuno dei soccombenti. L’interesse nella causa è da intendersi come interesse, da apprezzarsi da un punto di vista prevalentemente quantitativo, al risultato giuridico che i vincitori in giudizio conseguono con l’accoglimento della domanda ed i soccombenti con il rigetto della stessa (in altre parole, i vantaggi – economici e morali – conseguenti ad un accertamento giudiziale, positivo o negativo).

In deroga alla predetta regola generale, l’ultimo periodo dell’art. 97, co. 1, c.p.c. riserva alla valutazione discrezionale del giudice la possibilità di una condanna solidale alle spese processuali.

Se però manca una ripartizione esplicita delle spese tra i soccombenti, il criterio residuale fissato dall’art. 97, co. 2, impone la ripartizione delle spese per quote eguali tra i vari soccombenti, da applicarsi pure in presenza di un’obbligazione solidale. La norma, di fatto, introduce una presunzione di parziarietà dell’obbligo riguardante le spese processuali in mancanza di decisione sul punto.

Per cui, stando all’esatto tenore letterale della sentenza n. 1437/2014 del Tribunale di Reggio Emilia, non si rinviene una pronuncia di condanna solidale alle spese di lite laddove, invece, la condanna solidale alle spese di lite presuppone un’espressa delibazione da parte del giudice, che è del tutto discrezionale (art. 97, co. 1. ultimo periodo: “…Può anche pronunciare condanna solidale di tutte o di alcune di esse”). In assenza di una pronuncia puntuale in tal senso, si applica la disposizione di cui all’art. 97, co. 2, c.p.c.

Tanto chiarito, risulta dalla azionata sentenza 1437/2014 una responsabilità in punto a spese di lite da ripartirsi in parti uguali sui soccombenti Tizio (odierno attore opponente) e Mevia.

Le domande attoree devono, pertanto, trovare accoglimento.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

Trova, altresì, applicazione la disposizione di cui all’art. 96 comma 2 c.p.c.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così provvede:

1) Ordina al terzo pignorato INPS di trattenere mensilmente la sola somma di € 63,52, pari al quinto di rateo pensionistico mensile di Tizio che supera il “minimo vitale”, corrispondendo a Tizio la parte dei ratei precedentemente trattenuti in esubero;

2) dichiara l’illegittimità del pignoramento fatto eseguire da Caio e Sempronio a carico di Tizio per la parte eccedente la somma di € 2.500,00 (oltre oneri pro quota come per legge) di cui al punto 6) della sentenza n. 1437/2014;

3) per l’effetto, ordina che il pignoramento promosso in danno di Tizio in ragione della sentenza n. 1437/2014 venga ridotto della somma di € 2.500,00 oltre oneri come per legge da calcolarsi sulla quota di competenza di Tizio;

4) condanna Caio e Sempronio al pagamento, in solido tra loro e in favore di Tizio , delle spese di lite del presente giudizio che si liquidano nella somma di € 2.400 oltre IVA, CPA e spese generali come per legge;

5) condanna Ciao e Sempronio al risarcimento dei danni ex art. 96 cpc quantificati in € 62,75 (corrispondente all’importo degli interessi legali sulle somme trattenute in esubero dal terzo INPS, pari ad € 1.313,11).

Reggio Emilia, 19/5/2016.

Il Giudice

dott.ssa Simona Di Paolo

Notifica a mezzo PEC applicabile ed utilizzabile dal 15.05.2014

Ad oggi, consta che la Corte di Cassazione si sia pronunciata almeno tre volte, individuando il termine iniziale di “applicabilità e utilizzabilità” della notifica a mezzo P.E.C. ex l. n. 53/1994 nel 15.05.2014. Di seguito, i passaggi delle pronunce, che hanno affrontato l’argomento.


Cass. Civ., Sez. VI, Ord. 09.07.2015, n. 14368

p.2. Il Collegio in via preliminare ritiene necessario domandarsi se l’istanza di regolamento di competenza sia stata notificata ritualmente dalla parte ricorrente alla parte intimata.

p.2.1. Detta notificazione, infatti, è stata fatta ai sensi della L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3 bis, comma 2, direttamente dal difensore del ricorrente, Avvocato Camillo Federico tramite posta elettronica certificata.

Il testo della relata di notificazione da conto dell’autorizzazione rilasciata al detto legale dal Consiglio dell’ordine di Santa Maria Capua Vetere a procedere alle notifiche ai sensi di detta legge e in esso si dichiara di notificare “ad ogni effetto di legge copia informatica di cui” il predetto Avvocato attesta “la conformità all’originale cartaceo ai sensi del D.L. 7 marzo 2005, n. 82, art. 22, nonchè procura alle liti a me rilasciata dal sig. I. V. apposta originariamente su ricorso per decreto ingiuntivo n. 1028/2012 rilasciato dal Tribunale di Terni il 18/10/2012, in conformità d quanto previsto dal D.M. n. 44 del 2011, art. 18, n. 5, così come modificato dal D.M. n. 48 del 2013”.

Gli atti notificati sono stati, peraltro, due, indirizzati, come risulta dai due atti depositati, a ciascuno dei difensori della Costruzione Tombesi s.r.l. presso l’indirizzo di p.e.c..

Le notificazioni risultano perfezionate nei confronti della destinataria ai sensi dell’art. 3 bis, comma 3, citato, tanto risultando dalle ricevute di avvenuta consegna telematica, corredate della prescritta indicazione specifica del contenuto della trasmissione, identificato nel ricorso per regolamento e nella relata di notificazione.

Si rileva, poi, che le notificazioni sono state eseguite il 14 maggio 2014, cioè quando era già stato emanato il Provvedimento del 16 aprile 2014 del responsabile per i sistemi informativi automatizzati della direzione generale per i sistemi informativi automatizzati, recante le “Specifiche tecniche previste dall’articolo 34, comma 1 del decreto del Ministro della giustizia in data 21 febbraio 2011 n. 44, recante regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione, nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal  D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi del D.Lgs. 29 dicembre 2009, n. 193, art. 4, commi 1 e 2, convertito nella L. 22 febbraio 2010, n. 24”.

p.2.2. Tuttavia, il detto provvedimento – di natura regolamentare secondaria in quanto emesso ai sensi del D.M. Giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, art. 34, (a sua volta costituente il Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi del  D.L. 29 dicembre 2009, n. 193, art. 4, commi 1 e 2, convertito nella  L. 22 febbraio 2010, n. 24, regolamento attuativo del D.Lgs. n. 82 del 2005, e successive modifiche) – è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30 aprile 2014, ma è entrato in vigore il 15 maggio 2014, giusta il disposto del suo art. 31.

Ne consegue che le notificazioni di cui si discorre, in quanto avvenute il 14 maggio del 2014, non sono state effettuate sotto il suo vigore.

Se lo fossero state, sarebbero state pienamente conformi alle specifiche tecniche indicate dall’art. 19 bis, del detto provvedimento del 16 aprile 2014.

Norma che espressamente risulta attuativa del citato D.M. Giustizia n. 44 del 2011, art. 18, il quale, sotto la rubrica “Notificazioni per via telematica eseguite dagli avvocati”, così disponeva:

“L’avvocato che procede alla notificazione con modalità telematica ai sensi della  L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3 bis, allega al messaggio di posta elettronica certificata documenti informatici o copie informatiche, anche per immagine, di documenti analogici privi di elementi attivi e redatti nei formati consentiti dalle specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’art. 34.

2. Quando il difensore procede alla notificazione delle comparse o delle memorie, ai sensi  dell’art. 170 c.p.c., comma 4, la notificazione è effettuata mediante invio della memoria o della comparsa alle parti costituite ai sensi del comma 1.

3. La parte rimasta contumace ha diritto a prendere visione degli atti del procedimento tramite accesso al portale dei servizi telematici e, nei casi previsti, anche tramite il punto di accesso.

4. L’avvocato che estrae copia informatica per immagine dell’atto formato su supporto analogico, compie l’asseverazione prevista dall’art. 22, comma 2, del codice dell’amministrazione digitale, inserendo la dichiarazione di conformità all’originale nella relazione di notificazione, a norma della L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3 bis, comma 5.

5. La procura alle liti si considera apposta in calce all’atto cui si riferisce quando è rilasciata su documento informatico separato allegato al messaggio di posta elettronica certificata mediante il quale l’atto è notificato. La disposizione di cui al periodo precedente si applica anche quando la procura alle liti è rilasciata su foglio separato del quale è estratta copia informatica, anche per immagine. 6. La ricevuta di avvenuta consegna prevista dalla  L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3 bis, comma 3, è quella completa, di cui al D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, art. 6, comma 4″.

p.2.3. Come emerge dal comma 1 nella norma si rinviava, però, alle specifiche tecniche di cui all’art. 34.

Tale norma, a sua volta, affidava la loro determinazione al responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, sentito DigitPA. E, nel terzo comma, prevedeva che fino all’emanazione delle specifiche tecniche di cui al comma 1, continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, le disposizioni anteriormente vigenti.

Ora, le specifiche tecniche vennero effettivamente emanate con un provvedimento di analoga fonte rispetto a quello del 2014, cioè emesso dal mentovato responsabile per i sistemi informativi automatizzati della direzione generale per i sistemi informativi automatizzati e tale provvedimento venne pubblicato sulla G.U. del 29 luglio 2011, ma in esso, a proposito delle notificazioni in via telematica da farsi dagli avvocati ai sensi del D.M. n. 44 del 2011, art. 18, nulla si previde.

Vennero, invece, dettate norme tecniche oltre che per le notificazioni da eseguirsi dagli uffici (come per le comunicazioni), per quelle di soggetti esterni agli uffici, ma con previsione di doversi avvalere dell’UNEP: si veda l’art. 19, che si dichiara attuativo dell’art. 17 del regolamento n. 44 del 2011.

p.2.4. D’altro canto, va ricordato che la  L. n. 53 del 1994, all’epoca di emanazione del D.M. n. 44 del 2011 e, quindi, delle norme tecniche di cui al provvedimento del luglio 2011, disciplinava i poteri dell’avvocato di utilizzazione della p.e.c. con l’art. 3, comma 3 bis, siccome sostituito dalla L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 25, comma 3, il quale prevedeva la possibilità di notificazione a mezzo p.e.c. da parte dell’avvocato se il destinatario risultasse indicato negli appositi pubblici elenchi, ma lo obbligava a procedere avvalendosi dell’opera dell’ufficiale giudiziario ai sensi dell’art. 149 bis c.p.c.. Non diversamente dallo stesso art. 149 bis, la previsione del detto comma 3 bis, era – come si era sottolineato in dottrina – di più che dubbia operatività, atteso che il quarto comma della prima alludeva ad un decreto ministeriale di cui mancava l’emanazione.

p.2.5. Sopravvenuta invece l’introduzione del nuovo e già riferito  L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, (e soppresso correlativamente il poco prima ricordato art. 3, comma 3 bis), la concreta possibilità dell’effettivo decollo della nuova disciplina o almeno di un decollo applicativo formalmente legittimo, venne a dipendere sempre da quella che il comma primo dell’art. 3-bis chiama normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. E ciò, si badi, anche per l’ipotesi regolata dal comma 2, atteso che pure nel suo caso rileva la sottoscrizione, trasmissione e ricezione, cui allude il comma 1, dato che la norma si occupa del modo di estrazione del documento informatico da un documento cartaceo. Il comma 2, infatti, disciplina solo il modo in cui l’atto da notificarsi che non sia di per sè un documento informatico può divenire copia informatica in funzione della successiva notificazione.

Poichè, una volta intervenuto l’art. 3 bis, la normativa regolamentare continuò ad essere quella del provvedimento del luglio del 2011 di cui s’è detto, era palese che, non riferendosi essa in alcun modo all’ipotesi della notificazione eseguita dall’avvocato, la situazione era, dunque, di mancanza di normativa regolamentare disciplinatrice.

Tale situazione implicava che, fino a quando non fosse avvenuta l’emanazione della normativa regolamentare, l’art. 3 bis, risultava in realtà una norma inapplicabile per la mancanza della normativa regolamentare, in quanto il D.M. n. 44 del 2011, art.  18, pur nel testo risultante dalla sostituzione operata dal D.M. Giustizia 3 aprile 2013, n. 48, art. 1, comma 1, continuava a rinviare alle norme tecniche di cui all’art. 34 che ancora non c’erano.

In effetti, il momento della concreta applicabilità dell’art. 3 bis, deve, in conseguenza, farsi risalire soltanto alla sopravvenienza del  provvedimento del 16 aprile 2014 entrato in vigore il 15 maggio successivo.

E’ da quel momento che l’art. 3 bis, può ritenersi sia stato legittimamente applicabile. S’è già detto, d’altro canto, che prima non vi erano norme regolamentari di attuazione relative alle notificazioni eseguite dagli avvocati.

p.2.6. Poichè la notificazione dell’istanza di regolamento di competenza è avvenuta, come s’è detto, prima della entrata in vigore del  provvedimento del 16 aprile 2014, si deve, dunque, reputare che si è trattato di una notificazione non legittimata dall’art. 3-bis e, quindi, non corrispondente al modello legale di cui a detta norma. Non è possibile ipotizzare che in mancanza delle norme regolamentari tecniche che si dovevano emanare ai sensi del  D.M. n. 44 del 2011, art. 18, il potere dell’avvocato di notificare validamente sussistesse comunque, perchè questo avrebbe significato applicare la norma sopprimendo il chiaro valore della prescrizione circa l’osservanza delle norme regolamentari non ancora emanate, la quale sottintendeva proprio la volontà del legislatore di subordinarne l’efficacia alla loro emanazione.

Peraltro, nella situazione di mancanza di applicabilità della disciplina della L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, fino al 15 maggio 2014, data in cui entrarono in vigore le norme tecniche cui allude il  D.M. n. 44 del 2011, art. 18, nel testo vigente, una notificazione eseguita come quella in esame, pur non avendo avuto il legale che l’ha eseguita il potere di effettuarla legittimamente, mancando tale potere solo per l’assenza di una normativa regolamentare e tra l’altro tecnica, non può considerarsi affetta da un tale scostamento dal modello legale da essere affetta da inesistenza, ma va considerata solo nulla e ciò anche perchè l’avvocato abilitato ai sensi della L. n. 53 del 1994, era comunque soggetto legittimato al compimento di attività notificatoria secondo detta legge e, dunque, provvisto di una funzione in tal senso.

Sussisterebbero, dunque, non essendosi costituito l’intimato (cosa che avrebbe determinato sanatoria della nullità) le condizioni per ordinare il rinnovo della notificazione dell’istanza di regolamento, previo rilievo della nullità della notificazione o meglio delle due notificazioni eseguite alla stregua del seguente principio di diritto: “La concreta applicabilità ed utilizzabilità della norma della L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, (introdotta dal D.L. n. 169 del 2012, art. 16 quater, convertito, con modificazioni, nella L. n. 221 del 2012, ed introdotto nel detto D.L. dalla L. n. 228 del 201, art. 1, comma 19) si è verificata soltanto a far tempo dal 15 maggio 2014, data di efficacia delle norme regolamentari cui allude il comma 1 della norma (norme introdotte con il provvedimento 16 aprile 2014 del responsabile per i sistemi informativi automatizzati della direzione generale per i sistemi informativi automatizzati, recante le Specifiche tecniche previste dal D.M. giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, art. 34, comma 1, recante regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione, nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi del D.L. 29 dicembre 2009, n. 193, art.  4, commi 1 e 2, convertito nella L. 22 febbraio 2010, n. 24).

Una notificazione eseguita dall’avvocato ai sensi dell’art. 3 bis, anteriormente alla data del 15 maggio 2014 si doveva, dunque, reputare nulla e tale da giustificare, in mancanza di costituzione del convenuto, un ordine di rinnovo della notificazione”.

p.2. Il Collegio in via preliminare ritiene necessario domandarsi se l’istanza di regolamento di competenza sia stata notificata ritualmente dalla parte ricorrente alla parte intimata.

p.2.1. Detta notificazione, infatti, è stata fatta ai sensi della L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3 bis, comma 2, direttamente dal difensore del ricorrente, Avvocato Camillo Federico tramite posta elettronica certificata.

Il testo della relata di notificazione da conto dell’autorizzazione rilasciata al detto legale dal Consiglio dell’ordine di Santa Maria Capua Vetere a procedere alle notifiche ai sensi di detta legge e in esso si dichiara di notificare “ad ogni effetto di legge copia informatica di cui” il predetto Avvocato attesta “la conformità all’originale cartaceo ai sensi del D.L. 7 marzo 2005, n. 82, art. 22, nonchè procura alle liti a me rilasciata dal sig. I. V. apposta originariamente su ricorso per decreto ingiuntivo n. 1028/2012 rilasciato dal Tribunale di Terni il 18/10/2012, in conformità d quanto previsto dal D.M. n. 44 del 2011, art. 18, n. 5, così come modificato dal D.M. n. 48 del 2013”.

Gli atti notificati sono stati, peraltro, due, indirizzati, come risulta dai due atti depositati, a ciascuno dei difensori della Costruzione Tombesi s.r.l. presso l’indirizzo di p.e.c..

Le notificazioni risultano perfezionate nei confronti della destinataria ai sensi dell’art. 3 bis, comma 3, citato, tanto risultando dalle ricevute di avvenuta consegna telematica, corredate della prescritta indicazione specifica del contenuto della trasmissione, identificato nel ricorso per regolamento e nella relata di notificazione.

Si rileva, poi, che le notificazioni sono state eseguite il 14 maggio 2014, cioè quando era già stato emanato il Provvedimento del 16 aprile 2014 del responsabile per i sistemi informativi automatizzati della direzione generale per i sistemi informativi automatizzati, recante le “Specifiche tecniche previste dall’articolo 34, comma 1 del decreto del Ministro della giustizia in data 21 febbraio 2011 n. 44, recante regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione, nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal  D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi del D.Lgs. 29 dicembre 2009, n. 193, art. 4, commi 1 e 2, convertito nella L. 22 febbraio 2010, n. 24”.

p.2.2. Tuttavia, il detto provvedimento – di natura regolamentare secondaria in quanto emesso ai sensi del D.M. Giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, art. 34, (a sua volta costituente il Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi del  D.L. 29 dicembre 2009, n. 193, art. 4, commi 1 e 2, convertito nella  L. 22 febbraio 2010, n. 24, regolamento attuativo del D.Lgs. n. 82 del 2005, e successive modifiche) – è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30 aprile 2014, ma è entrato in vigore il 15 maggio 2014, giusta il disposto del suo art. 31.

Ne consegue che le notificazioni di cui si discorre, in quanto avvenute il 14 maggio del 2014, non sono state effettuate sotto il suo vigore.

Se lo fossero state, sarebbero state pienamente conformi alle specifiche tecniche indicate dall’art. 19 bis, del detto provvedimento del 16 aprile 2014.

Norma che espressamente risulta attuativa del citato D.M. Giustizia n. 44 del 2011, art. 18, il quale, sotto la rubrica “Notificazioni per via telematica eseguite dagli avvocati”, così disponeva:

“L’avvocato che procede alla notificazione con modalità telematica ai sensi della  L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3 bis, allega al messaggio di posta elettronica certificata documenti informatici o copie informatiche, anche per immagine, di documenti analogici privi di elementi attivi e redatti nei formati consentiti dalle specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’art. 34.

2. Quando il difensore procede alla notificazione delle comparse o delle memorie, ai sensi  dell’art. 170 c.p.c., comma 4, la notificazione è effettuata mediante invio della memoria o della comparsa alle parti costituite ai sensi del comma 1.

3. La parte rimasta contumace ha diritto a prendere visione degli atti del procedimento tramite accesso al portale dei servizi telematici e, nei casi previsti, anche tramite il punto di accesso.

4. L’avvocato che estrae copia informatica per immagine dell’atto formato su supporto analogico, compie l’asseverazione prevista dall’art. 22, comma 2, del codice dell’amministrazione digitale, inserendo la dichiarazione di conformità all’originale nella relazione di notificazione, a norma della L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3 bis, comma 5.

5. La procura alle liti si considera apposta in calce all’atto cui si riferisce quando è rilasciata su documento informatico separato allegato al messaggio di posta elettronica certificata mediante il quale l’atto è notificato. La disposizione di cui al periodo precedente si applica anche quando la procura alle liti è rilasciata su foglio separato del quale è estratta copia informatica, anche per immagine. 6. La ricevuta di avvenuta consegna prevista dalla  L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3 bis, comma 3, è quella completa, di cui al D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, art. 6, comma 4″.

p.2.3. Come emerge dal comma 1 nella norma si rinviava, però, alle specifiche tecniche di cui all’art. 34.

Tale norma, a sua volta, affidava la loro determinazione al responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, sentito DigitPA. E, nel terzo comma, prevedeva che fino all’emanazione delle specifiche tecniche di cui al comma 1, continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, le disposizioni anteriormente vigenti.

Ora, le specifiche tecniche vennero effettivamente emanate con un provvedimento di analoga fonte rispetto a quello del 2014, cioè emesso dal mentovato responsabile per i sistemi informativi automatizzati della direzione generale per i sistemi informativi automatizzati e tale provvedimento venne pubblicato sulla G.U. del 29 luglio 2011, ma in esso, a proposito delle notificazioni in via telematica da farsi dagli avvocati ai sensi del D.M. n. 44 del 2011, art. 18, nulla si previde.

Vennero, invece, dettate norme tecniche oltre che per le notificazioni da eseguirsi dagli uffici (come per le comunicazioni), per quelle di soggetti esterni agli uffici, ma con previsione di doversi avvalere dell’UNEP: si veda l’art. 19, che si dichiara attuativo dell’art. 17 del regolamento n. 44 del 2011.

p.2.4. D’altro canto, va ricordato che la  L. n. 53 del 1994, all’epoca di emanazione del D.M. n. 44 del 2011 e, quindi, delle norme tecniche di cui al provvedimento del luglio 2011, disciplinava i poteri dell’avvocato di utilizzazione della p.e.c. con l’art. 3, comma 3 bis, siccome sostituito dalla L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 25, comma 3, il quale prevedeva la possibilità di notificazione a mezzo p.e.c. da parte dell’avvocato se il destinatario risultasse indicato negli appositi pubblici elenchi, ma lo obbligava a procedere avvalendosi dell’opera dell’ufficiale giudiziario ai sensi dell’art. 149 bis c.p.c.. Non diversamente dallo stesso art. 149 bis, la previsione del detto comma 3 bis, era – come si era sottolineato in dottrina – di più che dubbia operatività, atteso che il quarto comma della prima alludeva ad un decreto ministeriale di cui mancava l’emanazione.

p.2.5. Sopravvenuta invece l’introduzione del nuovo e già riferito  L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, (e soppresso correlativamente il poco prima ricordato art. 3, comma 3 bis), la concreta possibilità dell’effettivo decollo della nuova disciplina o almeno di un decollo applicativo formalmente legittimo, venne a dipendere sempre da quella che il comma primo dell’art. 3-bis chiama normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. E ciò, si badi, anche per l’ipotesi regolata dal comma 2, atteso che pure nel suo caso rileva la sottoscrizione, trasmissione e ricezione, cui allude il comma 1, dato che la norma si occupa del modo di estrazione del documento informatico da un documento cartaceo. Il comma 2, infatti, disciplina solo il modo in cui l’atto da notificarsi che non sia di per sè un documento informatico può divenire copia informatica in funzione della successiva notificazione.

Poichè, una volta intervenuto l’art. 3 bis, la normativa regolamentare continuò ad essere quella del provvedimento del luglio del 2011 di cui s’è detto, era palese che, non riferendosi essa in alcun modo all’ipotesi della notificazione eseguita dall’avvocato, la situazione era, dunque, di mancanza di normativa regolamentare disciplinatrice.

Tale situazione implicava che, fino a quando non fosse avvenuta l’emanazione della normativa regolamentare, l’art. 3 bis, risultava in realtà una norma inapplicabile per la mancanza della normativa regolamentare, in quanto il D.M. n. 44 del 2011, art.  18, pur nel testo risultante dalla sostituzione operata dal D.M. Giustizia 3 aprile 2013, n. 48, art. 1, comma 1, continuava a rinviare alle norme tecniche di cui all’art. 34 che ancora non c’erano.

In effetti, il momento della concreta applicabilità dell’art. 3 bis, deve, in conseguenza, farsi risalire soltanto alla sopravvenienza del  provvedimento del 16 aprile 2014 entrato in vigore il 15 maggio successivo.

E’ da quel momento che l’art. 3 bis, può ritenersi sia stato legittimamente applicabile. S’è già detto, d’altro canto, che prima non vi erano norme regolamentari di attuazione relative alle notificazioni eseguite dagli avvocati.

p.2.6. Poichè la notificazione dell’istanza di regolamento di competenza è avvenuta, come s’è detto, prima della entrata in vigore del  provvedimento del 16 aprile 2014, si deve, dunque, reputare che si è trattato di una notificazione non legittimata dall’art. 3-bis e, quindi, non corrispondente al modello legale di cui a detta norma. Non è possibile ipotizzare che in mancanza delle norme regolamentari tecniche che si dovevano emanare ai sensi del  D.M. n. 44 del 2011, art. 18, il potere dell’avvocato di notificare validamente sussistesse comunque, perchè questo avrebbe significato applicare la norma sopprimendo il chiaro valore della prescrizione circa l’osservanza delle norme regolamentari non ancora emanate, la quale sottintendeva proprio la volontà del legislatore di subordinarne l’efficacia alla loro emanazione.

Peraltro, nella situazione di mancanza di applicabilità della disciplina della L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, fino al 15 maggio 2014, data in cui entrarono in vigore le norme tecniche cui allude il  D.M. n. 44 del 2011, art. 18, nel testo vigente, una notificazione eseguita come quella in esame, pur non avendo avuto il legale che l’ha eseguita il potere di effettuarla legittimamente, mancando tale potere solo per l’assenza di una normativa regolamentare e tra l’altro tecnica, non può considerarsi affetta da un tale scostamento dal modello legale da essere affetta da inesistenza, ma va considerata solo nulla e ciò anche perchè l’avvocato abilitato ai sensi della L. n. 53 del 1994, era comunque soggetto legittimato al compimento di attività notificatoria secondo detta legge e, dunque, provvisto di una funzione in tal senso.

Sussisterebbero, dunque, non essendosi costituito l’intimato (cosa che avrebbe determinato sanatoria della nullità) le condizioni per ordinare il rinnovo della notificazione dell’istanza di regolamento, previo rilievo della nullità della notificazione o meglio delle due notificazioni eseguite alla stregua del seguente principio di diritto: “La concreta applicabilità ed utilizzabilità della norma della L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, (introdotta dal D.L. n. 169 del 2012, art. 16 quater, convertito, con modificazioni, nella L. n. 221 del 2012, ed introdotto nel detto D.L. dalla L. n. 228 del 201, art. 1, comma 19) si è verificata soltanto a far tempo dal 15 maggio 2014, data di efficacia delle norme regolamentari cui allude il comma 1 della norma (norme introdotte con il provvedimento 16 aprile 2014 del responsabile per i sistemi informativi automatizzati della direzione generale per i sistemi informativi automatizzati, recante le Specifiche tecniche previste dal D.M. giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, art. 34, comma 1, recante regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione, nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi del D.L. 29 dicembre 2009, n. 193, art.  4, commi 1 e 2, convertito nella L. 22 febbraio 2010, n. 24).

Una notificazione eseguita dall’avvocato ai sensi dell’art. 3 bis, anteriormente alla data del 15 maggio 2014 si doveva, dunque, reputare nulla e tale da giustificare, in mancanza di costituzione del convenuto, un ordine di rinnovo della notificazione”.


Cass. Civ., Sez. V, Sent. 29.01.2016, n. 1682

Preliminarmente, l’Avvocatura Generale dello Stato, per la ricorrente Agenzia delle Entrate, ha effettuato, L. n. 53 del 1994, ex artt. 3 bis e 4, il rinnovo della notifica del ricorso per cassazione all’intimato M. presso il domiciliatario in appello del medesimo, Avv.to Umberto Celentano, ivi inviando, in data 19/05/2015, tramite posta elettronica certificata, all’indirizzo risultante dal pubblico elenco c.d. Reginde, l’originale informatico sottoscritto in forma digitale; sono state quindi allegate agli atti la ricevuta di accettazione e quella di avvenuta consegna, previste dal D.P.R. n. 68 del 2005, art. 6, commi 1 e 2. La suddetta notifica del ricorso per cassazione, tramite P.E.C., (L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, comma 1: “La notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi”), effettuata nel maggio 2015 – allorchè erano state emanate, da ultimo, le norme regolamentari attuative del D.M. n. 44 del 2011, contenenti le specifiche tecniche per le notificazioni per via telematica da farsi dagli avvocati (cfr. Cass. 14368/2015) – risulta pertanto essersi perfezionata (cfr. Cass. 20072/2015).


Cass. Civ., Sez. VI, Ord. 07.10.2016, n. 20307

Va preliminarmente ritenuta rituale la suddetta notifica del controricorso, tramite P.E.C., (L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, comma 1: “La notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi.”), effettuata il 28‐10‐2014 allorchè erano state emanate, da ultimo, le norme regolamentari attuative del D.M. n. 44 del 2011, contenenti le specifiche tecniche per le notificazioni per via telematica da farsi dagli avvocati; in particolare, era stato emanato il provvedimento del 16‐4‐2014 della Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati, pubblicato sulla G.U. del 30‐4‐2014 ed entrato in vigore il 15‐5‐2014 (cfr. Cass. 14368/2015; Cass. 20072/2015; Cass. 1682/2016).