Inesistente la notifica della cartella esattoriale eseguita da poste private

Qualora l’invio della raccomandata previsto dalla procedura per la notificazione ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ., sia affidato a Nexive, esso non è idoneo al perfezionamento del procedimento notificatorio: l’operatore postale privato è un soggetto non abilitato privo della qualifica di pubblico ufficiale la cui attività inficia il perfezionamento del procedimento notificatorio con conseguente inesistenza della notifica e sua insanabilità anche qualora, con l’impugnazione, il destinatario dimostri, come nel caso in questione, di aver avuto conoscenza dell’atto.

Questo il principio enunciato dalla Commissione Tributaria di Pisa, con la sentenza n. 478 del 08.11.2016 (depositata 06.12.2016); di seguito le motivazioni integrali, di cui qui è possibile scaricare una copia.

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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI PISA SEZIONE 3

riunita con l’intervento dei signori

IANNELLI ENZO Presidente

BRUNI CRISTIANA Relatore

GLENDI GRAZIELLA Giudice

ha emesso la seguente

SENTENZA

– sul ricorso n. 282/2016 depositato il 09/05/2016
– avverso CARTELLA DI PAGAMENTO n° 08720150010960185 IRPEF-ALTRO 2011

contro:

AG. RISCOSSIONE PISA EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE S.P.A.

FATTO E DIRITTO

Il signor XY ricorre contro Equitalia avverso il ruolo n.2015/0550043 relativo a lrpef, addizionali comunali e regionali, IVA, oltre sanzioni e interessi, per un totale di € 3.977,52; il ruolo n. 2015/0250273 e la cartella di pagamento n. 087 /015/0004041591 relativi al periodo 2008, sempre in materia di lrpef, addizionali comunali e regionali, Iva, oltre sanzioni e interessi per C 3.426,89; il ruolo n. 9014/0250315 e la cartella n. 087 2014/0012581844 relativi al 2011 in materia di Irap, oltre interessi e sanzioni per un totale di € 604,70; il ruolo n. 2015/0250571 e la cartella n. 087 2015/0015715321 relativi al periodo di imposta 2012, in materia di lrpef, addizionali comunali e regionali, Iva, oltre interessi e sanzioni per un totale di C€ 4.070,64. Eccepisce di non aver ricevuto la notifica degli atti impugnati e di accedere alla tutela giurisdizionale avverso tutti gli atti che siano stati invalidamente notificati, anche dopo aver avuto la conoscenza di un asserito debito a mezzo dell’estratto di ruolo, posta la natura recettizia degli atti amministrativi, compresi quelli tributari. Richiama sul punto la recente sentenza della Corte di Cassazione n. 19704 del 2015, ribadendo che i termini di impugnazione di un atto non possono che decorrere dalla (valida) notificazione dell’atto medesimo; pertanto, il destinatario dell’atto ha l’interesse e il diritto di provare la verifica della validità della notifica dell’atto del quale non sia venuto a conoscenza a causa del difetto di notifica. Eccepisce quindi la inesistenza/invalidità della notifica e la conseguente insanabile nullità degli atti impugnati, in quanto le cartelle non sono mai state notificate. Né, a suo dire, si può sanare il vizio di notifica, considerato che la legge n. 15/2015, come interpretata dalla richiamata pronuncia della Cassazione, ha introdotto il criterio c.d. della qualità degli effetti, secondo cui sono recettizi provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei privati. Ne consegue che la notifica è necessaria per il perfezionamento degli atti tributari che, per la loro natura di atti di indubbia incidenza sul patrimonio del destinatario, sono naturaliter recettizi. In tali atti le misure di partecipazione sono elementi costitutivi della loro stessa efficacia giuridica e l’effetto giuridico non decorre dalla data di adozione del provvedimento, bensì da quella dell’avvenuta comunicazione dello stesso. Tale natura recettizia rende inapplicabile l’istituto della piena conoscenza ai fini del decorso del termine di impugnazione. E quindi tutte le pretese risultanti dagli estratti di ruolo non potranno che essere disattese, vista l’inesistenza/invalidità assoluta delle notifiche delle cartelle di pagamento; l’indubbia recettizietà degli atti tributari e la valorizzazione del principio della qualità degli effetti impone di non poter più considerare sanabili tutti gli atti tributari invalidamente notificati, posto che la notifica diviene elemento essenziale dell’atto stesso. Il ricorrente eccepisce inoltre la decadenza dall’attività di riscossione e la prescrizione delle somme richieste. L’art. 25 del DPR n. 600/73 prevede che la notifica avvenga entro il terzo anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione dei redditi. Gli anni di cui si tratta sono il 2008 e il 2011: la notifica indicata nell’estratto di ruolo è quella del 21 luglio 2015, ben oltre il quinquennio prescrizionale che sarebbe spirato nel 2013. Equitalia si costituisce e controdeduce sostenendo: quanto alla notifica delle cartelle di pagamento, che due delle stesse stesse risultano correttamente notificate il 10.03.2016 e il 21.07.2015 ai sensi dell’art. 139 c.p.c. a mezzo della madre dell’odierno ricorrente e successivo invio di raccomandata semplice. Le altre sono state notificate ai sensi dell’art. 140 c.p.c. mediante deposito nella casa comunale, affissione dell’avviso e invio della raccomandata informativa con avviso di ricevimento. Richiama giurisprudenza favorevole della Corte di Cassazione in ordine alla reperibilità cd relativa. In particolare la sentenza n. 258/2012 ha chiarito che i casi di reperibilità relativa non sono più disciplinati dall’art. 26 del DPR n. 602/73, ma dall’art. 140 c.p.c. il quale prevede che, se non è possibile eseguire la consegna per irreperibilità o per incapacità o per rifiuto delle persone indicate nell’articolo precedente, l’ufficiale giudiziario deposita copia nella casa del Comune dove la notificazione deve eseguirsi, affigge avviso di deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario e gliene da notizia per raccomandata con avviso di ricevimento”. La notificazione si perfeziona così trascorsi dieci giorni dall’invio di detta raccomandata, ove il destinatario non si presenti entro i dieci giorni successivi. Quanto, invece, all’invocata prescrizione e decadenza, eccepisce il difetto di legittimazione passiva dell’agente della riscossione e la legittimazione dell’Agenzia delle Entrate in quanto la causa petendi attiene a questioni sostanziali involgenti il modo di essere del rapporto di imposta ed il contraddittorio deve essere instaurato nei confronti dell’ente creditore. Con successiva memoria illustrativa il ricorrente insiste sulle proprie pretese. Il ricorso è fondato e può trovare accoglimento. L’agente della riscossione ha effettuato la procedure di notifica ex art. 140 c.p.c. a mezzo di soggetto terzo (Nexive) giuridicamente non legittimato. Il legislatore ha inteso affidare il servizio universale postale alle sole Poste Italiane, come confermato di recente dal Garante per le comunicazioni, e tale esclusività vale fino al 2026 (v. art. 4 del Decreto Legislativo n. 261/99). La Suprema Corte di Cassazione ha ribadito tale esclusività anche di recente con Cass. n. 2922/2015 secondo cui, per dirsi effettivamente attuata la procedura di cui all’art.140 c.p.c., è necessario che l’invio della raccomandata informativa venga effettuata utilizzando il servizio postale nazionale fornito dall’Ente Poste su tutto il territorio nazionale, con la conseguenza che, qualora tale adempimento sia affidato a un’agenzia priva di recapito, esso non è conforme alla formalità prescritta dall’art. 140 c.p.c. e, pertanto, non è idoneo al perfezionamento del procedimento notificatorio. Deve quindi essere rilevata l’inesistenza della notifica effettuata dal concessionario della riscossione a mezzo agenzia privata di recapiti. L’operatore postale privato è un soggetto non abilitato privo della qualifica di pubblico ufficiale la cui attività inficia il perfezionamento del procedimento notificatorio con conseguente inesistenza della notifica e sua insanabilità anche qualora, con l’impugnazione, il destinatario dimostri, come nel caso in questione, di aver avuto conoscenza dell’atto (in tal senso anche Comm. Trib. Prov. Pisa, sez. 2, sentenza n. 317/2/2016 e sez. 3, sent. n. 337/2016). Nessuna sanatoria pertanto può dirsi realizzata a fronte di notifica inesistente. La richiamata giurisprudenza della Suprema Corte ha ormai definitivamente cristallizzato il principio della qualità degli effetti della notifica degli atti tributari secondo cui sono recettizi provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei destinatari. In tali atti le misure partecipative e di conoscenza sono elementi costitutivi dell’efficacia giuridica. Conseguentemente l’effetto giuridico non decorre dalla data della loro adozione, bensì da quella dell’avvenuta regolare e valida notifica degli stessi. Se il contribuente contesta di non aver mai ricevuto la cartella esattoriale, al concessionario della riscossione non è sufficiente, per provare l’avvenuta regolare notifica, produrre in giudizio l’estratto di ruolo (in tal senso: Comm. Trib. Napoli, sent. n. 3150/2016, conforme a quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 18252/2013). Il concessionario non può limitarsi ad esibire in giudizio l’estratto del ruolo, ma deve produrre copia integrale della cartella, non essendo sufficiente nemmeno la produzione in giudizio della ricevuta di ritorno della raccomandata. La sentenza n. 19704 del 02.10.2015 della Suprema Corte a sezioni unite, ribadisce alcuni principi essenziali: gli atti tributari sono atti recettizi in ragione della indubbia incidenza sul patrimonio del destinatario. Ne consegue che le misure di partecipazione degli stessi sono elementi costitutivi della loro efficacia giuridica, il cui effetto non decorre pertanto dalla loro adozione, bensì dalla corretta notifica al destinatario. E tuttavia non è sufficiente la piena conoscenza del loro contenuto da parte del destinatario, né la costituzione in giudizio per sanare il vizio di notifica, bensì è necessario anche che gli atti siano comunicati nei modi previsti dalla legge. La costituzione in giudizio nei termini non sana il vizio di notifica, ma consente al destinatario degli atti impugnati di difendersi dinanzi al giudice tributario. La notificazione deve inoltre essere effettuata da messo notificatore e la raccomandata di avviso deve essere leggibile e correttamente comunicata. La mancanza dell’invio non costituisce pertanto mera irregolarità, ma vizio insanabile della notifica. Non è infine sufficiente la produzione in giudizio della relata di notifica né, tantomeno, dell’estratto di ruolo, per i motivi già illustrati e ribaditi dalla giurisprudenza ormai costante sul punto della Suprema Corte. In altri termini, non è possibile separare l’atto di cui si tratta dalla sua corretta notificazione e considerarli separatamente poiché, ove non venga fornita la prova di tale collegamento, non è possibile accertare se la copia dell’atto era o meno conforme all’originale (così CTR Siracusa n. 7433/2016 e CTP Salerno, n. 2544/2016 e CTP di Napoli, n. 10938/2016). Gli altri motivi del ricorso vengono integralmente assorbiti dall’accoglimento di quelli illustrati. La decisione sulle spese di lite segue la soccombenza.

PQM

La Commissione accoglie il ricorso. Condanna Equitalia a rifondere le spese di lite che si liquidano in € 1.000,00.

Pisa, 8 novembre 2016.

Il Relatore

dott.ssa Cristina Bruni

Il Presidente

Dr. Enzo Iannelli

Interruzione dei servizi informatici del settore civile per l’installazione di modifiche correttive. Comunicazione del 31.01.2017

Il Ministero della Giustizia comunica che, per consentire l’aggiornamento di talune funzionalità dei sistemi, a partire dalle h. 17.00 del 3 febbraio 2017, saranno nuovamente resi indisponibili tutti i servizi informatici del settore civile ed, in particolare:

  • la consultazione e l’implementazione dei registri di cancelleria;
  • l’aggiornamento (anche da fuori ufficio) della consolle del magistrato;
  • il deposito telematico di atti e provvedimenti da parte dei magistrati;
  • tutte le funzionalità del portale dei servizi telematici;
  • tutte le funzioni di consultazione da parte dei soggetti abilitati esterni;
  • i pagamenti telematici.

Rimarranno attivi i servizi di posta elettronica certificata e sarà, quindi, possibile il deposito telematico da parte degli avvocati, dei professionisti e degli altri soggetti abilitati: i messaggi relativi agli esiti dei controlli automatici potrebbero, tuttavia, pervenire solo al riavvio definitivo di tutti i sistemi, previsto dalle h. 24.00 del 4 febbraio 2017 e sino, al massimo, alle h. 8.00 del 6 febbraio 2017.

Al seguente link, il comunicato ufficiale del Ministero della Giustizia:

https://pst.giustizia.it/PST/it/pst_3_1.wp?previousPage=pst_3&contentId=NEW3641

Contestualmente all’attività di aggiornamento predetta, saranno modificati gli xsd sicid_v1\Introduttivi e sicid_v2\Introduttivi per aggiungere il tipo di dato al campo “consegna-beni”; è stata impostata una restrizione sullo schema per non permettere di inserire all’interno del tag “consegna-beni” valori diversi dal tipo “Valuta” (valore numerico). Sono stati rilasciati anticipatamente i nuovi schemi XSD aggiornati con tali modifiche. Il sistema di Model Office per l’esecuzione dei test è già aggiornato per la verifica degli strumenti messi a disposizione dei professionisti.

Questa interruzione dei servizi informatici fa seguito a quella del 20.01.2017.

Inapplicabile la disciplina del d.l. 83/2015 in punto di impignorabilità della quota del conto su cui è accreditata la pensione ai pignoramenti antecedenti il decreto legge. Trib. Bologna sent. 20.12.2016 n. 3116 dott.ssa Chierici

Il Tribunale di Bologna, nel solco della pronuncia della Consulta n. 85/2015, conferma che non può applicarsi la disciplina introdotta dal d.l. n. 83/2015, alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del predetto decreto legge, e che, conseguentemente, il credito per il saldo del conto corrente, nonostante sia stato alimentato da rimesse pensionistiche, non gode, per i detti pignoramenti antecedenti il d.l. n. 83/2015, dell’impignorabilità parziale relativa ai crediti da pensione.

Di seguito, il testo delle motivazioni.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di BOLOGNA

QUARTA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale di Bologna, in composizione monocratica, nella persona del Giudice Dott.ssa Rita CHIERICI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. R.G. 12432/2014, promossa da:

Tizia, rappresentata e difesa dal prof. avv. A.R.

ATTORE

contro

Caio, rappresentato e difeso dall’avv. S.P.

CONVENUTO

CONCLUSIONI

I Procuratori delle parti, all’udienza del 26.05.2016, hanno precisato le proprie conclusioni riportandosi ai rispettivi atti introduttivi.

Il Procuratore di parte attorea ha precisato come da atto di citazione, con le integrazioni indicate a verbale:

Voglia l’Ecc.mo Tribunale adito, contrariis rejectis:

1) accertare e dichiarare la illegittimità dell’ordinanza di sospensione della procedura esecutiva n. 54488/2013, con conseguente revoca del provvedimento medesimo, come già statuito nell’ordinanza collegiale del 15.7.14 del Tribunale di Bologna (N.R.G. 6669/14);

2) accertare e dichiarare la infondatezza in fatto e in diritto dell’opposizione agli atti esecutivi promossa da Caio e conseguentemente rigettare l’opposizione medesima con ogni conseguenza di legge;

3) in via subordinata, limitare l’impignorabilità non oltre 1/5 dell’ultima pensione, ritenendo pignorabili tutte le ulteriori somme esistenti sul conto corrente cointestato a Caio ;

4) in via ulteriormente subordinata, ritenere pignorabile per l’intero il cumulo del 1/5 sulle somme versate in conto corrente;

5) in ogni caso con vittoria di spese e competenze di lite.

Il Procuratore di parte convenuta ha precisato le conclusioni come da comparsa di risposta, dichiarando di non accettare il contraddittorio su eventuali domande nuove e insistendo per l’acquisizione del fascicolo del reclamo e del fascicolo del procedimento cautelare indicati in comparsa:

Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, disattesa ogni contraria istanza, azione ed eccezione, previa acquisizione dei fascicoli R.G.E. 5488/13 relativo all’opposizione all’esecuzione ex art. 615, c. 2°, c.p.c. e R.G. 6669/14 riguardante il reclamo ex artt. 624 e 669 terdecies c.p.c., rigettare integralmente le domande formulate da controparte nell’atto di citazione introduttivo del giudizio di merito in quanto infondate in fatto e in diritto per i motivi suesposti e per l’effetto:

A) accertare e dichiarare che gli accrediti sul conto corrente oggetto del pignoramento riguardano solo ed esclusivamente gli emolumenti pensionistici percepiti dal sig. Caio;

B) accertare e dichiarare la assoluta impignorabilità della parte di pensione necessaria ad assicurare al sig. Caio i mezzi adeguati alle esigenze di vita, corrispondente al trattamento minimo mensile;

C) dichiarare nullo e/o inefficace il pignoramento presso terzi relativo all’intera somma accreditata sul conto corrente intestato al sig. Caio come da dichiarazione di terzo, considerata la natura assistenziale delle somme sottoposte a pignoramento;

D) limitare il pignoramento nella misura di 1/5 da calcolarsi sulla parte residua della pensione una volta dedotta la quota parte di pensione corrispondente al trattamento minimo mensile.

Con vittoria di spese ed onorari di giudizio“.

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto di citazione ritualmente notificato Tizia esponeva di aver promosso procedura esecutiva N. 5488/2013 R.G.E. nei confronti del debitore  Caio, con atto di pignoramento mobiliare presso terzi del 19.11.2013, in forza di sentenza del Tribunale di Bologna n. 2862 del 9.10.2013 passata in giudicato; tale sentenza condannava Ciao al pagamento, in favore di Tizia, della somma di € 100.000,00, oltre interessi al tasso legale e spese processuali; con atto di precetto, la Tizia intimava al debitore di pagare la somma complessiva di € 120.141,47 e notificava atto di pignoramento nei confronti di diversi istituti di credito, ove il Caio disponeva di rapporti bancari; le dichiarazioni rese dagli istituti di credito ex art. 547 c.p.c. erano tutte negative, ad eccezione di quella predisposta dalla banca CARISBO in data 7.1.2014, che dava conto dell’esistenza presso la filiale di Bologna-sede di un conto corrente intestato a Caio e ad altra persona, avente un saldo di € 4.400,11.

Con ricorso in opposizione ex art. 615 co. 2 c.p.c., il Caio chiedeva accertare che gli accrediti presenti sul conto corrente oggetto del pignoramento riguardassero solo ed esclusivamente gli emolumenti pensionistici da lui percepiti, con conseguente impignorabilità assoluta delle somme destinate a garantire le esigenze di vita del debitore (corrispondenti al trattamento minimo mensile) o quantomeno nella misura di 1/5 da calcolarsi sulla parte della pensione residua, una volta dedotta la parte corrispondente al trattamento minimo mensile; nel ricorso Caio proponeva altresì istanza di sospensione del processo ex art. 624 c.p.c.

Il G.E. con decreto del 23.12.2013, poi confermato con ordinanza dell’11.04.2014, sospendeva la procedura esecutiva N. 5488/2013, sul presupposto che la pensione di Caio, accreditata sul conto corrente CARISBO, fosse rimasta identificabile e riconoscibile come tale, nella denominazione e nell’importo, e non avesse perduto le caratteristiche sue proprie.

Tizia proponeva reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. contro l’ordinanza del G.E.. Il reclamo veniva accolto parzialmente con ordinanza depositata il 15.07.2014, che revocava la disposta sospensione dell’esecuzione: la quota pignorabile del trattamento pensionistico confluito sul conto corrente del Caio veniva determinata nella misura di € 300,00.

Nell’atto di citazione che introduceva la presente causa di merito, Tizia, insistendo nelle proprie difese, come formulate nei procedimenti cautelari di opposizione e di reclamo, sosteneva che in relazione agli emolumenti pensionistici accreditati sul conto corrente del debitore non potessero operare i limiti di pignorabilità previsti dalle leggi speciali e dall’art. 545 c.p.c., in ragione sia della fungibilità del denaro, sia del venire meno del rapporto giuridico tra pensionato ed ente pagatore e del contestuale avvio di un nuovo rapporto, tra banca e correntista, non soggetto a limiti di pignorabilità; chiedeva, pertanto, rigettarsi l’opposizione e, in via subordinata, limitare l’impignorabilità non oltre a 1/5 dell’ultima pensione o, in via ulteriormente subordinata, di tutte le somme versate sul conto corrente.

Parte attrice eccepiva, altresì, l’incompetenza per valore di questo Tribunale, in favore del Giudice di Pace, ai sensi dell’art. 17 c.p.c., tenuto conto dell’importo del credito in contestazione, pari ad € 4.400,11.

Si costituiva parte convenuta depositando ritualmente comparsa di risposta, insistendo nelle deduzioni già svolte in ricorso e chiedendo dichiarare nullo il pignoramento presso terzi, per assoluta impignorabilità della parte di pensione necessaria ad assicurare al Caio mezzi di sussistenza adeguati alle sue esigenze di vita, e in subordine limitare il pignoramento nella misura di 1/5 sulla parte residua della pensione, una volta dedotta la parte corrispondente al trattamento minimo mensile.

Istruita la causa con la sola produzione documentale e con l’acquisizione in visione del fascicolo R.G.E. 5488/13 (relativo all’opposizione all’esecuzione ex art. 615 co. 2° c.p.c.) e del fascicolo R.G. 6669/14 (riguardante il reclamo ex artt. 624 e 669 terdecies c.p.c.) – da restituire alla Cancelleria all’atto del deposito della presente sentenza – all’udienza del 26.05.2016 venivano precisate le conclusioni, come in epigrafe trascritte, con concessione ai Procuratori delle parti dei termini per il deposito di scritti conclusionali ex art. 190 c.p.c.

Innanzitutto, l’eccezione di incompetenza sollevata da parte attrice appare infondata e deve essere rigettata.

Si rileva, in primo luogo, che l’eccezione, svolta nella parte espositiva dell’atto di citazione, non è stata ulteriormente coltivata da parte attrice nel corso del giudizio, né richiamata in sede di precisazione delle conclusioni. Inoltre, si ritiene che la X non sia legittimata a sollevare la relativa eccezione, dal momento che il ricorso in opposizione è stato correttamente proposto dal Caio davanti al giudice dell’esecuzione già designato, come previsto dall’art. 615 co. 2 c.p.c., mentre la causa di merito, introdotta con atto di citazione dalla Tizia, doveva essere proposta avanti al giudice ritenuto competente, ai sensi dell’art. 616 c.p.c., da individuarsi a cura dell’attore.

Si consideri, poi, che in base all’orientamento dominante della giurisprudenza il valore della causa di opposizione all’esecuzione si determina, ai sensi dell’art. 17 c.p.c., con riferimento all’intero ammontare del credito per cui si procede, e non in base alla somma contestata (Cass. civ. 13402/2000, 9755/1998, 14303/1999, 10591/1993); né può comportare una diversa soluzione l’applicazione dell’orientamento minoritario, secondo cui il “credito per cui si procede” ex art. 17 c.p.c. è costituito dall’importo indicato nel pignoramento e non nell’atto di precetto (Cass. civ. 19488/2013); infatti, nel caso di specie entrambi gli atti riportano l’ammontare complessivo del credito.

Nel merito, si ritiene che l’opposizione proposta da Caio avverso all’atto di pignoramento presso terzi sia infondata.

Non appare, allo stato, condivisibile l’orientamento seguito da una parte della giurisprudenza di merito e dallo stesso Tribunale di Bologna nell’ordinanza di reclamo depositata il 15.07.2014, che ha determinato la quota pignorabile delle somme intestate al debitore Caio e ha revocato la sospensione dell’esecuzione disposta dal G.E.: in particolare, il Collegio ha individuato in € 600,00 l’entità della quota mensile assolutamente impignorabile della pensione del Caio, in quanto destinata a garantirgli mezzi adeguati in relazione alle sue esigenze di vita, per poi applicare sull’importo residuo il limite di un quinto di cui all’art. 545 c.p.c. Nel caso di specie, in cui la pensione era già stata accreditata sul conto corrente, il Tribunale ha comunque fatto ricorso alle norme sui limiti di pignorabilità del trattamento pensionistico, richiamando quanto affermato dalla sentenza della Corte Cost. n. 506 del 2002, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 128 R.D. n. 1827/1935, nella parte in cui esclude la pignorabilità per ogni credito dell’intero ammontare di pensioni, assegni ed indennità erogati dall’INPS, anziché prevedere l’impignorabilità, con le eccezioni previste dalla legge per i crediti qualificati, della sola parte della pensione, assegno o indennità necessaria per assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita, nonché la pignorabilità nei limiti del quinto della residua parte.

Tuttavia, tale orientamento non può allo stato essere condiviso.

Innanzitutto, la Suprema Corte ha avuto già modo di esprimersi in senso ad esso contrario, in un caso che appare del tutto pertinente a quello in esame, in cui la procedura esecutiva era stata promossa dal creditore sulle somme di denaro derivanti dalle retribuzioni percepite dal debitore in dipendenza del rapporto di lavoro e depositate sul suo conto corrente; il debitore, a sua volta, ne eccepiva l’impignorabilità, quantomeno nei limiti di un quinto ai sensi dell’art. 545 c.p.c. (Cass. Sez. L. n. 17178 del 9.10.2012). Al riguardo, la Corte di Cassazione così ha affermato nella motivazione della sentenza: “Va, infatti, ritenuto che qualora le somme dovute per crediti di lavoro siano già affluite sul conto corrente o sul deposito bancario del debitore esecutato non si applicano le limitazioni al pignoramento previste dall’art. 545 cod. proc. civ.. E, d’altra parte, detta ultima norma quando prevede la possibilità di procedere al pignoramento dei crediti soltanto nel limite del “quinto” del loro ammontare si riferisce ai crediti di lavoro.

Orbene, per individuare la natura di un credito (ivi compreso quello avente ad oggetto somme di denaro) occorre accertare il titolo per il quale certe somme sono dovute ed i soggetti coinvolti nel rapporto obbligatorio. Ond’è che, laddove il creditore procedente notifichi un pignoramento presso il datore di lavoro del suo debitore, non v’è dubbio che le “somme” da questi dovute a titolo di retribuzione rappresentino un credito di lavoro. Viceversa, quando il creditore pignorante sottoponga a pignoramento (id est a sequestro) somme esistenti presso un istituto bancario ove il debitore intrattiene un rapporto di conto corrente e sul quale affluiscono anche le mensilità di stipendio, il credito del debitore che viene pignorato è il credito alla restituzione delle somme depositate che trova titolo nel rapporto di conto corrente. Sono, quindi, del tutto irrilevanti le ragioni per le quali quelle “somme” sono state versate su quel conto: il denaro è bene fungibile per eccellenza“.

La Corte ha così affermato il principio condivisibile secondo cui l’impignorabilità o i limiti di pignorabilità dello stipendio o della pensione non operano quando le somme ad essi relative vengono versate sul conto corrente bancario del debitore, sia in ragione della fungibilità del denaro, sia perché all’atto del versamento delle somme sul conto corrente cessa il rapporto giuridico tra lavoratore/pensionato (soggetto esecutato) e datore di lavoro/ente pagatore, con conseguente venir meno dei limiti di pignorabilità nascenti da tale tipo di rapporto; sorge invece un nuovo rapporto giuridico tra la banca e il correntista, che non è soggetto ai medesimi limiti.

Il principio è stato ribadito di recente anche dalla Corte Costituzionale, nella sentenza n. 85 del 15.04.2015, che ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 12, comma 2, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 e 3, comma 5, lettera b), del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, in riferimento agli artt. 3 e 38, secondo comma, Cost., in quanto consentirebbero al terzo creditore di aggredire senza limiti i redditi da lavoro o da pensione che alimentano il saldo del conto corrente intestato al debitore.

Nell’occasione la Consulta ha avuto modo di affermare che l’esclusione della pignorabilità dei crediti da pensione o comunque l’applicazione dei limiti ordinari di cui all’art. 545 c.p.c. non è possibile con riguardo all’ipotesi in cui dette somme siano già transitate dal soggetto erogatore al conto corrente dell’avente diritto, in quanto ormai definitivamente acquisite dal dipendente e confluite nel suo patrimonio, sia che esse si trovino nel suo diretto possesso, sia che esse risultino depositate a suo nome presso banche ed assoggettate, quindi, alla disciplina dell’art. 1834 cod. civ. Dunque, i limiti della pignorabilità concernono i crediti per causa di pensioni o redditi assimilati, ma non le somme che ne sono oggetto, una volta erogate dal soggetto obbligato, in quanto con il versamento in conto si verifica l’estinzione (pro rata) del rapporto obbligatorio corrente tra il pensionato ed il terzo debitore del trattamento economico. In particolare, “Il denaro versato in conto, seguendo l’ordinario regime dei beni fungibili, secondo le regole del deposito irregolare (art. 1782 cod. civ.), diviene di proprietà dell’istituto di credito (artt. 1834 e 1852 e seguenti cod. civ.), con contestuale nascita di un diverso rapporto obbligatorio tra l’istituto di credito ed il depositario o correntista, che si compendia nel diritto a richiedere in ogni momento il saldo attivo risultante dal conto e per il quale non sono previsti limiti di pignorabilità dipendenti dalle cause che diedero origine agli accrediti. Da tale disciplina deriva quindi la pignorabilità indistinta delle somme giacenti sul conto corrente, secondo il principio generale dell’art. 2740 cod. civ. In definitiva, il pignoramento del conto corrente concerne il credito del correntista verso la banca per quanto risulta dal saldo delle rimesse effettuate sul conto stesso“.

Dunque, “il credito per il saldo del conto corrente, nonostante sia stato alimentato da rimesse pensionistiche, non gode, allo stato della legislazione, dell’impignorabilità parziale relativa ai crediti da pensione“.

La Corte reputa tuttavia che “la tutela dell’interesse costituzionalmente protetto dall’art. 38 Cost. non può ritenersi suscettibile di compressione, in modo assoluto o comunque sproporzionato, per effetto della penalizzante combinazione delle regole giuridiche inerenti alla struttura del contratto di conto corrente bancario e della responsabilità patrimoniale“, ma osserva che “in tale contesto l’individuazione e le modalità di salvaguardia della parte di pensione necessaria ad assicurare al beneficiario mezzi adeguati alle sue esigenze di vita è riservata alla discrezionalità del legislatore, il quale (…) non può sottrarsi al compito di razionalizzare il vigente quadro normativo in coerenza con i precetti dell’art. 38, secondo comma, Cost.“; evidenzia, in particolare, che “il principio di tutela del pensionato di cui all’art. 38, secondo comma, Cost. soffre, in relazione al quadro normativo illustrato, gravi limitazioni suscettibili di comprimerlo oltre i limiti consentiti dall’ordinamento costituzionale“, tanto che “Il vulnus riscontrato e la necessità che l’ordinamento si doti di un rimedio effettivo per assicurare condizioni di vita minime al pensionato, se non inficiano – per le ragioni già esposte – la ritenuta inammissibilità delle questioni e se non pregiudicano la «priorità di valutazione da parte del legislatore sulla congruità dei mezzi per raggiungere un fine costituzionalmente necessario» (sentenza n. 23 del 2013), impongono tuttavia di sottolineare la necessità che lo stesso legislatore dia tempestiva soluzione al problema individuato nella presente pronuncia“.

In linea con la posizione della Corte, il legislatore è intervenuto ad introdurre uno strumento di tutela a salvaguardia della parte di stipendio o di pensione necessaria ad assicurare al beneficiario mezzi adeguati alle sue esigenze di vita, anche nel caso di accredito degli emolumenti su conto bancario o postale intestato al debitore (art. 545 co. 8 c.p.c., introdotto con D.L. 27.06.2015, n. 83, convertito, con modificazioni, nella L. 6.08.2015, n. 132). Trattasi, tuttavia, di disposizione che non trova applicazione nel caso di specie, essendo entrata in vigore successivamente all’esecuzione del pignoramento oggetto dell’opposizione.

In presenza di un vuoto normativo di tutela, riconosciuto e stigmatizzato dalla Corte Costituzionale, non è consentita l’applicazione analogica dei limiti di pignorabilità della pensione che operano, a tutela delle esigenze di vita dell’avente diritto, in relazione all’ipotesi comune in cui gli emolumenti non siano stati ancora erogati e versati sul conto corrente del pensionato.

Pertanto, tenuto conto delle domande proposte dalle parti, s’impone il rigetto dell’opposizione, tenuto conto della validità ed efficacia dell’atto di pignoramento già eseguito. Deve, poi, essere confermata la revoca dell’ordinanza di sospensione della procedura esecutiva N. 5488/2013, pronunciata dal G.E. in data 11.04.2014, revoca già disposta con l’ordinanza di reclamo del Tribunale di Bologna depositata il 15.07.2014.

Non rileva, poi, la circostanza che il conto corrente CARISBO sia cointestato al Caio e alla moglie, in quanto, come ha riconosciuto lo stesso convenuto nella comparsa di costituzione, egli ha offerto la prova documentale che le somme ivi depositate sono nella sua esclusiva titolarità.

Nonostante il rigetto dell’opposizione e l’accoglimento delle domande attoree, le spese di lite debbono essere compensate tra le parti, ai sensi dell’art. 92 co. 2 c.p.c. in ragione del mutamento della giurisprudenza intervenuto sulle questioni trattate, oggetto della controversia, tenuto conto dell’avvenuto definitivo superamento (per effetto delle condivisibili sentenze della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale, sopra richiamate) dell’orientamento della giurisprudenza di merito (favorevole all’applicazione analogica dei limiti di pignorabilità della pensione ai casi di accredito degli emolumenti sul conto corrente del debitore), seguito dal Tribunale di Bologna nell’ordinanza pronunciata in sede di reclamo nella presente causa.

P.Q.M.

Il Tribunale di Bologna, ogni altra domanda, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:

– accoglie l’opposizione e per l’effetto dichiara la validità dell’atto di pignoramento eseguito da Tizia , in relazione al credito di € 4.400,11 spettante a Caio nei confronti di CARISBO, in forza di dichiarazione resa da tale istituto di credito ex art. 547 c.p.c. in data 7.1.2014;

– conferma la revoca dell’ordinanza di sospensione della procedura esecutiva N. 5488/2013, pronunciata dal G.E. in data 11.04.2014, già disposta dal Tribunale di Bologna nell’ordinanza di reclamo depositata il 15.07.2014;

– compensa tra le parti le spese di lite.

Bologna, 10 dicembre 2016

IL GIUDICE

Dott.ssa Rita CHIERICI

Interruzione dei servizi informatici del settore civile per l’installazione di modifiche correttive. Comunicazione del 17.01.2017

Il Ministero della Giustizia comunica che, per consentire l’aggiornamento di talune funzionalità dei sistemi, a partire dalle h. 17.00 del 20 gennaio 2017, saranno resi indisponibili tutti i servizi informatici del settore civile ed, in particolare:

  • la consultazione e l’implementazione dei registri di cancelleria;
  • l’aggiornamento (anche da fuori ufficio) della consolle del magistrato;
  • il deposito telematico di atti e provvedimenti da parte dei magistrati;
  • tutte le funzionalità del portale dei servizi telematici;
  • tutte le funzioni di consultazione da parte dei soggetti abilitati esterni;
  • i pagamenti telematici.

Rimarranno attivi i servizi di posta elettronica certificata e sarà, quindi, possibile il deposito telematico da parte degli avvocati, dei professionisti e degli altri soggetti abilitati: i messaggi relativi agli esiti dei controlli automatici potrebbero, tuttavia, pervenire solo al riavvio definitivo di tutti i sistemi, previsto dalle h. 24.00 del 21 gennaio 2017 e sino, al massimo, alle h. 8.00 del 23 gennaio 2017.

Al seguente link, il comunicato ufficiale del Ministero della Giustizia:

https://pst.giustizia.it/PST/it/pst_3_1.wp?previousPage=homepage&contentId=NEW3614

Inapplicabile la disciplina del d.l. 83/2015 in punto di impignorabilità della quota delle pensioni ai pignoramenti antecedenti il decreto legge. Trib. Reggio Emilia sent. 19.05.2016 n. 744 dott.ssa Di Paolo

Il Tribunale di Reggio Emilia si pronuncia su due aspetti, non particolarmente infrequenti in materia di opposizioni all’esecuzione, sancendo che:

  1. non può applicarsi la disciplina introdotta dal d.l. n. 83/2015, il quale esclude la pignorabilità delle pensioni per un ammontare corrispondente alla “misura massima mensile dell’assegno sociale aumentato della metà“, alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del predetto decreto legge, a norma dell’art. 23 comma 6 d.l. cit., trovando conseguentemente applicazione la normativa contenuta nell’art. 128 del r.d. 1827/1935 e nell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
  2. quando manchi una ripartizione esplicita delle spese liquidate in sentenza tra più soccombenti, il criterio residuale fissato dall’art. 97 comma 2 cod. proc. civ. impone la ripartizione delle spese per quote eguali tra i vari soccombenti e trova applicazione pure in presenza di un’obbligazione solidale, introducendo la norma, di fatto, una presunzione di parziarietà dell’obbligo, riguardante le spese processuali (in assenza di decisione sul punto).

Di seguito, il testo delle motivazioni.

* * *

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI REGGIO EMILIA

in persona del Giudice unico, dott.ssa Simona Di Paolo

ha pronunciato dandone lettura all’udienza del 19/5/2016 ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I grado, iscritta al n° 7389/2015 RG del Tribunale di Reggio Emilia, trattenuta in decisione, a seguito di discussione orale, all’udienza del 19/05/2016, promossa da

Tizio, rappresentato e difeso dagli avv.ti Carlo Canti e Raffaella Sueri ed elettivamente domiciliato presso il loro studio sito in Carpi, via Ugo da Carpi n. 30, giusta procura in calce al ricorso per opposizione all’esecuzione,

OPPONENTE

nei confronti di

Caio e Sempronio,

OPPOSTI CONTUMACI

avente ad oggetto: opposizione all’esecuzione

Conclusioni per come da verbale di udienza del 19.5.2016.

FATTO E DIRITTO

Con atto di citazione regolarmente notificato Tizio ha instaurato il giudizio di merito ex art. 616 c.p.c. per sentir dichiarare l’illegittimità del pignoramento eccedente il quinto del rateo pensionistico corrisposto allo stesso attore, nonché per sentir dichiarare l’illegittimità del pignoramento fatto eseguire da Caio e Sempronio anche per la quota debitoria di competenza di altro condebitore. Il tutto con vittoria delle spese di lite e condanna ex art. 96 c.p.c.

Le ragioni fatte valere dall’odierno attore nel presente giudizio afferiscono a due motivi di doglianza: da un lato l’illegittimità del pignoramento mobiliare r.g.e. 62/2015 relativo ad 1/5 dell’intero rateo pensionistico mensile, anziché ad 1/5 della parte di rateo che supera il minimo pensionistico e, dall’altro lato, la considerazione per cui il titolo esecutivo da cui è originato il procedimento esecutivo – costituito dalla sentenza 1437/2014, prevedeva la condanna di Tizio e Mevia alla refusione delle spese di lite, sicchè sarebbe illegittimo procedere in executivis nei confronti del solo attore per ottenere il pagamento dell’intero a fronte della condanna non solidale di due soggetti.

I convenuti, regolarmente citati, non si sono costituiti e ne deve, pertanto, essere dichiarata la contumacia.

L’opposizione è fondata e va, pertanto accolta.

Quanto alla doglianza relativa all’entità della somma pignorata nell’ambito della procedura n.r.g.e. 62/2015, infatti, Tizio sostiene che l’ordinanza con la quale viene pignorato la somma di 1/5 dell’intera pensione, anziché la somma di 1/5 della parte eccedente la misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà, sia contrastante con la previsione normativa contenuta nell’art. 128 del r.d.l. n. 1827/1935 e degli artt. 1 e 2, primo comma, del d.p.r. 180/1950.

Premesso che, quanto all’entità e alla determinazione della somma pignorata presso l’INPS a titolo di pensione dell’odierno opponente, va evidenziato che alla procedura in questione non può ritenersi applicabile la nuova disciplina introdotta dal d.l. 83/2015 che esclude la pignorabilità delle pensioni per un ammontare corrispondente alla “misura massima mensile dell’assegno sociale aumentato della metà”, posto che, a norma dell’art. 23, comma 6 del citato decreto legge, tali disposizioni si applicano esclusivamente alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legge, ne deriva che la normativa applicabile al caso in questione è contemplata nell’art. 128 del r.d. 1827/1935 e nell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87.

Tali disposizioni hanno costituito oggetto della pronuncia n. 506 del 2002 con la quale la Corte Costituzionale ne ha dichiarato l’illegittimità nella parte in cui le stesse norme non consentono la pignorabilità, nei limiti del quinto, dei crediti pensionistici nella parte eccedente quanto necessario per le esigenze di vita del pensionato.

La norma, quale risulta dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale di cui alla pronuncia della Corte Costituzionale, di tipo additivo, vincola l’interprete: tale pronuncia fissa il principio di diritto per il quale, ai sensi del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, art.128 e del D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, art. 1 e art. 2, comma 1, è assolutamente impignorabile, con le eccezioni previste dalla legge per i crediti qualificati, la parte della pensione, assegno o indennità necessaria per assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita ed è pignorabile nei soli limiti del quinto la residua parte.

In altre parole, il pignoramento è legittimo laddove abbia ad oggetto la quinta parte del trattamento pensionistico eccedente la misura necessaria ad assicurare al pensionato mezzi adeguati a vivere.

Nella dichiarazione di terzo, nel caso in questione, l’INPS aveva dichiarato che Tizio era titolare della somma di € 820,00 a titolo di pensione, pertanto il quinto pignorabile avrebbe dovuto essere calcolato solo sull’importo della pensione (€ 820,81) al netto nella somma determinata quale “minimo vitale”, ordinando all’INPS di procedere alla trattenuta e al versamento in favore della creditrice esclusivamente della somma mensile di € 63,52 (la quinta parte di € 317,61 risultante dalla differenza fra il netto della pensione € 820,00 e il “minimo vitale”, individuabile in € 502,39 quale minimo pensionistico del 2015).

Per quanto attiene, invece, al secondo motivo di doglianza, afferente il pignoramento per intero gravante sul Tizio della somma di € 5.000,00 a titolo delle spese legali sostenute dai terzi chiamati nella causa r.g. 2946/2010 da cui è originata la sentenza n. 1437/2014 portata in esecuzione nel giudizio r.g.e. 62/2015, Tizio contesta che gli odierni convenuti/opposti possano chiedere il pagamento dell’intero a lui solo, senza che la sentenza, azionata quale titolo esecutivo, sancisse la solidarietà passiva dei soccombenti per le spese di lite.

Ebbene, a tal fine, deve osservarsi che la sentenza n. 1437/2014 del Tribunale di Reggio Emilia, posta alla base della procedura esecutiva da cui origina l’odierna opposizione, in ordine al governo delle spese di lite, così dispone: “condanna Tizio e Mevia al pagamento delle spese legali sostenute dai terzi chiamati che si liquidano complessivamente per ambedue, stante la comunanza di difese, in € 5.000,00 per compensi, oltre rimborso forfettario 15%, iva cpa come per legge…”.

Nel caso in questione, pertanto, si sollecita l’esame dell’ammontare esatto delle somme azionabili in fase esecutiva, sulla scorta di una corretta applicazione delle regole di cui all’art. 97 c.p.c., senza che ciò comporti un controllo intrinseco sul titolo o ponga questioni relative alla formazione del provvedimento o a ragioni di ingiustizia della decisione, la cui cognizione sarebbe preclusa al giudice dell’esecuzione (Cass. 17 febbraio 2011, n. 3850; Cass. 27 gennaio 2012, n. 1183; Cass. 24 luglio 2012, n. 12911; Cass. 17 febbraio 2014, n. 3619).

Orbene, nell’ipotesi di processo con pluralità di soccombenti, la regola generale, cristallizzata all’art. 97 c.p.c. è rappresentata dalla ripartizione delle spese in misura proporzionale all’interesse nella causa di ciascuno dei soccombenti. L’interesse nella causa è da intendersi come interesse, da apprezzarsi da un punto di vista prevalentemente quantitativo, al risultato giuridico che i vincitori in giudizio conseguono con l’accoglimento della domanda ed i soccombenti con il rigetto della stessa (in altre parole, i vantaggi – economici e morali – conseguenti ad un accertamento giudiziale, positivo o negativo).

In deroga alla predetta regola generale, l’ultimo periodo dell’art. 97, co. 1, c.p.c. riserva alla valutazione discrezionale del giudice la possibilità di una condanna solidale alle spese processuali.

Se però manca una ripartizione esplicita delle spese tra i soccombenti, il criterio residuale fissato dall’art. 97, co. 2, impone la ripartizione delle spese per quote eguali tra i vari soccombenti, da applicarsi pure in presenza di un’obbligazione solidale. La norma, di fatto, introduce una presunzione di parziarietà dell’obbligo riguardante le spese processuali in mancanza di decisione sul punto.

Per cui, stando all’esatto tenore letterale della sentenza n. 1437/2014 del Tribunale di Reggio Emilia, non si rinviene una pronuncia di condanna solidale alle spese di lite laddove, invece, la condanna solidale alle spese di lite presuppone un’espressa delibazione da parte del giudice, che è del tutto discrezionale (art. 97, co. 1. ultimo periodo: “…Può anche pronunciare condanna solidale di tutte o di alcune di esse”). In assenza di una pronuncia puntuale in tal senso, si applica la disposizione di cui all’art. 97, co. 2, c.p.c.

Tanto chiarito, risulta dalla azionata sentenza 1437/2014 una responsabilità in punto a spese di lite da ripartirsi in parti uguali sui soccombenti Tizio (odierno attore opponente) e Mevia.

Le domande attoree devono, pertanto, trovare accoglimento.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

Trova, altresì, applicazione la disposizione di cui all’art. 96 comma 2 c.p.c.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così provvede:

1) Ordina al terzo pignorato INPS di trattenere mensilmente la sola somma di € 63,52, pari al quinto di rateo pensionistico mensile di Tizio che supera il “minimo vitale”, corrispondendo a Tizio la parte dei ratei precedentemente trattenuti in esubero;

2) dichiara l’illegittimità del pignoramento fatto eseguire da Caio e Sempronio a carico di Tizio per la parte eccedente la somma di € 2.500,00 (oltre oneri pro quota come per legge) di cui al punto 6) della sentenza n. 1437/2014;

3) per l’effetto, ordina che il pignoramento promosso in danno di Tizio in ragione della sentenza n. 1437/2014 venga ridotto della somma di € 2.500,00 oltre oneri come per legge da calcolarsi sulla quota di competenza di Tizio;

4) condanna Caio e Sempronio al pagamento, in solido tra loro e in favore di Tizio , delle spese di lite del presente giudizio che si liquidano nella somma di € 2.400 oltre IVA, CPA e spese generali come per legge;

5) condanna Ciao e Sempronio al risarcimento dei danni ex art. 96 cpc quantificati in € 62,75 (corrispondente all’importo degli interessi legali sulle somme trattenute in esubero dal terzo INPS, pari ad € 1.313,11).

Reggio Emilia, 19/5/2016.

Il Giudice

dott.ssa Simona Di Paolo

Notifica a mezzo PEC applicabile ed utilizzabile dal 15.05.2014

Ad oggi, consta che la Corte di Cassazione si sia pronunciata almeno tre volte, individuando il termine iniziale di “applicabilità e utilizzabilità” della notifica a mezzo P.E.C. ex l. n. 53/1994 nel 15.05.2014. Di seguito, i passaggi delle pronunce, che hanno affrontato l’argomento.


Cass. Civ., Sez. VI, Ord. 09.07.2015, n. 14368

p.2. Il Collegio in via preliminare ritiene necessario domandarsi se l’istanza di regolamento di competenza sia stata notificata ritualmente dalla parte ricorrente alla parte intimata.

p.2.1. Detta notificazione, infatti, è stata fatta ai sensi della L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3 bis, comma 2, direttamente dal difensore del ricorrente, Avvocato Camillo Federico tramite posta elettronica certificata.

Il testo della relata di notificazione da conto dell’autorizzazione rilasciata al detto legale dal Consiglio dell’ordine di Santa Maria Capua Vetere a procedere alle notifiche ai sensi di detta legge e in esso si dichiara di notificare “ad ogni effetto di legge copia informatica di cui” il predetto Avvocato attesta “la conformità all’originale cartaceo ai sensi del D.L. 7 marzo 2005, n. 82, art. 22, nonchè procura alle liti a me rilasciata dal sig. I. V. apposta originariamente su ricorso per decreto ingiuntivo n. 1028/2012 rilasciato dal Tribunale di Terni il 18/10/2012, in conformità d quanto previsto dal D.M. n. 44 del 2011, art. 18, n. 5, così come modificato dal D.M. n. 48 del 2013”.

Gli atti notificati sono stati, peraltro, due, indirizzati, come risulta dai due atti depositati, a ciascuno dei difensori della Costruzione Tombesi s.r.l. presso l’indirizzo di p.e.c..

Le notificazioni risultano perfezionate nei confronti della destinataria ai sensi dell’art. 3 bis, comma 3, citato, tanto risultando dalle ricevute di avvenuta consegna telematica, corredate della prescritta indicazione specifica del contenuto della trasmissione, identificato nel ricorso per regolamento e nella relata di notificazione.

Si rileva, poi, che le notificazioni sono state eseguite il 14 maggio 2014, cioè quando era già stato emanato il Provvedimento del 16 aprile 2014 del responsabile per i sistemi informativi automatizzati della direzione generale per i sistemi informativi automatizzati, recante le “Specifiche tecniche previste dall’articolo 34, comma 1 del decreto del Ministro della giustizia in data 21 febbraio 2011 n. 44, recante regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione, nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal  D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi del D.Lgs. 29 dicembre 2009, n. 193, art. 4, commi 1 e 2, convertito nella L. 22 febbraio 2010, n. 24”.

p.2.2. Tuttavia, il detto provvedimento – di natura regolamentare secondaria in quanto emesso ai sensi del D.M. Giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, art. 34, (a sua volta costituente il Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi del  D.L. 29 dicembre 2009, n. 193, art. 4, commi 1 e 2, convertito nella  L. 22 febbraio 2010, n. 24, regolamento attuativo del D.Lgs. n. 82 del 2005, e successive modifiche) – è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30 aprile 2014, ma è entrato in vigore il 15 maggio 2014, giusta il disposto del suo art. 31.

Ne consegue che le notificazioni di cui si discorre, in quanto avvenute il 14 maggio del 2014, non sono state effettuate sotto il suo vigore.

Se lo fossero state, sarebbero state pienamente conformi alle specifiche tecniche indicate dall’art. 19 bis, del detto provvedimento del 16 aprile 2014.

Norma che espressamente risulta attuativa del citato D.M. Giustizia n. 44 del 2011, art. 18, il quale, sotto la rubrica “Notificazioni per via telematica eseguite dagli avvocati”, così disponeva:

“L’avvocato che procede alla notificazione con modalità telematica ai sensi della  L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3 bis, allega al messaggio di posta elettronica certificata documenti informatici o copie informatiche, anche per immagine, di documenti analogici privi di elementi attivi e redatti nei formati consentiti dalle specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’art. 34.

2. Quando il difensore procede alla notificazione delle comparse o delle memorie, ai sensi  dell’art. 170 c.p.c., comma 4, la notificazione è effettuata mediante invio della memoria o della comparsa alle parti costituite ai sensi del comma 1.

3. La parte rimasta contumace ha diritto a prendere visione degli atti del procedimento tramite accesso al portale dei servizi telematici e, nei casi previsti, anche tramite il punto di accesso.

4. L’avvocato che estrae copia informatica per immagine dell’atto formato su supporto analogico, compie l’asseverazione prevista dall’art. 22, comma 2, del codice dell’amministrazione digitale, inserendo la dichiarazione di conformità all’originale nella relazione di notificazione, a norma della L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3 bis, comma 5.

5. La procura alle liti si considera apposta in calce all’atto cui si riferisce quando è rilasciata su documento informatico separato allegato al messaggio di posta elettronica certificata mediante il quale l’atto è notificato. La disposizione di cui al periodo precedente si applica anche quando la procura alle liti è rilasciata su foglio separato del quale è estratta copia informatica, anche per immagine. 6. La ricevuta di avvenuta consegna prevista dalla  L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3 bis, comma 3, è quella completa, di cui al D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, art. 6, comma 4″.

p.2.3. Come emerge dal comma 1 nella norma si rinviava, però, alle specifiche tecniche di cui all’art. 34.

Tale norma, a sua volta, affidava la loro determinazione al responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, sentito DigitPA. E, nel terzo comma, prevedeva che fino all’emanazione delle specifiche tecniche di cui al comma 1, continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, le disposizioni anteriormente vigenti.

Ora, le specifiche tecniche vennero effettivamente emanate con un provvedimento di analoga fonte rispetto a quello del 2014, cioè emesso dal mentovato responsabile per i sistemi informativi automatizzati della direzione generale per i sistemi informativi automatizzati e tale provvedimento venne pubblicato sulla G.U. del 29 luglio 2011, ma in esso, a proposito delle notificazioni in via telematica da farsi dagli avvocati ai sensi del D.M. n. 44 del 2011, art. 18, nulla si previde.

Vennero, invece, dettate norme tecniche oltre che per le notificazioni da eseguirsi dagli uffici (come per le comunicazioni), per quelle di soggetti esterni agli uffici, ma con previsione di doversi avvalere dell’UNEP: si veda l’art. 19, che si dichiara attuativo dell’art. 17 del regolamento n. 44 del 2011.

p.2.4. D’altro canto, va ricordato che la  L. n. 53 del 1994, all’epoca di emanazione del D.M. n. 44 del 2011 e, quindi, delle norme tecniche di cui al provvedimento del luglio 2011, disciplinava i poteri dell’avvocato di utilizzazione della p.e.c. con l’art. 3, comma 3 bis, siccome sostituito dalla L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 25, comma 3, il quale prevedeva la possibilità di notificazione a mezzo p.e.c. da parte dell’avvocato se il destinatario risultasse indicato negli appositi pubblici elenchi, ma lo obbligava a procedere avvalendosi dell’opera dell’ufficiale giudiziario ai sensi dell’art. 149 bis c.p.c.. Non diversamente dallo stesso art. 149 bis, la previsione del detto comma 3 bis, era – come si era sottolineato in dottrina – di più che dubbia operatività, atteso che il quarto comma della prima alludeva ad un decreto ministeriale di cui mancava l’emanazione.

p.2.5. Sopravvenuta invece l’introduzione del nuovo e già riferito  L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, (e soppresso correlativamente il poco prima ricordato art. 3, comma 3 bis), la concreta possibilità dell’effettivo decollo della nuova disciplina o almeno di un decollo applicativo formalmente legittimo, venne a dipendere sempre da quella che il comma primo dell’art. 3-bis chiama normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. E ciò, si badi, anche per l’ipotesi regolata dal comma 2, atteso che pure nel suo caso rileva la sottoscrizione, trasmissione e ricezione, cui allude il comma 1, dato che la norma si occupa del modo di estrazione del documento informatico da un documento cartaceo. Il comma 2, infatti, disciplina solo il modo in cui l’atto da notificarsi che non sia di per sè un documento informatico può divenire copia informatica in funzione della successiva notificazione.

Poichè, una volta intervenuto l’art. 3 bis, la normativa regolamentare continuò ad essere quella del provvedimento del luglio del 2011 di cui s’è detto, era palese che, non riferendosi essa in alcun modo all’ipotesi della notificazione eseguita dall’avvocato, la situazione era, dunque, di mancanza di normativa regolamentare disciplinatrice.

Tale situazione implicava che, fino a quando non fosse avvenuta l’emanazione della normativa regolamentare, l’art. 3 bis, risultava in realtà una norma inapplicabile per la mancanza della normativa regolamentare, in quanto il D.M. n. 44 del 2011, art.  18, pur nel testo risultante dalla sostituzione operata dal D.M. Giustizia 3 aprile 2013, n. 48, art. 1, comma 1, continuava a rinviare alle norme tecniche di cui all’art. 34 che ancora non c’erano.

In effetti, il momento della concreta applicabilità dell’art. 3 bis, deve, in conseguenza, farsi risalire soltanto alla sopravvenienza del  provvedimento del 16 aprile 2014 entrato in vigore il 15 maggio successivo.

E’ da quel momento che l’art. 3 bis, può ritenersi sia stato legittimamente applicabile. S’è già detto, d’altro canto, che prima non vi erano norme regolamentari di attuazione relative alle notificazioni eseguite dagli avvocati.

p.2.6. Poichè la notificazione dell’istanza di regolamento di competenza è avvenuta, come s’è detto, prima della entrata in vigore del  provvedimento del 16 aprile 2014, si deve, dunque, reputare che si è trattato di una notificazione non legittimata dall’art. 3-bis e, quindi, non corrispondente al modello legale di cui a detta norma. Non è possibile ipotizzare che in mancanza delle norme regolamentari tecniche che si dovevano emanare ai sensi del  D.M. n. 44 del 2011, art. 18, il potere dell’avvocato di notificare validamente sussistesse comunque, perchè questo avrebbe significato applicare la norma sopprimendo il chiaro valore della prescrizione circa l’osservanza delle norme regolamentari non ancora emanate, la quale sottintendeva proprio la volontà del legislatore di subordinarne l’efficacia alla loro emanazione.

Peraltro, nella situazione di mancanza di applicabilità della disciplina della L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, fino al 15 maggio 2014, data in cui entrarono in vigore le norme tecniche cui allude il  D.M. n. 44 del 2011, art. 18, nel testo vigente, una notificazione eseguita come quella in esame, pur non avendo avuto il legale che l’ha eseguita il potere di effettuarla legittimamente, mancando tale potere solo per l’assenza di una normativa regolamentare e tra l’altro tecnica, non può considerarsi affetta da un tale scostamento dal modello legale da essere affetta da inesistenza, ma va considerata solo nulla e ciò anche perchè l’avvocato abilitato ai sensi della L. n. 53 del 1994, era comunque soggetto legittimato al compimento di attività notificatoria secondo detta legge e, dunque, provvisto di una funzione in tal senso.

Sussisterebbero, dunque, non essendosi costituito l’intimato (cosa che avrebbe determinato sanatoria della nullità) le condizioni per ordinare il rinnovo della notificazione dell’istanza di regolamento, previo rilievo della nullità della notificazione o meglio delle due notificazioni eseguite alla stregua del seguente principio di diritto: “La concreta applicabilità ed utilizzabilità della norma della L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, (introdotta dal D.L. n. 169 del 2012, art. 16 quater, convertito, con modificazioni, nella L. n. 221 del 2012, ed introdotto nel detto D.L. dalla L. n. 228 del 201, art. 1, comma 19) si è verificata soltanto a far tempo dal 15 maggio 2014, data di efficacia delle norme regolamentari cui allude il comma 1 della norma (norme introdotte con il provvedimento 16 aprile 2014 del responsabile per i sistemi informativi automatizzati della direzione generale per i sistemi informativi automatizzati, recante le Specifiche tecniche previste dal D.M. giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, art. 34, comma 1, recante regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione, nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi del D.L. 29 dicembre 2009, n. 193, art.  4, commi 1 e 2, convertito nella L. 22 febbraio 2010, n. 24).

Una notificazione eseguita dall’avvocato ai sensi dell’art. 3 bis, anteriormente alla data del 15 maggio 2014 si doveva, dunque, reputare nulla e tale da giustificare, in mancanza di costituzione del convenuto, un ordine di rinnovo della notificazione”.

p.2. Il Collegio in via preliminare ritiene necessario domandarsi se l’istanza di regolamento di competenza sia stata notificata ritualmente dalla parte ricorrente alla parte intimata.

p.2.1. Detta notificazione, infatti, è stata fatta ai sensi della L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3 bis, comma 2, direttamente dal difensore del ricorrente, Avvocato Camillo Federico tramite posta elettronica certificata.

Il testo della relata di notificazione da conto dell’autorizzazione rilasciata al detto legale dal Consiglio dell’ordine di Santa Maria Capua Vetere a procedere alle notifiche ai sensi di detta legge e in esso si dichiara di notificare “ad ogni effetto di legge copia informatica di cui” il predetto Avvocato attesta “la conformità all’originale cartaceo ai sensi del D.L. 7 marzo 2005, n. 82, art. 22, nonchè procura alle liti a me rilasciata dal sig. I. V. apposta originariamente su ricorso per decreto ingiuntivo n. 1028/2012 rilasciato dal Tribunale di Terni il 18/10/2012, in conformità d quanto previsto dal D.M. n. 44 del 2011, art. 18, n. 5, così come modificato dal D.M. n. 48 del 2013”.

Gli atti notificati sono stati, peraltro, due, indirizzati, come risulta dai due atti depositati, a ciascuno dei difensori della Costruzione Tombesi s.r.l. presso l’indirizzo di p.e.c..

Le notificazioni risultano perfezionate nei confronti della destinataria ai sensi dell’art. 3 bis, comma 3, citato, tanto risultando dalle ricevute di avvenuta consegna telematica, corredate della prescritta indicazione specifica del contenuto della trasmissione, identificato nel ricorso per regolamento e nella relata di notificazione.

Si rileva, poi, che le notificazioni sono state eseguite il 14 maggio 2014, cioè quando era già stato emanato il Provvedimento del 16 aprile 2014 del responsabile per i sistemi informativi automatizzati della direzione generale per i sistemi informativi automatizzati, recante le “Specifiche tecniche previste dall’articolo 34, comma 1 del decreto del Ministro della giustizia in data 21 febbraio 2011 n. 44, recante regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione, nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal  D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi del D.Lgs. 29 dicembre 2009, n. 193, art. 4, commi 1 e 2, convertito nella L. 22 febbraio 2010, n. 24”.

p.2.2. Tuttavia, il detto provvedimento – di natura regolamentare secondaria in quanto emesso ai sensi del D.M. Giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, art. 34, (a sua volta costituente il Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi del  D.L. 29 dicembre 2009, n. 193, art. 4, commi 1 e 2, convertito nella  L. 22 febbraio 2010, n. 24, regolamento attuativo del D.Lgs. n. 82 del 2005, e successive modifiche) – è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30 aprile 2014, ma è entrato in vigore il 15 maggio 2014, giusta il disposto del suo art. 31.

Ne consegue che le notificazioni di cui si discorre, in quanto avvenute il 14 maggio del 2014, non sono state effettuate sotto il suo vigore.

Se lo fossero state, sarebbero state pienamente conformi alle specifiche tecniche indicate dall’art. 19 bis, del detto provvedimento del 16 aprile 2014.

Norma che espressamente risulta attuativa del citato D.M. Giustizia n. 44 del 2011, art. 18, il quale, sotto la rubrica “Notificazioni per via telematica eseguite dagli avvocati”, così disponeva:

“L’avvocato che procede alla notificazione con modalità telematica ai sensi della  L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3 bis, allega al messaggio di posta elettronica certificata documenti informatici o copie informatiche, anche per immagine, di documenti analogici privi di elementi attivi e redatti nei formati consentiti dalle specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’art. 34.

2. Quando il difensore procede alla notificazione delle comparse o delle memorie, ai sensi  dell’art. 170 c.p.c., comma 4, la notificazione è effettuata mediante invio della memoria o della comparsa alle parti costituite ai sensi del comma 1.

3. La parte rimasta contumace ha diritto a prendere visione degli atti del procedimento tramite accesso al portale dei servizi telematici e, nei casi previsti, anche tramite il punto di accesso.

4. L’avvocato che estrae copia informatica per immagine dell’atto formato su supporto analogico, compie l’asseverazione prevista dall’art. 22, comma 2, del codice dell’amministrazione digitale, inserendo la dichiarazione di conformità all’originale nella relazione di notificazione, a norma della L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3 bis, comma 5.

5. La procura alle liti si considera apposta in calce all’atto cui si riferisce quando è rilasciata su documento informatico separato allegato al messaggio di posta elettronica certificata mediante il quale l’atto è notificato. La disposizione di cui al periodo precedente si applica anche quando la procura alle liti è rilasciata su foglio separato del quale è estratta copia informatica, anche per immagine. 6. La ricevuta di avvenuta consegna prevista dalla  L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3 bis, comma 3, è quella completa, di cui al D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, art. 6, comma 4″.

p.2.3. Come emerge dal comma 1 nella norma si rinviava, però, alle specifiche tecniche di cui all’art. 34.

Tale norma, a sua volta, affidava la loro determinazione al responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, sentito DigitPA. E, nel terzo comma, prevedeva che fino all’emanazione delle specifiche tecniche di cui al comma 1, continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, le disposizioni anteriormente vigenti.

Ora, le specifiche tecniche vennero effettivamente emanate con un provvedimento di analoga fonte rispetto a quello del 2014, cioè emesso dal mentovato responsabile per i sistemi informativi automatizzati della direzione generale per i sistemi informativi automatizzati e tale provvedimento venne pubblicato sulla G.U. del 29 luglio 2011, ma in esso, a proposito delle notificazioni in via telematica da farsi dagli avvocati ai sensi del D.M. n. 44 del 2011, art. 18, nulla si previde.

Vennero, invece, dettate norme tecniche oltre che per le notificazioni da eseguirsi dagli uffici (come per le comunicazioni), per quelle di soggetti esterni agli uffici, ma con previsione di doversi avvalere dell’UNEP: si veda l’art. 19, che si dichiara attuativo dell’art. 17 del regolamento n. 44 del 2011.

p.2.4. D’altro canto, va ricordato che la  L. n. 53 del 1994, all’epoca di emanazione del D.M. n. 44 del 2011 e, quindi, delle norme tecniche di cui al provvedimento del luglio 2011, disciplinava i poteri dell’avvocato di utilizzazione della p.e.c. con l’art. 3, comma 3 bis, siccome sostituito dalla L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 25, comma 3, il quale prevedeva la possibilità di notificazione a mezzo p.e.c. da parte dell’avvocato se il destinatario risultasse indicato negli appositi pubblici elenchi, ma lo obbligava a procedere avvalendosi dell’opera dell’ufficiale giudiziario ai sensi dell’art. 149 bis c.p.c.. Non diversamente dallo stesso art. 149 bis, la previsione del detto comma 3 bis, era – come si era sottolineato in dottrina – di più che dubbia operatività, atteso che il quarto comma della prima alludeva ad un decreto ministeriale di cui mancava l’emanazione.

p.2.5. Sopravvenuta invece l’introduzione del nuovo e già riferito  L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, (e soppresso correlativamente il poco prima ricordato art. 3, comma 3 bis), la concreta possibilità dell’effettivo decollo della nuova disciplina o almeno di un decollo applicativo formalmente legittimo, venne a dipendere sempre da quella che il comma primo dell’art. 3-bis chiama normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. E ciò, si badi, anche per l’ipotesi regolata dal comma 2, atteso che pure nel suo caso rileva la sottoscrizione, trasmissione e ricezione, cui allude il comma 1, dato che la norma si occupa del modo di estrazione del documento informatico da un documento cartaceo. Il comma 2, infatti, disciplina solo il modo in cui l’atto da notificarsi che non sia di per sè un documento informatico può divenire copia informatica in funzione della successiva notificazione.

Poichè, una volta intervenuto l’art. 3 bis, la normativa regolamentare continuò ad essere quella del provvedimento del luglio del 2011 di cui s’è detto, era palese che, non riferendosi essa in alcun modo all’ipotesi della notificazione eseguita dall’avvocato, la situazione era, dunque, di mancanza di normativa regolamentare disciplinatrice.

Tale situazione implicava che, fino a quando non fosse avvenuta l’emanazione della normativa regolamentare, l’art. 3 bis, risultava in realtà una norma inapplicabile per la mancanza della normativa regolamentare, in quanto il D.M. n. 44 del 2011, art.  18, pur nel testo risultante dalla sostituzione operata dal D.M. Giustizia 3 aprile 2013, n. 48, art. 1, comma 1, continuava a rinviare alle norme tecniche di cui all’art. 34 che ancora non c’erano.

In effetti, il momento della concreta applicabilità dell’art. 3 bis, deve, in conseguenza, farsi risalire soltanto alla sopravvenienza del  provvedimento del 16 aprile 2014 entrato in vigore il 15 maggio successivo.

E’ da quel momento che l’art. 3 bis, può ritenersi sia stato legittimamente applicabile. S’è già detto, d’altro canto, che prima non vi erano norme regolamentari di attuazione relative alle notificazioni eseguite dagli avvocati.

p.2.6. Poichè la notificazione dell’istanza di regolamento di competenza è avvenuta, come s’è detto, prima della entrata in vigore del  provvedimento del 16 aprile 2014, si deve, dunque, reputare che si è trattato di una notificazione non legittimata dall’art. 3-bis e, quindi, non corrispondente al modello legale di cui a detta norma. Non è possibile ipotizzare che in mancanza delle norme regolamentari tecniche che si dovevano emanare ai sensi del  D.M. n. 44 del 2011, art. 18, il potere dell’avvocato di notificare validamente sussistesse comunque, perchè questo avrebbe significato applicare la norma sopprimendo il chiaro valore della prescrizione circa l’osservanza delle norme regolamentari non ancora emanate, la quale sottintendeva proprio la volontà del legislatore di subordinarne l’efficacia alla loro emanazione.

Peraltro, nella situazione di mancanza di applicabilità della disciplina della L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, fino al 15 maggio 2014, data in cui entrarono in vigore le norme tecniche cui allude il  D.M. n. 44 del 2011, art. 18, nel testo vigente, una notificazione eseguita come quella in esame, pur non avendo avuto il legale che l’ha eseguita il potere di effettuarla legittimamente, mancando tale potere solo per l’assenza di una normativa regolamentare e tra l’altro tecnica, non può considerarsi affetta da un tale scostamento dal modello legale da essere affetta da inesistenza, ma va considerata solo nulla e ciò anche perchè l’avvocato abilitato ai sensi della L. n. 53 del 1994, era comunque soggetto legittimato al compimento di attività notificatoria secondo detta legge e, dunque, provvisto di una funzione in tal senso.

Sussisterebbero, dunque, non essendosi costituito l’intimato (cosa che avrebbe determinato sanatoria della nullità) le condizioni per ordinare il rinnovo della notificazione dell’istanza di regolamento, previo rilievo della nullità della notificazione o meglio delle due notificazioni eseguite alla stregua del seguente principio di diritto: “La concreta applicabilità ed utilizzabilità della norma della L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, (introdotta dal D.L. n. 169 del 2012, art. 16 quater, convertito, con modificazioni, nella L. n. 221 del 2012, ed introdotto nel detto D.L. dalla L. n. 228 del 201, art. 1, comma 19) si è verificata soltanto a far tempo dal 15 maggio 2014, data di efficacia delle norme regolamentari cui allude il comma 1 della norma (norme introdotte con il provvedimento 16 aprile 2014 del responsabile per i sistemi informativi automatizzati della direzione generale per i sistemi informativi automatizzati, recante le Specifiche tecniche previste dal D.M. giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, art. 34, comma 1, recante regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione, nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi del D.L. 29 dicembre 2009, n. 193, art.  4, commi 1 e 2, convertito nella L. 22 febbraio 2010, n. 24).

Una notificazione eseguita dall’avvocato ai sensi dell’art. 3 bis, anteriormente alla data del 15 maggio 2014 si doveva, dunque, reputare nulla e tale da giustificare, in mancanza di costituzione del convenuto, un ordine di rinnovo della notificazione”.


Cass. Civ., Sez. V, Sent. 29.01.2016, n. 1682

Preliminarmente, l’Avvocatura Generale dello Stato, per la ricorrente Agenzia delle Entrate, ha effettuato, L. n. 53 del 1994, ex artt. 3 bis e 4, il rinnovo della notifica del ricorso per cassazione all’intimato M. presso il domiciliatario in appello del medesimo, Avv.to Umberto Celentano, ivi inviando, in data 19/05/2015, tramite posta elettronica certificata, all’indirizzo risultante dal pubblico elenco c.d. Reginde, l’originale informatico sottoscritto in forma digitale; sono state quindi allegate agli atti la ricevuta di accettazione e quella di avvenuta consegna, previste dal D.P.R. n. 68 del 2005, art. 6, commi 1 e 2. La suddetta notifica del ricorso per cassazione, tramite P.E.C., (L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, comma 1: “La notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi”), effettuata nel maggio 2015 – allorchè erano state emanate, da ultimo, le norme regolamentari attuative del D.M. n. 44 del 2011, contenenti le specifiche tecniche per le notificazioni per via telematica da farsi dagli avvocati (cfr. Cass. 14368/2015) – risulta pertanto essersi perfezionata (cfr. Cass. 20072/2015).


Cass. Civ., Sez. VI, Ord. 07.10.2016, n. 20307

Va preliminarmente ritenuta rituale la suddetta notifica del controricorso, tramite P.E.C., (L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, comma 1: “La notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi.”), effettuata il 28‐10‐2014 allorchè erano state emanate, da ultimo, le norme regolamentari attuative del D.M. n. 44 del 2011, contenenti le specifiche tecniche per le notificazioni per via telematica da farsi dagli avvocati; in particolare, era stato emanato il provvedimento del 16‐4‐2014 della Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati, pubblicato sulla G.U. del 30‐4‐2014 ed entrato in vigore il 15‐5‐2014 (cfr. Cass. 14368/2015; Cass. 20072/2015; Cass. 1682/2016).


 

Omesso versamento I.V.A., confermata la “linea dura”: forza maggiore solo nel caso di assoluta impossibilità ad adempiere l’obbligazione tributaria. Cass. Pen., Sez. III, 10.11.2016 n. 47250

La Corte di Cassazione, con la sentenza della Terza Sezione Penale del 10.11.2016, n. 47250 (udienza del 21.06.2016), conferma l’orientamento più restrittivo, secondo cui la mera difficoltà nell’adempimento dell’obbligazione tributaria non integra forza maggiore , la quale si concretizza esclusivamente in caso di assoluta impossibilità a porre in essere il comportamento omesso, affermando che:

  1. il margine di scelta esclude sempre la forza maggiore, in quanto non esclude la suitas della condotta;
  2. la mancanza di provvista necessaria all’adempimento dell’obbligazione tributaria penalmente rilevante non può essere addotta a sostegno della forza maggiore quando sia comunque il frutto di una scelta/politica imprenditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità;
  3. non si può invocare la forza maggiore quando l’inadempimento penalmente sanzionato sia stato con-causato dal mancato pagamento delle singole scadenze mensili e dunque da una situazione di illegittimità;
  4. l’inadempimento tributario penalmente rilevante può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore che non ha potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico.

Di seguito il testo delle motivazioni.

* * *

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSI Elisabetta – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. DI STASI Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

D.N., nato a (omissis) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 14/05/2015 della Corte di Appello di Campobasso;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa DI STASI Antonella;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa FILIPPI Paola che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 14.5.2015, la Corte di Appello di Campobasso confermava la sentenza del 17.10.2014 del Tribunale di Campobasso che aveva dichiarato D.N. responsabile dei reati di cui all’art. 81 cpv. c.p. e D.Lgs. n. 74 del 2000, 10-ter – perchè nella qualità di titolare e legale rappresentante della omonima ditta ometteva di versare, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto relativamente ai periodi di imposta (omissis), (omissis) e (omissis) – e lo aveva condannato alla pena di anni uno e mesi due di reclusione con le conseguenti pene accessorie.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione D.N., per il tramite del difensore di fiducia, articolando un unico complesso motivo di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1.

Il ricorrente deduce che, pur non disconoscendo di aver posto in essere la condotta omissiva contestata, ciò era avvenuto non per mancanza di volontà di adempiere ai propri doveri con il fisco ma perchè impossibilitato a farlo per causa di forza maggiore dovuta non solo alle condizioni di precarietà in cui era costretto a vivere ma anche e soprattutto perchè non aveva mai incassato le esorbitanti somme sulle quale versare l’IVA per essere un semplice “prestanome”. Argomenta, quindi, che risulta evidente l’insussistenza dell’elemento psicologico del reato contestato.

Aggiunge che la crisi di liquidità configura una sorta di forza maggiore che interrompe il nesso psichico e che, nella specie, si è trattato proprio di una “evasione di sopravvivenza”.

Deduce, poi, che l’affermazione di responsabilità è stata fondata nei due gradi di giudizio su una istruttoria monca, sulle sole dichiarazioni dei testi di accusa ed in assenza di prove documentali.

Deduce, infine, la violazione del diritto di difesa, in quanto la Corte di appello disattendeva una istanza di rinvio per legittimo impedimento corredata e giustificata da apposita documentazione.

Chiede, pertanto, assoluzione perchè il fatto non sussiste, per carenza dell’elemento psicologico o con altra formula ampia.

Motivi della decisione

1. Il ricorso va dichiarato inammissibile.

2. Il primo motivo è manifestamente infondato.

Con la sentenza n. 37424/2013 le Sezioni Unite hanno ribadito che il reato in esame è punibile a titolo di dolo generico.

Per la commissione del reato, basta, dunque, la coscienza e volontà di non versare all’Erario le ritenute effettuate nel periodo considerato e la prova del dolo è insita, in genere, nella presentazione della dichiarazione annuale, dalla quale emerge quanto è dovuto a titolo di imposta, e che deve, quindi, essere “saldato o almeno contenuto” sotto la soglia di punibilità nel termine lungo previsto. Con l’effetto che se il debito verso il fisco relativo ai versamenti IVA è collegato al compimento delle singole operazioni imponibili, ogni qualvolta il soggetto d’imposta effettua tali operazioni riscuote già (dall’acquirente del bene o del servizio) l’IVA dovuta e deve, quindi, tenerla accantonata per l’Erario, organizzando le risorse disponibili in modo da poter adempiere all’obbligazione tributaria. Il D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-ter estende evidentemente questa esigenza di organizzazione su scala annuale.

Non può, pertanto, essere invocata, per escludere la colpevolezza, la crisi di liquidità del soggetto attivo al momento della scadenza del termine, ove non si dimostri che la stessa non dipenda dalla scelta (protrattasi, in sede di prima applicazione della norma, nella seconda metà del (omissis)) di non far debitamente fronte alla esigenza predetta organizzativa (per l’esclusione del rilievo scriminante di impreviste difficoltà economiche in sè considerate v., in riferimento alla parallela norma dell’art. 10-bis, Sez. 3, n. 10120 del 01/12/2010, dep. 2011, Provenzale).

Questa Corte ha ulteriormente precisato che è necessario che siano assolti, sul punto, precisi oneri di allegazione che devono investire non solo l’aspetto della non imputabilità al contribuente della crisi economica che improvvisamente avrebbe investito l’azienda, ma anche la circostanza che detta crisi non potesse essere adeguatamente fronteggiata tramite il ricorso ad idonee misure da valutarsi in concreto.

Occorre cioè la prova che non sia stato altrimenti possibile per il contribuente reperire le risorse economiche e finanziarie necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di un’improvvisa crisi di liquidità, quelle somme necessarie ad assolvere il debito erariale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e ad egli non imputabili (Sez. 3, 9 ottobre 2013, n. 5905/2014; Sez. 3, n. 15416 del 08/01/2014, Tonti Sauro; Sez. 3, n. 5467 del 05/12/2013, Mercutello, Rv. 258055, Sez.3, n. 43599 del 09/09/2015, dep. 29/10/2015, Rv. 265262).

Poichè la forza maggiore postula la individuazione di un fatto imponderabile, imprevisto ed imprevedibile, che esula del tutto dalla condotta dell’agente, tanto da rendere ineluttabile il verificarsi dell’evento, non potendo ricollegarsi in alcun modo ad un’azione od omissione cosciente e volontaria dell’agente, questa Suprema Corte ha sempre escluso, quando la specifica questione è stata posta, che le difficoltà economiche in cui versa il soggetto agente possano integrare la forza maggiore penalmente rilevante. (Sez. 3, n. 4529 del 04/12/2007, Cairone, Rv. 238986; Sez. 1, n. 18402 del 05/04/2013, Giro, Rv. 255880; Sez. 3, n. 24410 del 05/04/2011, Bolognini, Rv. 250805; Sez. 3, n. 9041 del 18/09/1997, Chiappa, Rv. 209232; Sez. 3, n. 643 del 22/10/1984, Bottura, Rv. 167495; Sez. 3, n. 7779 del 07/05/1984, Anderi, Rv. 165822).

Costituisce corollario di queste affermazioni il fatto che nei reati omissivi integra la causa di forza maggiore l’assoluta impossibilità, non la semplice difficoltà di porre in essere il comportamento omesso (Sez. 6, n. 10116 del 23/03/1990, Iannone, Rv. 184856).

Ne consegue che: a) il margine di scelta esclude sempre la forza maggiore perchè non esclude la suitas della condotta; b) la mancanza di provvista necessaria all’adempimento dell’obbligazione tributaria penalmente rilevante non può pertanto essere addotta a sostegno della forza maggiore quando sia comunque il frutto di una scelta/politica imprenditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità; c) non si può invocare la forza maggiore quando l’inadempimento penalmente sanzionato sia stato con-causato dal mancato pagamento delle singole scadenze mensili e dunque da una situazione di illegittimità; d) l’inadempimento tributario penalmente rilevante può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore che non ha potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico (Sez. 3, n. 8352 del 24/06/2014, dep. 25/02/2015, Rv. 263128).

Nel caso in esame, la deduzione riguardante la crisi economica è generica e in fatto e non reca, in particolare, indicazioni specifiche nè concrete atte a ravvisare una reale impossibilità incolpevole all’adempimento ovvero a ricondurre la causa esclusiva dell’inadempimento a condotte tenute prima del secondo semestre del (omissis).

3. Il secondo motivo è inammissibile; ne va, infatti, rilevata la aspecificità ai sensi degli artt. 591 e 581 c.p.p..

Il ricorrente si limita a censurare genericamente la sentenza resa dal giudice di secondo grado, allegando che la Corte territoriale non avrebbe valutato il compendio probatorio, le cui risultanze escluderebbero la sua responsabilità, e senza indicare alcun elemento di concretezza al riguardo.

Il vizio risulta diretto ad indurre la rivalutazione del compendio probatorio, senza l’indicazione di specifiche questioni in astratto idonee ad incidere sulla capacità dimostrativa delle prove raccolte.

Il vizio di motivazione per superare il vaglio di ammissibilità non deve essere diretto a censurare genericamente la valutazione di colpevolezza, ma deve invece essere idoneo ad individuare un preciso difetto del percorso logico argomentativo offerto dalla Corte di merito, sia esso identificabile come illogicità manifesta della motivazione, sia esso inquadrabile come carenza od omissione argomentativa; quest’ultima declinabile sia nella mancata presa in carico degli argomenti difensivi, sia nella carente analisi delle prove a sostegno delle componenti oggettive e soggettive del reato contestato.

Il perimetro della giurisdizione di legittimità è, infatti, limitato alla rilevazione delle illogicità manifeste e delle carenze motivazionali, ovvero di vizi specifici del percorso argomentativo, che non possono dilatare l’area di competenza della Cassazione alla rivalutazione dell’interno compendio indiziario. Le discrasie logiche e le carenze motivazionali eventualmente rilevate per essere rilevanti devono, inoltre, avere la capacità di essere decisive, ovvero essere idonee ad incidere il compendio indiziario, incrinandone la capacità dimostrativa.

4. Il terzo motivo è inammissibile.

Il ricorrente lamenta il mancato accoglimento di istanza di rinvio per legittimo impedimento e la violazione del diritto di difesa per essere stata la sentenza emessa in assenza dell’imputato e del difensore, senza nulla specificare in ordine al contenuto e fondamento della istanza e della correlata documentazione nonchè ai termini del diniego della stessa.

Esso, quindi, si caratterizza per assoluta genericità, integra la violazione dell’art. 581 c.p.p., lett. c), che nel dettare, in generale, quindi anche per il ricorso per cassazione, le regole cui bisogna attenersi nel proporre l’impugnazione, stabilisce che nel relativo atto scritto debbano essere enunciati, tra gli altri, “I motivi, con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta”; violazione che, ai sensi dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), determina, per l’appunto, l’inammissibilità dell’impugnazione stessa (cfr. Sez. 6, 30.10.2008, n. 47414, rv. 242129; Sez. 6, 21.12.2000, n. 8596, rv. 219087).

Inoltre, la deduzione contrasta con il contenuto della sentenza impugnata, nella quale si dà atto, invece, della presenza all’udienza di discussione del gravame del difensore dell’imputato che rassegnava le conclusioni chiedendo l’accoglimento dell’appello.

5. Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

6. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura ritenuta equa indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2016.

D.L. n. 193/16: disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili

DECRETO-LEGGE 22 ottobre 2016, n. 193 

Disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili (in G.U. n. 249 del 24.10.2016)

Capo I
Misure urgenti in materia di riscossione

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 77, 81 e 87 della Costituzione;
Visto il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 e successive
modificazioni;
Ritenuta la straordinaria necessita’ e urgenza per le esigenze di
finanza pubblica e per il corretto rapporto tra fisco e contribuente
di ottimizzare l’attivita’ di riscossione adottando disposizioni per
la soppressione di Equitalia e per adeguare l’organizzazione
dell’Agenzia delle entrate anche al fine di garantire l’effettivita’
del gettito delle entrate e l’incremento del livello di adempimento
spontaneo degli obblighi tributari e per i fini di cui all’articolo
4, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), e all’articolo 81, comma 1, della Costituzione;
Tenuto conto altresi’, per le misure da adottare per le predette
urgenti finalita’, del contenuto del rapporto Italia –
Amministrazione fiscale dell’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), pubblico il 19 luglio 2016 e, in
particolare, del capitolo 6, rubricato «riscossione coattiva delle
imposte: problemi specifici identificati»;
Considerata la straordinaria necessita’ ed urgenza di riaprire i
termini della procedura di collaborazione volontaria nonche’ di
prevedere misure di contrasto all’evasione fiscale;
Considerata la straordinaria necessita’ ed urgenza di procedere
alla revisione della disciplina di alcuni adempimenti tributari che
risultino di scarsa utilita’ all’amministrazione finanziaria ai fini
dell’attivita’ di controllo o di accertamento, o comunque non
conformi al principio di proporzionalita’;
Considerata la straordinaria necessita’ ed urgenza di prevedere misure di finanziamento di spese collegate ad esigenze indifferibili;
Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 15 ottobre 2016;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro dell’economia e delle finanze;

Emana

il seguente decreto-legge:

Art. 1

Soppressione di Equitalia

1. A decorrere dal 1° luglio 2017 le societa’ del Gruppo Equitalia sono sciolte. Le stesse sono cancellate d’ufficio dal registro delle imprese ed estinte, senza che sia esperita alcuna procedura di liquidazione. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto e’ fatto divieto alle societa’ di cui al presente comma di effettuare assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale.
2. Dalla data di cui al comma 1, l’esercizio delle funzioni relative alla riscossione nazionale, di cui all’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, riattribuito all’Agenzia delle entrate di cui all’articolo 62 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e’ svolto dall’ente strumentale di cui al comma 3.
3. Al fine di garantire la continuita’ e la funzionalita’ delle attivita’ di riscossione, e’ istituito un ente pubblico economico, denominato «Agenzia delle entrate-Riscossione» sottoposto all’indirizzo e alla vigilanza del Ministro dell’economia e delle finanze. L’Agenzia delle entrate provvede a monitorare costantemente l’attività dell’Agenzia delle entrate-Riscossione, secondo principi di trasparenza e pubblicita’. L’ente subentra, a titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, delle società del Gruppo Equitalia di cui al comma 1 e assume la qualifica di agente della riscossione con i poteri e secondo le disposizioni di
cui al titolo I, capo II, e al titolo II, del decreto del Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. L’ente ha autonomia
organizzativa, patrimoniale, contabile e di gestione. Ne costituiscono organi il presidente, il comitato di gestione e il
collegio dei revisori dei conti.
4. Il comitato di gestione e’ composto dal direttore dell’Agenzia
delle entrate in qualita’ di Presidente dell’ente e da due componenti nominati dall’Agenzia medesima tra i propri dirigenti. Ai componenti del comitato di gestione non spetta alcun compenso, indennita’ o rimborso spese.
5. Lo statuto e’ approvato con decreto del Presidente del Consiglio
dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze. Lo statuto disciplina le funzioni e le competenze degli organi, indica le entrate dell’ente, stabilendo i criteri concernenti la determinazione dei corrispettivi per i servizi prestati a soggetti pubblici o privati, incluse le amministrazioni statali, al fine di garantire l’equilibrio economico-finanziario dell’attivita’. Lo statuto disciplina i casi e le procedure, anche telematiche, di consultazione pubblica sugli atti di rilevanza generale, altresì promuovendo la partecipazione dei soggetti interessati. Il comitato di gestione, su proposta del presidente, delibera le modifiche allo statuto e gli atti di carattere generale che disciplinano l’organizzazione e il funzionamento dell’ente, i bilanci preventivi e consuntivi, i piani aziendali e le spese che impegnano il bilancio dell’ente per importi superiori al limite fissato dallo statuto. Il comitato di gestione delibera altresi’ il piano triennale per la razionalizzazione delle attivita’ di riscossione e gli interventi di incremento dell’efficienza organizzativa ed economica finalizzata alla riduzione delle spese di gestione e di personale. L’ente opera nel rispetto dei principi di legalita’ e imparzialita’, con criteri di efficienza gestionale, economicita’ dell’attivita’ ed efficacia dell’azione, nel perseguimento degli obiettivi stabiliti nell’atto di cui al comma 13, e garantendo la massima trasparenza degli obiettivi stessi, dell’attivita’ svolta e dei risultati conseguiti. Agli atti a carattere generale indicati nell’atto aggiuntivo di cui al comma 13, e al piano triennale per la razionalizzazione delle attivita’ di riscossione si applica l’articolo 60 del decreto legislativo n. 300 del 1999.
6. Salvo quanto previsto dal presente decreto, l’Agenzia delle
entrate-Riscossione e’ sottoposta alle disposizioni del codice civile
e delle altre leggi relative alle persone giuridiche private. Ai fini
dello svolgimento della propria attivita’ e’ autorizzata ad
utilizzare anticipazioni di cassa.
7. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 9 del decreto
legislativo 24 settembre 2015, n. 159. Per l’anno 2017, sono validi i
costi determinati, approvati e pubblicati da Equitalia S.p.A., ai
sensi del citato articolo 9.
8. L’Ente e’ autorizzato ad avvalersi del patrocinio
dell’Avvocatura dello Stato competente per territorio, ai sensi
dell’articolo 43 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611. L’ente
puo’ stare in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti
davanti al tribunale e al giudice di pace, salvo che, ove vengano in
rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici,
l’Avvocatura dello Stato competente per territorio, sentito l’ente,
assuma direttamente la trattazione della causa. Per il patrocinio nei giudizi davanti alle commissioni tributarie continua ad applicarsi l’articolo 11 comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 e successive modificazioni.
9. Tenuto conto della specificita’ delle funzioni proprie della
riscossione fiscale e delle competenze tecniche necessarie al loro
svolgimento, per assicurarle senza soluzione di continuita’, a
decorrere dalla data di cui al comma 1 il personale delle societa’
del Gruppo Equitalia con contratto di lavoro a tempo indeterminato,
in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto,
senza soluzione di continuita’ e con la garanzia della posizione
giuridica ed economica maturata alla data del trasferimento, e’
trasferito all’ente pubblico economico di cui al comma 3, previo
superamento di apposita procedura di selezione e verifica delle
competenze, in coerenza con i principi di trasparenza, pubblicita’ e imparzialità. A tale personale si applica l’articolo 2112, primo e terzo comma, del codice civile.
10. A far data dall’entrata in vigore della legge di conversione
del presente decreto, il personale delle societa’ del Gruppo
Equitalia proveniente da altre amministrazioni pubbliche e’
ricollocato nella posizione economica e giuridica originariamente
posseduta nell’amministrazione pubblica di provenienza la quale,
prima di poter effettuare nuove assunzioni, procede al riassorbimento di detto personale, mediante l’utilizzo delle procedure di mobilita’ di cui all’articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e nel rispetto dei vincoli in materia di finanza pubblica e contenimento delle spese di personale. Il riassorbimento puo’ essere disposto solo nei limiti dei posti vacanti nelle dotazioni organiche
dell’amministrazione interessata e nell’ambito delle facolta’
assunzionali disponibili. Nel caso di indisponibilita’ di posti
vacanti nella dotazione organica dell’amministrazione di provenienza, tale personale puo’ essere ricollocato, previa intesa, ad altra pubblica amministrazione con carenze di organico, anche in deroga alle vigenti disposizioni in materia di mobilita’ e, comunque, nell’ambito delle facolta’ assunzionali delle amministrazioni interessate.
11. Entro la data di cui al comma 1:
a) l’Agenzia delle entrate acquista, al valore nominale, le azioni
di Equitalia S.p.A., detenute, ai sensi dell’articolo 3, comma 2, del
citato decreto-legge n. 203 del 2005, e successive modificazioni,
dall’Istituto nazionale della previdenza sociale; a seguito di tale
acquisto e in proporzione alla partecipazione societaria detenuta
alla data dello stesso acquisto, si trasferisce in capo al
cessionario l’obbligo di versamento delle somme da corrispondere a qualunque titolo, in conseguenza dell’attivita’ di riscossione svolta fino a tale data;
b) le azioni di Equitalia Giustizia S.p.A., detenute da Equitalia
S.p.A., sono cedute a titolo gratuito al Ministero dell’economia e
delle finanze;
c) gli organi societari delle societa’ di cui al comma 1 deliberano
i bilanci finali di chiusura corredati dalle relazioni di legge, che
sono trasmessi per l’approvazione al Ministero dell’economia e delle finanze. Ai componenti degli organi delle societa’ soppresse sono corrisposti compensi, indennita’ ed altri emolumenti solo fino alla data di soppressione. Per gli adempimenti successivi relativi al presente comma, ai predetti componenti spetta esclusivamente, ove dovuto, il rimborso delle spese sostenute nella misura prevista dal rispettivo ordinamento.
12. Le operazioni di cui al comma 11 sono esenti da imposizione
fiscale.
13. Il Ministro dell’economia e delle finanze e il direttore
dell’Agenzia delle entrate, presidente dell’ente, stipulano
annualmente un atto aggiuntivo alla convenzione di cui all’articolo
59 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, per individuare:
a) i servizi dovuti;
b) le risorse disponibili;
c) le strategie per la riscossione dei crediti tributari, con
particolare riferimento alla definizione delle priorita’, mediante un approccio orientato al risultato piuttosto che al processo;
d) gli obiettivi quantitativi da raggiungere in termini di
economicita’ della gestione, soddisfazione dei contribuenti per i
servizi prestati, e ammontare delle entrate erariali riscosse, anche
mediante azioni di prevenzione e contrasto dell’evasione ed elusione fiscale;
e) gli indicatori e le modalita’ di verifica del conseguimento
degli obiettivi di cui alla lettera d);
f) le modalita’ di vigilanza sull’operato dell’ente da parte
dell’agenzia, anche in relazione alla garanzia della trasparenza,
dell’imparzialita’ e della correttezza nell’applicazione delle norme,
con particolare riguardo ai rapporti con i contribuenti;
g) la gestione della funzione della riscossione con modalita’
organizzative flessibili, che tengano conto della necessita’ di
specializzazioni tecnico-professionali, mediante raggruppamenti per tipologia di contribuenti, ovvero sulla base di altri criteri oggettivi preventivamente definiti, e finalizzati ad ottimizzare il risultato economico della medesima riscossione;
h) la tipologia di comunicazioni e informazioni preventive volte ad
evitare aggravi moratori per i contribuenti, ed a migliorarne il
rapporto con l’amministrazione fiscale, in attuazione della legge 27 luglio 2000, n. 212.
14. Costituisce risultato particolarmente negativo della gestione,
ai sensi dell’articolo 69, comma 1, del decreto legislativo n. 300
del 1999, il mancato raggiungimento, da parte dell’ente di cui al
comma 3, degli obiettivi stabiliti nell’atto aggiuntivo di cui al
comma 13, e non attribuibili a fattori eccezionali o comunque non
tempestivamente segnalati al Ministero dell’economia e delle finanze, per consentire l’adozione dei necessari correttivi.
15. Fino alla data di cui all’articolo 1, comma 1, l’attivita’ di
riscossione prosegue nel regime giuridico vigente. In sede di prima applicazione, entro il 30 aprile 2017, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, l’Amministratore delegato di Equitalia S.p.A. è nominato commissario straordinario per l’adozione dello statuto dell’ente di cui al comma 3, secondo le modalita’ di cui al comma 5 e per la vigilanza e la gestione della fase transitoria.
16. I riferimenti contenuti in norme vigenti agli ex concessionari
del servizio nazionale della riscossione e agli agenti della
riscossione di cui all’articolo 3 del decreto-legge 30 settembre
2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, si intendono riferiti, in quanto compatibili, all’agenzia di cui all’articolo 1 comma 3.

Art. 2

Disposizioni in materia di riscossione locale

1. All’articolo 10, comma 2-ter del decreto-legge 8 aprile 2013, n.
35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64,
le parole: «31 dicembre 2016» sono sostituite dalle seguenti: «31
maggio 2017».
2. Con deliberazione adottata entro il 1° giugno 2017, gli enti
locali possono continuare ad avvalersi, per se’ e per le societa’ da
essi partecipate, per l’esercizio delle funzioni relative alla
riscossione di cui al comma 1, del soggetto preposto alla riscossione nazionale.
3. Entro il 30 settembre di ogni anno, gli enti locali possono
deliberare l’affidamento dell’esercizio delle funzioni relative alla
riscossione al soggetto preposto alla riscossione nazionale.

Art. 3

Potenziamento della riscossione

1. A decorrere dal 1° gennaio 2017, l’Agenzia delle entrate puo’
utilizzare le banche dati e le informazioni alle quali e’ autorizzata
ad accedere sulla base di specifiche disposizioni di legge, anche ai
fini dell’esercizio delle funzioni relative alla riscossione
nazionale di cui all’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 30
settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.
2. All’articolo 72-ter del decreto del Presidente della Repubblica
29 settembre 1973, n. 602, dopo il comma 2-bis, e’ inserito il
seguente: «2-ter. Ai medesimi fini previsti dai commi precedenti,
l’Agenzia delle entrate puo’ acquisire le informazioni relative ai
rapporti di lavoro o di impiego, accedendo direttamente, in via
telematica, alle specifiche banche dati dell’Istituto nazionale della
previdenza sociale.
3. L’Agenzia delle entrate-Riscossione e’ autorizzata ad accedere e
utilizzare i dati di cui al presente articolo per i propri compiti di
istituto.

Capo II
Misure urgenti in materia fiscale

Art. 4

Disposizioni recanti misure per il recupero dell’evasione

1. L’articolo 21 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78,
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e’
sostituito dal seguente:
«Art. 21 (Comunicazione dei dati delle fatture emesse e
ricevute). – 1. In riferimento alle operazioni rilevanti ai fini
dell’imposta sul valore aggiunto effettuate, i soggetti passivi
trasmettono telematicamente all’Agenzia delle entrate, entro l’ultimo giorno del secondo mese successivo ad ogni trimestre, i dati di tutte le fatture emesse nel trimestre di riferimento, e di quelle ricevute
e registrate ai sensi dell’articolo 25 del decreto del Presidente
della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ivi comprese le bollette
doganali, nonche’ i dati delle relative variazioni. La comunicazione relativa all’ultimo trimestre e’ effettuata entro l’ultimo giorno del
mese di febbraio.
2. I dati, inviati in forma analitica secondo modalita’ stabilite
con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate,
comprendono almeno:
a) i dati identificativi dei soggetti coinvolti nelle operazioni;
b) la data ed il numero della fattura;
c) la base imponibile;
d) l’aliquota applicata;
e) l’imposta;
f) la tipologia dell’operazione.
3. Per le operazioni di cui al comma 1, gli obblighi di
conservazione previsti dall’articolo 3 del decreto del Ministro
dell’economia e delle finanze del 17 giugno 2014 si intendono
soddisfatti per tutte le fatture elettroniche nonche’ per tutti i
documenti informatici trasmessi attraverso il sistema di interscambio
di cui all’articolo 1, comma 211, della legge 24 dicembre 2007, n.
244, e memorizzati dall’Agenzia delle entrate. Tempi e modalita’ di applicazione della presente disposizione, anche in relazione agli
obblighi contenuti nell’articolo 5 del decreto 17 giugno 2014, sono
stabiliti con apposito provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate.».
2. Dopo l’articolo 21 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78,
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122,
sono aggiunti i seguenti:
«Art. 21-bis (Comunicazioni dei dati delle liquidazioni
periodiche I.V.A.). – 1. I soggetti passivi trasmettono, negli stessi
termini e con le medesime modalita’ di cui all’articolo 21, una
comunicazione dei dati contabili riepilogativi delle liquidazioni
periodiche dell’imposta effettuate ai sensi dell’articolo 1, commi 1
e 1-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 100, nonche’ degli articoli 73, primo comma, lettera e), e 74, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. Restano fermi gli ordinari termini di versamento dell’imposta dovuta in base alle liquidazioni periodiche effettuate.
2. Con il provvedimento di cui all’articolo 21, comma 2, sono
stabilite le modalita’ e le informazioni da trasmettere con la
comunicazione di cui al comma 1.
3. La comunicazione e’ presentata anche nell’ipotesi di
liquidazione con eccedenza a credito. Sono esonerati dalla
presentazione della comunicazione i soggetti passivi non obbligati
alla presentazione della dichiarazione annuale I.V.A. o
all’effettuazione delle liquidazioni periodiche, sempre che, nel
corso dell’anno, non vengano meno le predette condizioni di esonero.
4. In caso di determinazione separata dell’imposta in presenza di
piu’ attivita’, i soggetti passivi presentano una sola comunicazione
riepilogativa per ciascun periodo.
5. L’Agenzia delle entrate mette a disposizione del contribuente,
ovvero del suo intermediario, secondo le modalita’ previste
dall’articolo 1, commi 634 e 635 della legge 23 dicembre 2014, n.
190, gli esiti derivanti dall’esame dei dati di cui all’articolo 21,
la coerenza tra i dati medesimi e le comunicazioni di cui al comma 1 nonché la coerenza dei versamenti dell’imposta rispetto a quanto
indicato nella comunicazione medesima. Quando dai controlli eseguiti emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella comunicazione, il contribuente e’ informato dell’esito con modalità previste con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate.
Il contribuente puo’ fornire i chiarimenti necessari, o segnalare
eventuali dati ed elementi non considerati o valutati erroneamente, ovvero versare quanto dovuto avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. Si applica l’articolo 54-bis, comma 2 bis, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, indipendentemente dalle condizioni ivi previste.
Art. 21-ter (Credito d’imposta). – 1. Ai soggetti in attivita’
nel 2017, in riferimento agli obblighi di cui agli articoli 21 e
21-bis, e’ attribuito una sola volta, per il relativo adeguamento
tecnologico, un credito d’imposta pari a € 100. Il credito spetta ai
soggetti che, nell’anno precedente a quello in cui il costo per
l’adeguamento tecnologico e’ stato sostenuto, hanno realizzato un
volume d’affari non superiore a € 50.000.
2. Il credito non concorre alla formazione del reddito ai fini
delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini
dell’imposta regionale sulle attivita’ produttive, e’ utilizzabile
esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, a decorrere dal 1° gennaio 2018, e deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui e’ stato sostenuto il costo per l’adeguamento tecnologico e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d’imposta successivi fino a quello nel quale se ne conclude l’utilizzo.
3. Ai soggetti che inviano i dati delle fatture secondo le
modalita’ di cui all’articolo 21, nonche’, sussistendone i
presupposti, hanno esercitato l’opzione di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, e’ attribuito, unitamente al credito di cui al comma 1, un ulteriore credito d’imposta di € 50,00. Il credito non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell’imposta regionale sulle attivita’ produttive, e’ indicato in dichiarazione ed utilizzato secondo le modalità’ stabilite nel comma 2.».
3. All’articolo 11 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n.
471, dopo il comma 2 sono aggiunti i seguenti:
«2-bis. Per l’omessa o errata trasmissione dei dati di ogni
fattura, prevista dall’articolo 21, del decreto-legge 31 maggio 2010,
n. 78, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, si applica la sanzione di € 25, con un massimo di € 25.000. Non si applica l’articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.
2-ter. L’omessa, incompleta o infedele comunicazione di cui
all’articolo 21-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78,
convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1,
della legge 30 luglio 2010, n. 122, e’ punita con una sanzione da €
5.000 a € 50.000».
4. Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 3 si applicano a
decorrere dal 1° gennaio 2017. Dalla stessa data:
a) la comunicazione dei dati relativi ai contratti stipulati dalle
societa’ di leasing, e dagli operatori commerciali che svolgono
attivita’ di locazione e di noleggio, ai sensi dell’articolo 7,
dodicesimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, e’ soppressa;
b) limitatamente agli acquisti intracomunitari di beni e alle
prestazioni di servizi ricevute da soggetti stabiliti in un altro
Stato membro dell’Unione europea, le comunicazioni di cui
all’articolo 50, comma 6, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331,
convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427,
sono soppresse;
c) all’articolo 8, comma 1, del decreto del Presidente della
Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, le parole: «nel mese di
febbraio,», sono sostituite dalle seguenti: «per l’imposta sul valore
aggiunto dovuta per il 2016, nel mese di febbraio, e per l’imposta
sul valore aggiunto dovuta a decorrere dal 2017, tra il 1° febbraio e
il 30 aprile»;
d) all’articolo 1 del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40,
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73,
sono apportate le seguenti modificazioni:
1) sono abrogati i commi da 1 a 3;
2) al comma 5, le parole: «ai commi da 1 a 4» sono sostituite dalle
seguenti: «al comma 4».
5. Le disposizioni di cui al comma 4, lettera d), si applicano alle
comunicazioni relative al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2017 e successivi.
6. Al decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, sono apportate le
seguenti modifiche:
a) all’articolo 2, il comma 2 e’ sostituito dal seguente:
«2. A decorrere dal 1° aprile 2017, la memorizzazione
elettronica e la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi
di cui al comma 1 sono obbligatorie per i soggetti passivi che
effettuano cessioni di beni o prestazioni di servizi tramite
distributori automatici. Al fine dell’assolvimento dell’obbligo di
cui al precedente periodo, nel provvedimento del direttore
dell’Agenzia delle entrate di cui al comma 4, sono indicate soluzioni che consentano di non incidere sull’attuale funzionamento degli apparecchi distributori e garantiscano, nel rispetto dei normali tempi di obsolescenza e rinnovo degli stessi, la sicurezza e l’inalterabilita’ dei dati dei corrispettivi acquisiti dagli operatori. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate possono essere stabiliti termini differiti, rispetto al 1° aprile 2017, di entrata in vigore dell’obbligo di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi, in relazione alle specifiche variabili tecniche di peculiari distributori automatici.»;
b) all’articolo 7, comma 1, dopo il primo periodo, e’ aggiunto il
seguente: «Per le imprese che operano nel settore della grande
distribuzione l’opzione di cui all’articolo 1, commi da 429 a 432,
della legge 30 dicembre 2004, n. 311, gia’ esercitata entro il 31
dicembre 2016, resta valida fino al 31 dicembre 2017.».
7. All’articolo 50-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331,
convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427,
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 4:
1) la lettera c) e’ sostituita dalla seguente:
«c) le cessioni di beni eseguite mediante introduzione in un
deposito I.V.A.»;
2) la lettera d) e’ abrogata;
b) il comma 6 e’ sostituito con il seguente:
«6. L’estrazione dei beni da un deposito I.V.A. ai fini della
loro utilizzazione o in esecuzione di atti di commercializzazione
nello Stato puo’ essere effettuata solo da soggetti passivi d’imposta
agli effetti dell’I.V.A. e comporta il pagamento dell’imposta; la
base imponibile e’ costituita dal corrispettivo o valore relativo
all’operazione non assoggettata all’imposta per effetto
dell’introduzione ovvero, qualora successivamente i beni abbiano
formato oggetto di una o piu’ cessioni, dal corrispettivo o valore
relativo all’ultima di tali cessioni, in ogni caso aumentato, se non
gia’ compreso, dell’importo relativo alle eventuali prestazioni di
servizi delle quali i beni stessi abbiano formato oggetto durante la
giacenza fino al momento dell’estrazione. L’imposta e’ dovuta dal
soggetto che procede all’estrazione ed e’ versata in nome e per conto di tale soggetto dal gestore del deposito, che e’ solidalmente
responsabile dell’imposta stessa. Il versamento e’ eseguito ai sensi
dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241,
esclusa la compensazione ivi prevista, entro il termine di cui
all’articolo 18 del medesimo decreto del mese successivo alla data di estrazione. Il soggetto che procede all’estrazione annota nel
registro di cui all’articolo 25 del decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, una fattura emessa ai sensi
dell’articolo 17, comma 2, del medesimo decreto, e i dati della
ricevuta del versamento suddetto. E’ effettuata senza pagamento
dell’imposta l’estrazione da parte di soggetti che si avvalgono della
facolta’ di cui alla lettera c) del primo comma e al secondo comma
dell’articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 26
ottobre 1972, n. 633; in tal caso, la dichiarazione di cui
all’articolo 1, primo comma, lettera c), del decreto-legge 29
dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, deve essere trasmessa telematicamente
all’Agenzia delle entrate, che rilascia apposita ricevuta telematica.
Per il mancato versamento dell’imposta dovuta ai sensi dei precedenti periodi, si applica la sanzione di cui all’articolo 13 del decreto
legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, al cui pagamento e’ tenuto
solidalmente anche il gestore del deposito; tuttavia, nel caso in cui
l’estrazione sia stata effettuata senza pagamento dell’imposta da un soggetto che abbia presentato la dichiarazione di cui all’articolo 1,
primo comma, lettera c), del predetto decreto n. 746 del 1983 in
mancanza dei presupposti richiesti dalla legge, trova applicazione la sanzione di cui all’articolo 7, comma 4, del predetto decreto n. 471 e al pagamento dell’imposta e di tale sanzione e’ tenuto
esclusivamente il soggetto che procede all’estrazione. Per i beni
introdotti in un deposito I.V.A. in forza di un acquisto
intracomunitario, il soggetto che procede all’estrazione assolve
l’imposta provvedendo alla integrazione della relativa fattura, con
la indicazione dei servizi eventualmente resi e dell’imposta, ed alla
annotazione della variazione in aumento nel registro di cui
all’articolo 23 del citato decreto del Presidente della Repubblica n.
633 del 1972 entro quindici giorni dall’estrazione e con riferimento alla relativa data; la variazione deve, altresi’, essere annotata nel registro di cui all’articolo 25 del medesimo decreto entro il mese successivo a quello dell’estrazione. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, di concerto con il direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, sono stabilite le modalita’ di attuazione delle presenti disposizioni. Fino all’integrazione delle pertinenti informazioni residenti nelle banche dati delle Agenzie fiscali, il soggetto che procede all’estrazione dei beni introdotti in un deposito I.V.A. comunica al gestore del deposito i dati relativi alla liquidazione dell’imposta di cui al presente comma; ai fini dello svincolo della garanzia, di cui al comma 4, lettera b), il gestore del deposito I.V.A. comunica all’Ufficio doganale di importazione i dati relativi all’estrazione dal deposito I.V.A.; le modalita’ di integrazione telematica, ivi inclusa la comunicazione di cui al comma 4, lettera c), sono stabilite con determinazione del direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, di concerto con il direttore dell’Agenzia delle entrate.».
c) al comma 8 e’ aggiunto il seguente periodo: «E’ valutata ai
fini della revoca dell’autorizzazione la violazione da parte del
gestore del deposito I.V.A. degli obblighi di cui al comma 6 del
presente articolo.»;
8. Le disposizioni di cui al comma 7 si applica a decorrere dal 1°
aprile 2017.

Art. 5

Dichiarazione integrativa a favore

1. Al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n.
322, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nell’articolo 2, i commi 8 e 8-bis, sono sostituiti dai
seguenti:
«8. Salva l’applicazione delle sanzioni e ferma restando
l’applicazione dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre
1997, n. 472, e successive modificazioni, le dichiarazioni dei
redditi, dell’imposta regionale sulle attivita’ produttive e dei
sostituti d’imposta possono essere integrate per correggere errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato l’indicazione di un maggiore o di un minore reddito o, comunque, di un maggiore o di un minore debito d’imposta ovvero di un maggiore o di un minore
credito, mediante successiva dichiarazione da presentare, secondo le disposizioni di cui all’articolo 3, utilizzando modelli conformi a
quelli approvati per il periodo d’imposta cui si riferisce la
dichiarazione, non oltre i termini stabiliti dall’articolo 43 del
decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni.
8-bis. L’eventuale credito derivante dal minor debito o dal
maggiore credito risultante dalle dichiarazioni di cui al comma 8
puo’ essere utilizzato in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del
decreto legislativo n. 241 del 1997. Nel caso in cui la dichiarazione
oggetto di integrazione a favore sia presentata oltre il termine
prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al
periodo di imposta successivo, il credito di cui al periodo
precedente puo’ essere utilizzato in compensazione, ai sensi
dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, per
eseguire il versamento di debiti maturati a partire dal periodo
d’imposta successivo a quello in cui e’ stata presentata la
dichiarazione integrativa. Nella dichiarazione relativa al periodo
d’imposta in cui e’ presentata la dichiarazione integrativa e’
indicato il credito derivante dal minor debito o dal maggiore credito
risultante dalla dichiarazione integrativa nonche’ l’ammontare
eventualmente gia’ utilizzato in compensazione.»;
b) nell’articolo 8:
1) nel comma 6, le parole «all’articolo 2, commi 7, 8, 8-bis e 9»
sono sostituite dalle parole «all’articolo 2, commi 7 e 9»;
2) sono aggiunti i seguenti commi:
«6-bis. Salva l’applicazione delle sanzioni e ferma restando
l’applicazione dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre
1997, n. 472, e successive modificazioni, le dichiarazioni
dell’imposta sul valore aggiunto possono essere integrate per
correggere errori od omissioni, compresi quelli che abbiano
determinato l’indicazione di un maggiore o di un minore imponibile o, comunque, di un maggiore o di un minore debito d’imposta ovvero di una maggiore o di una minore eccedenza detraibile mediante successiva dichiarazione da presentare, secondo le disposizioni di cui
all’articolo 3, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per
il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione, non oltre i
termini stabiliti dall’articolo 57 del decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni.
6-ter. L’eventuale credito derivante dal minore debito o dalla
maggiore eccedenza detraibile risultante dalle dichiarazioni di cui
al comma precedente presentate entro il termine prescritto per la
presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta
successivo puo’ essere portato in detrazione in sede di liquidazione periodica o di dichiarazione annuale, ovvero utilizzato in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, ovvero, sempreche’ ricorrano per l’anno per cui è presentata la dichiarazione integrativa i requisiti di cui all’articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, chiesto a rimborso.
2. All’articolo 1, comma 640, della legge 23 dicembre 2014, n. 190,
son apportate le seguenti modificazioni:
a) nell’alinea le parole: «degli articoli 2, comma 8» sono
sostituite dalle parole: «degli articoli 2, comma 8, e 8, comma
6-bis»;
b) nella lettera b) le parole: «agli elementi» sono sostituite
dalle parole: «ai soli elementi».

Art. 6

Definizione agevolata

1. Relativamente ai carichi inclusi in ruoli, affidati agli agenti
della riscossione negli anni dal 2000 al 2015, i debitori possono
estinguere il debito senza corrispondere le sanzioni incluse in tali
carichi, gli interessi di mora di cui all’articolo 30, comma 1, del
decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, ovvero le sanzioni e le somme aggiuntive di cui all’articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, provvedendo al pagamento integrale, anche dilazionato, entro il limite massimo di quattro rate, sulle quali sono dovuti gli interessi nella misura di cui all’articolo 21, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973:
a) delle somme affidate all’agente della riscossione a titolo di
capitale e interessi;
b) di quelle maturate a favore dell’agente della riscossione, ai
sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n.
112, a titolo di aggio sulle somme di cui alla lettera a) e di
rimborso delle spese per le procedure esecutive, nonche’ di rimborso
delle spese di notifica della cartella di pagamento.
2. Ai fini della definizione di cui al comma 1, il debitore
manifesta all’agente della riscossione la sua volonta’ di
avvalersene, rendendo, entro il novantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto, apposita
dichiarazione, con le modalita’ e in conformita’ alla modulistica che lo stesso agente della riscossione pubblica sul proprio sito internet nel termine massimo di quindici giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto; in tale dichiarazione il debitore indica altresì il numero di rate nel quale intende effettuare il pagamento, entro il limite massimo previsto dal comma 1, nonche’ la pendenza di giudizi aventi ad oggetto i carichi cui si riferisce la dichiarazione, e assume l’impegno a rinunciare agli stessi giudizi.
3. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto, l’agente della riscossione comunica ai debitori che hanno presentato la dichiarazione di cui al comma 2 l’ammontare complessivo delle somme dovute ai fini della definizione, nonché quello delle singole rate, e il giorno e il mese di scadenza di ciascuna di esse; in ogni caso, la prime due rate sono ciascuna pari ad un terzo e la terza e la quarta ciascuna pari ad un sesto delle somme dovute, la scadenza della terza rata non puo’ superare il 15 dicembre 2017 e la scadenza della quarta rata non puo’ superare il 15 marzo 2018.
4. In caso di mancato ovvero di insufficiente o tardivo versamento
dell’unica rata ovvero di una rata di quelle in cui e’ stato
dilazionato il pagamento delle somme di cui al comma 1, lettere a) e b), la definizione non produce effetti e riprendono a decorrere i
termini di prescrizione e decadenza per il recupero dei carichi
oggetto della dichiarazione di cui al comma 2. In tal caso, i
versamenti effettuati sono acquisiti a titolo di acconto dell’importo complessivamente dovuto a seguito dell’affidamento del carico e non determinano l’estinzione del debito residuo, di cui l’agente della riscossione prosegue l’attivita’ di recupero e il cui pagamento non puo’ essere rateizzato ai sensi dell’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.
5. A seguito della presentazione della dichiarazione di cui al
comma 2, sono sospesi i termini di prescrizione e decadenza per il
recupero dei carichi che sono oggetto di tale dichiarazione. L’agente della riscossione, relativamente ai carichi definibili ai sensi del presente articolo, non puo’ avviare nuove azioni esecutive ovvero iscrivere nuovi fermi amministrativi e ipoteche, fatti salvi i fermi amministrativi e le ipoteche gia’ iscritti alla data di presentazione della dichiarazione, e non puo’ altresi’ proseguire le procedure di recupero coattivo precedentemente avviate, a condizione che non si sia ancora tenuto il primo incanto con esito positivo ovvero non sia stata presentata istanza di assegnazione ovvero non sia stato gia’ emesso provvedimento di assegnazione dei crediti pignorati.
6. Ai pagamenti dilazionati previsti dal presente articolo non si
applicano le disposizioni dell’articolo 19 del decreto del Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.
7. Il pagamento delle somme dovute per la definizione puo’ essere
effettuato:
a) mediante domiciliazione sul conto corrente eventualmente
indicato dal debitore nella dichiarazione resa ai sensi del comma 2;
b) mediante bollettini precompilati, che l’agente della riscossione
e’ tenuto ad allegare alla comunicazione di cui al comma 3, se il
debitore non ha richiesto di eseguire il versamento con le modalità previste dalla lettera a) del presente comma;
c) presso gli sportelli dell’agente della riscossione.
8. La facolta’ di definizione prevista dal comma 1 puo’ essere
esercitata anche dai debitori che hanno gia’ pagato parzialmente,
anche a seguito di provvedimenti di dilazione emessi dall’agente
della riscossione, le somme dovute relativamente ai carichi indicati al comma 1 e purche’, rispetto ai piani rateali in essere, risultino adempiuti tutti i versamenti con scadenza dal l° ottobre al 31 dicembre 2016. In tal caso:
a) ai fini della determinazione dell’ammontare delle somme da
versare ai sensi del comma 1, lettere a) e b), si tiene conto
esclusivamente degli importi gia’ versati a titolo di capitale e
interessi inclusi nei carichi affidati, nonche’, ai sensi
dell’articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, di
aggio e di rimborso delle spese per le procedure esecutive e delle
spese di notifica della cartella di pagamento;
b) restano definitivamente acquisite e non sono rimborsabili le
somme versate, anche anteriormente alla definizione, a titolo di
sanzioni incluse nei carichi affidati, di interessi di dilazione, di
interessi di mora di cui all’articolo 30, comma 1, del decreto del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e di sanzioni e somme aggiuntive di cui all’articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46;
c) il pagamento della prima o unica rata delle somme dovute ai fini della definizione determina, limitatamente ai carichi definibili, la revoca automatica dell’eventuale dilazione ancora in essere precedentemente accordata dall’agente della riscossione.
9. Il debitore, se per effetto dei pagamenti parziali di cui al
comma 8, computati con le modalita’ ivi indicate, ha gia’
integralmente corrisposto quanto dovuto ai sensi del comma 1, per beneficiare degli effetti della definizione deve comunque manifestare la sua volonta’ di aderirvi con le modalita’ previste dal comma 2.
10. Sono esclusi dalla definizione di cui al comma 1 i carichi
affidati agli agenti della riscossione recanti:
a) le risorse proprie tradizionali previste dall’articolo 2,
paragrafo 1, lettere a) e b), della decisione 94/728/CE, Euratom del Consiglio, del 31 ottobre 1994, come riformato dalla decisione
2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, e l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione;
b) le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi
dell’articolo 14 del regolamento CE n. 659/1999;
c) i crediti derivanti da pronunce di condanna della Corte dei
conti;
d) le multe, le ammende e le sanzioni pecuniarie dovute a seguito
di provvedimenti e sentenze penali di condanna;
e) le sanzioni amministrative per violazioni al Codice della
strada.
11. Per le sanzioni di cui alla lettera e), del comma 10, le
disposizioni del presente articolo si applicano limitatamente agli
interessi, compresi quelli di cui all’articolo 27, sesto comma, della
legge 24 novembre 1981, n. 689.
12. A seguito del pagamento delle somme di cui al comma 1, l’agente della riscossione e’ automaticamente discaricato dell’importo residuo. Al fine di consentire agli enti creditori di eliminare dalle proprie scritture patrimoniali i crediti corrispondenti alle quote discaricate, lo stesso agente della riscossione trasmette, anche in via telematica, a ciascun ente interessato, entro il 31 dicembre 2018, l’elenco dei debitori che hanno esercitato la facolta’ di definizione e dei codici tributo per i quali e’ stato effettuato il versamento.
13. Alle somme occorrenti per aderire alla definizione di cui al
comma 1, che sono oggetto di procedura concorsuale, si applica la
disciplina dei crediti prededucibili di cui agli articoli 111 e
111-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.

Art. 7

Riapertura dei termini della procedura di collaborazione volontaria e
norme collegate

1. Dopo l’articolo 5-septies del decreto-legge 28 giugno 1990, n.
167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n.
227, e’ aggiunto il seguente articolo:
«Art. 5-octies (Riapertura dei termini della collaborazione
volontaria). – 1. Dalla data di entrata in vigore del presente
articolo sino al 31 luglio 2017 e’ possibile avvalersi della
procedura di collaborazione volontaria di cui agli articoli da
5-quater a 5-septies a condizione che il soggetto che presenta
l’istanza non l’abbia gia’ presentata in precedenza, anche per
interposta persona, e ferme restando le cause ostative previste
dall’articolo 5-quater, comma 2. L’integrazione dell’istanza, i
documenti e le informazioni di cui all’articolo 5-quater, comma 1,
lettera a), possono essere presentati entro il 30 settembre 2017.
Alle istanze presentate secondo le modalita’ stabilite con
provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, si applicano gli articoli da 5-quater a 5-septies del presente decreto, l’articolo 1, commi da 2 a 5 della legge 15 dicembre 2014, n. 186, e successive modificazioni, e l’articolo 2, comma 2, lettere b) e b-bis) del decreto-legge 30 settembre 2015, n. 153, convertito, con
modificazioni, dalla legge 20 novembre 2015, n. 187, in quanto
compatibili e con le seguenti modificazioni:
a) le violazioni sanabili sono quelle commesse fino al 30 settembre 2016;
b) anche in deroga all’articolo 3, comma 1, della legge 27 luglio
2000, n. 212, e successive modificazioni, i termini di cui
all’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, all’articolo 57
del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, e all’articolo 20, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni, scadenti a decorrere dal 1° gennaio 2015 sono fissati al 31 dicembre 2018 per le sole attivita’ oggetto di collaborazione volontaria ai sensi del presente articolo, limitatamente agli imponibili, alle imposte, alle ritenute, ai contributi, alle sanzioni e agli interessi relativi alla procedura di collaborazione volontaria e per tutte le annualita’ e le violazioni oggetto della procedura stessa e al 30 giugno 2017 per le istanze presentate per la prima volta ai sensi dell’articolo 5-quater, comma 5; non si applica l’ultimo periodo del comma 5 del predetto articolo 5-quater;
c) per le sole attivita’ oggetto di collaborazione volontaria ai
sensi del presente articolo, gli interessati sono esonerati dalla
presentazione delle dichiarazioni di cui all’articolo 4 del presente
decreto per il 2016 e per la frazione del periodo d’imposta
antecedente la data di presentazione dell’istanza, nonche’, per
quelle suscettibili di generare redditi soggetti a ritenuta alla
fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva delle imposte sui
redditi, e per i redditi derivanti dall’investimento in azioni o
quote di fondi comuni di investimento non conformi alla direttiva
2009/65/CE, per i quali e’ versata l’IRPEF con l’aliquota massima
oltre alla addizionale regionale e comunale, dalla indicazione dei
redditi nella relativa dichiarazione, a condizione che le stesse
informazioni siano analiticamente illustrate nella relazione di
accompagnamento; in tal caso provvedono spontaneamente al versamento in unica soluzione, entro il 30 settembre 2017, di quanto dovuto a titolo di imposte, interessi e, ove applicabili, sanzioni ridotte corrispondenti alle misure stabilite dall’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni, per il 2016 e per la frazione del periodo d’imposta antecedente la data di presentazione dell’istanza;
d) limitatamente alle attivita’ oggetto di collaborazione
volontaria di cui al presente articolo, le condotte previste
dall’articolo 648-ter.1 del codice penale non sono punibili se
commesse in relazione ai delitti previsti dal presente decreto
all’articolo 5-quinquies, comma 1, lettera a), sino alla data del
versamento della prima o unica rata, secondo quanto previsto alle
lettere e) e f);
e) gli autori delle violazioni possono provvedere spontaneamente al versamento in unica soluzione di quanto dovuto a titolo di imposte, ritenute, contributi, interessi e sanzioni in base all’istanza, entro il 30 settembre 2017, senza avvalersi della compensazione prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e
successive modificazioni; il versamento puo’ essere ripartito in tre
rate mensili di pari importo ed in tal caso il pagamento della prima rata deve essere effettuato entro il 30 settembre 2017. Il versamento delle somme dovute nei termini e con le modalita’ di cui al periodo precedente comporta i medesimi effetti degli articoli 5-quater e
5-quinquies del presente decreto anche per l’ammontare delle sanzioni da versare per le violazioni dell’obbligo di dichiarazione di cui all’articolo 4, comma 1 e per le violazioni in materia di imposte sui redditi e relative addizionali, imposte sostitutive, imposta regionale sulle attivita’ produttive, imposta sul valore degli immobili all’estero, imposta sul valore delle attivita’ finanziarie all’estero e imposta sul valore aggiunto, anche in deroga all’articolo 3 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. Ai fini della determinazione delle sanzioni dovute, si applicano le disposizioni dell’articolo 12, commi 1 e 5, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, per le violazioni di cui all’articolo 4, comma 1, del presente decreto e le disposizioni dell’articolo 12, comma 8, del medesimo decreto legislativo, per le violazioni in materia di imposte, nonche’ le riduzioni delle misure sanzionatorie previste dall’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 19
giugno 1997, n. 218, nel testo vigente alla data del 30 dicembre
2014, e dall’articolo 16, comma 3, del decreto legislativo n. 472 del
1997. Gli effetti di cui all’articolo 5-quater e 5-quinquies del
presente decreto decorrono dal momento del versamento di quanto dovuto in unica soluzione o della terza rata; in tali casi l’Agenzia delle entrate comunica l’avvenuto perfezionamento della procedura di collaborazione volontaria con le modalita’ di notifica tramite posta elettronica certificata previste nell’articolo 1, comma 133, della legge 28 dicembre 2015, n. 208;
f) se gli autori delle violazioni non provvedono spontaneamente al
versamento delle somme dovute entro il termine di cui alla lettera e) o qualora il versamento delle somme dovute risulti insufficiente,
l’Agenzia, ai soli fini della procedura di collaborazione volontaria
di cui al presente articolo e limitatamente agli imponibili, alle
imposte, alle ritenute, ai contributi, alle sanzioni e agli interessi
relativi alla procedura e per tutte le annualita’ e le violazioni
oggetto della stessa, puo’ applicare, fino al 31 dicembre 2018, le
disposizioni di cui all’articolo 5, commi da 1-bis a 1-quinquies del
decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, nel testo vigente alla
data del 30 dicembre 2014 e l’autore della violazione puo’ versare le somme dovute in base all’invito di cui all’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, e successive modificazioni, entro il quindicesimo giorno antecedente la data
fissata per la comparizione, secondo le ulteriori modalita’ indicate
nel comma 1-bis del medesimo articolo per l’adesione ai contenuti
dell’invito, ovvero le somme dovute in base all’accertamento con
adesione entro venti giorni dalla redazione dell’atto, oltre alle
somme dovute in base all’atto di contestazione o al provvedimento di irrogazione delle sanzioni per la violazione degli obblighi di
dichiarazione di cui all’articolo 4, comma 1, del presente decreto
entro il termine per la proposizione del ricorso, ai sensi
dell’articolo 16 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e
successive modificazioni, senza avvalersi della compensazione
prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni. Il mancato pagamento di una delle rate comporta il venir meno degli effetti della procedura. Ai soli fini della procedura di collaborazione volontaria di cui al presente articolo, per tutti gli atti che per legge devono essere notificati al contribuente si applicano, in deroga ad ogni altra disposizione di legge, le modalita’ di notifica tramite posta elettronica certificata previste nell’articolo 1, comma 133, della legge 28 dicembre 2015, n. 208. Con esclusivo riguardo alla notifica tramite posta elettronica certificata effettuata ai sensi del periodo precedente, e’ esclusa la ripetizione delle spese di notifica prevista dall’articolo 4, comma 3, della legge 10 maggio 1976, n. 249;
g) nelle ipotesi di cui alla lettera e) del presente comma:
1) se gli autori delle violazioni non provvedono spontaneamente al
versamento delle somme dovute entro il termine del 30 settembre 2017,
in deroga all’articolo 5-quinquies, comma 4, le sanzioni di cui
all’articolo 5, comma 2, sono determinate in misura pari al 60 per
cento del minimo edittale qualora ricorrano le ipotesi previste dalle lettere a), b) o c) dello stesso comma e sono determinate in misura pari all’85 per cento del minimo edittale negli altri casi; la
medesima misura dell’85 per cento del minimo edittale si applica
anche alle violazioni in materia di imposte sui redditi e relative
addizionali, di imposte sostitutive, di imposta regionale sulle
attivita’ produttive, di imposta sul valore degli immobili
all’estero, di imposta sul valore delle attivita’ finanziarie
all’estero, di imposta sul valore aggiunto e di ritenute;
2) se gli autori delle violazioni provvedono spontaneamente al
versamento delle somme dovute in misura insufficiente: 1.1) per una frazione superiore al 10 per cento delle somme da versare se tali somme sono afferenti ai soli redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e alle sanzioni, incluse quelle sulle attivita’ suscettibili di
generare tali redditi o 1.2) per una frazione superiore al 30 per
cento delle somme da versare negli altri casi, fermo restando il
versamento effettuato, l’Agenzia, secondo le procedure previste dalla lettera f) del presente comma, provvede al recupero delle somme ancora dovute, calcolate ai sensi del punto 1) della presente lettera, maggiorando le somme da versare del 10 per cento;
3) se gli autori delle violazioni provvedono spontaneamente al
versamento delle somme dovute in misura insufficiente: 1.1) per una frazione inferiore o uguale al 10 per cento delle somme da versare se tali somme sono afferenti ai soli redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e alle sanzioni, incluse quelle sulle attivita’ suscettibili di generare tali redditi o 1.2) per una frazione inferiore o uguale al 30 per cento delle somme da versare negli altri casi, fermo restando il versamento effettuato, l’Agenzia, secondo le procedure previste dalla lettera f) del presente comma, provvede al recupero delle somme ancora dovute, calcolate ai sensi del punto 1) della presente lettera, maggiorando le somme da versare del 3 per cento;
4) se gli autori delle violazioni provvedono spontaneamente al
versamento delle somme dovute in misura superiore alle somme da versare, l’eccedenza puo’ essere richiesta a rimborso o utilizzata in compensazione;
h) la misura della sanzione minima fissata dall’articolo
5-quinquies, comma 7, prevista per le violazioni dell’obbligo di
dichiarazione di cui all’articolo 4, comma 1, indicata nell’articolo
5, comma 2, secondo periodo, nei casi di detenzione di investimenti
all’estero ovvero di attivita’ estere di natura finanziaria negli
Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del
Ministro dell’economia e delle finanze 4 maggio 1999, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1999, e al decreto del
Ministro dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 273 del 23 novembre 2001, opera altresì se e’ entrato in vigore prima del presente articolo un accordo che consente un effettivo scambio di informazioni ai sensi dell’articolo 26 del modello di convenzione contro le doppie imposizioni predisposto dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), ovvero se e’ entrato in vigore prima del presente articolo un accordo conforme al modello di accordo per lo scambio di informazioni elaborato nel 2002 dall’OCSE e denominato Tax Information Exchange Agreement (TIEA);
i) chiunque fraudolentemente si avvale della procedura di cui agli
articoli da 5-quater a 5-septies del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227 al fine di far emergere attivita’ finanziarie e patrimoniali, contanti provenienti da reati diversi da quelli di cui all’articolo
5-quinquies, comma 1, lettera a) del medesimo decreto-legge e’ punito con la medesima sanzione prevista per il reato di cui all’articolo 5-septies del medesimo decreto-legge. Resta ferma l’applicabilità degli articoli 648-bis, 648-ter, 648-ter.1 del codice penale e dell’articolo 12-quinquies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni.
2. Al ricorrere della condizione di cui al comma 1, lettera h), non
si applica il raddoppio delle sanzioni di cui all’articolo 12, comma
2, secondo periodo, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78,
convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 e,
se ricorrono congiuntamente anche le condizioni previste
dall’articolo 5-quinquies, commi 4 e 5, del presente decreto, non
opera il raddoppio dei termini di cui all’articolo 12, commi 2-bis e
2-ter, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con
modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102.
3. Possono avvalersi della procedura di collaborazione volontaria
prevista dalle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 per sanare le
violazioni degli obblighi di dichiarazione ai fini delle imposte sui
redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive delle
imposte sui redditi, dell’imposta regionale sulle attivita’
produttive e dell’imposta sul valore aggiunto, nonche’ le violazioni
relative alla dichiarazione dei sostituti d’imposta, commesse sino al 30 settembre 2016, anche contribuenti diversi da quelli indicati
nell’articolo 4, comma 1, del presente decreto e i contribuenti
destinatari degli obblighi dichiarativi ivi previsti che vi abbiano
adempiuto correttamente. Si applicano le disposizioni di cui
all’articolo 1, commi da 2 a 5, della citata legge n. 186 del 2014,
come modificata dal presente articolo. Se la collaborazione
volontaria ha ad oggetto contanti o valori al portatore i
contribuenti:
a) rilasciano unitamente alla presentazione dell’istanza una
dichiarazione in cui attestano che l’origine di tali valori non
deriva da condotte costituenti reati diversi da quelli previsti
dall’articolo 5-quinquies, comma 1, lettere a) e b), del
decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227;
b) provvedono, entro la data di presentazione della relazione e dei
documenti allegati, all’apertura e all’inventario in presenza di un
notaio, che ne accerti il contenuto all’interno di un apposito
verbale, di eventuali cassette di sicurezza presso le quali i valori
oggetto di collaborazione volontaria sono custoditi;
c) provvedono entro la data di presentazione della relazione e dei
documenti allegati al versamento dei contanti e al deposito valori al portatore presso intermediari finanziari, a cio’ abilitati, su una
relazione vincolata fino alla conclusione della procedura. Per i
professionisti e intermediari che assistono i contribuenti
nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria, restano
fermi gli obblighi prescritti per finalita’ di prevenzione del
riciclaggio e di finanziamento del terrorismo di cui al decreto
legislativo 21 novembre 2007, n. 231 e successive modificazioni. A
tal fine, in occasione degli adempimenti previsti per l’adeguata
verifica della clientela, i contribuenti dichiarano modalita’ e
circostanze di acquisizione dei contanti e valori al portatore
oggetto della procedura».
4. Il provvedimento di cui all’articolo 5-octies del decreto-legge
28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, come modificato dal presente decreto, e’
adottato entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della
legge di conversione del presente decreto.
5. Dopo il comma 17 dell’articolo 83 del decreto-legge 25 giugno
2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto
2008, n. 133, sono inseriti i seguenti commi:
«17-bis. I comuni, fermi restando gli obblighi di comunicazione
all’Agenzia delle entrate di cui al comma 16, inviano entro i sei
mesi successivi alla richiesta di iscrizione nell’anagrafe degli
italiani residenti all’estero i dati dei richiedenti alla predetta
agenzia al fine della formazione di liste selettive per i controlli
relativi ad attivita’ finanziarie e investimenti patrimoniali esteri
non dichiarati; le modalita’ effettive di comunicazione e i criteri
per la creazione delle liste sono disciplinati con provvedimento del
direttore dell’Agenzia delle entrate da adottarsi entro tre mesi
dall’entrata in vigore della presente disposizione.
17-ter. In fase di prima attuazione delle disposizioni del comma
17-bis, le attivita’ ivi previste da parte dei comuni e dell’Agenzia
delle entrate vengono esercitate anche nei confronti delle persone
fisiche che hanno chiesto l’iscrizione nell’anagrafe degli italiani
residenti all’estero a decorrere dal 1° gennaio 2010 e ai fini della
formazione delle liste selettive si terra’ conto della eventuale
mancata presentazione delle istanze di collaborazione volontaria di cui agli articoli da 5-quater a 5-octies del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227.».

Capo III
Misure urgenti per il finanziamento di esigenze indifferibili

Art. 8

Finanziamento Fondo occupazione

1. Per l’anno 2016, il Fondo sociale per occupazione e formazione
di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e’ incrementato di 592,6 milioni di euro, anche ai fini del finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga di cui all’articolo 2, commi 64, 65 e 66, della legge 28 giugno 2012, n. 92, e successive modificazioni. Agli oneri derivanti dal primo periodo, pari a 592,6 milioni di euro per l’anno 2016, si provvede mediante utilizzo delle accertate economie relative al medesimo anno 2016, a seguito dell’attivita’ di monitoraggio e verifica concernente le complessive misure di salvaguardia dall’incremento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico stabilito dall’articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 e per le quali la certificazione del diritto al beneficio e’ da ritenersi conclusa.

Art. 9

Partecipazione di personale militare alla missione di supporto
sanitario in Libia e alla missione delle Nazioni Unite UNSMIL

1. E’ autorizzata, fino al 31 dicembre 2016, la spesa di euro
17.388.000 per la partecipazione di personale militare alla missione di supporto sanitario in Libia denominata “Operazione Ippocrate” e alla missione delle Nazioni Unite denominata United Nations Support Mission in Libya (UNSMIL).
2. Alle missioni di cui al comma 1 si applicano:
a) le disposizioni in materia di personale di cui all’articolo 3,
commi 1, alinea, 2, 4, 5, 8 e 9, della legge 3 agosto 2009, n. 108, e
all’articolo 5, commi 2 e 4, del decreto-legge 16 maggio 2016, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2016, n. 131;
b) le disposizioni in materia penale di cui all’articolo 5, commi
1, 2 e 3, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 209, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2009, n. 12, e all’articolo 4, commi 1-sexies e 1-septies, del decreto-legge 4 novembre 2009, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2009, n. 197;
c) le disposizioni in materia contabile di cui all’articolo 5,
commi 1 e 2, del decreto-legge 4 novembre 2009, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2009, n. 197.

Art. 10

Finanziamento investimenti FS

1. E’ autorizzata la spesa di 320 milioni di euro per l’anno 2016 e
400 milioni per l’anno 2018 quale contributo al contratto di
programma – Parte investimenti, aggiornamento al 2016, di Rete
ferroviaria italiana (RFI) S.p.a. Il contratto sul quale il CIPE
nella seduta del 10 agosto 2016 si e’ espresso favorevolmente e’
aggiornato con dette disponibilita’ ai fini della sua approvazione.
2. Le risorse stanziate per l’anno 2016 per il contratto di
servizio con RFI sono destinate al contratto 2016 – 2020 in corso di perfezionamento con il parere favorevole del CIPE nella seduta del 10 agosto 2016.

Art. 11

Misure urgenti per il trasporto regionale

1. A copertura dei debiti del sistema di trasporto regionale su ferro, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, e’ attribuito alla Regione Campania un contributo straordinario, nel limite di 600 milioni di euro, per l’anno 2016 per far fronte ai propri debiti verso la societa’ EAV s.r.l., riguardanti esercizi
pregressi per attivita’ di gestione e investimenti svolte dall’EAV
sulla rete. Entro il 31 dicembre 2016 la quota di cui al periodo
precedente e’ trasferita alla Regione Campania su sua richiesta per
essere immediatamente versata, nello stesso termine, su conto
vincolato della Societa’ EAV S.r.l. per le finalita’ di cui al comma
2.
2. Le misure necessarie al raggiungimento dell’equilibrio economico della societa’ di trasporto regionale ferroviario, EAV s.r.l., di cui all’atto aggiuntivo approvato con delibera della Giunta regionale della Campania n. 143 del 5 aprile 2016, sono svolte in regime di ordinarieta’ dalla predetta societa’ di gestione, sotto la vigilanza della Regione Campania, dalla data di scadenza del Commissario ad acta di cui all’articolo 16, comma 5, del decreto-legge del 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134. EAV s.r.l. predispone un piano di accordo generale che prevede il pagamento di quanto dovuto ai creditori, la rinuncia a tutte o parte delle spese legali, degli interessi e altri accessori, ad una quota percentuale della sorte capitale. L’adesione al piano di accordo generale da parte dei creditori comporta la sospensione delle esecuzioni e comunque la rinuncia all’inizio o alla prosecuzione delle azioni esecutive. Il rispetto dei tempi di pagamento definiti nel piano di accordo generale e nelle successive transazioni costituisce condizione essenziale. Il piano di accordo generale, le successive transazioni e la completa esecuzione a mezzo degli effettivi pagamenti non possono superare il termine complessivo di tre anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Fino alla conclusione del programma di risanamento, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’articolo 16, comma 7, del
decreto-legge 22 giugno 2012 n. 83, convertito, con modificazioni,
dalla legge 7 agosto 2012, n. 134.
3. A copertura dei debiti del servizio di trasporto pubblico
regionale dovuti dalla regione Molise nei confronti di Trenitalia
S.p.a., e’ attribuito alla medesima regione un contributo
straordinario di 90 milioni di euro, per l’anno 2016.
4. Agli oneri di cui al comma 1, pari a 600 milioni di euro per
l’anno 2016 e agli oneri di cui al comma 3, pari a 90 milioni di euro per l’anno 2016, si provvede mediante corrispondente utilizzo del Fondo sviluppo e coesione – programmazione 2014-2020. Le predette risorse sono rese disponibili previa rimodulazione, ove necessario, degli interventi gia’ programmati a valere sulle risorse stesse.

Art. 12

Misure urgenti a favore dei comuni in materia di accoglienza

1. Le spese per l’attivazione, la locazione, la gestione dei centri
di trattenimento e di accoglienza per stranieri sono incrementate di 600 milioni di euro nell’anno 2016.
2. Quale concorso dello Stato agli oneri che sostengono i Comuni
che accolgono richiedenti protezione internazionale, e’ autorizzata
la spesa di 100 milioni di euro per l’anno 2016. A tal fine, nello
stato di previsione del Ministero dell’interno, e’ istituito un
apposito Fondo iscritto nella missione «Immigrazione, accoglienza e
garanzia dei diritti», programma «Flussi migratori, interventi per lo sviluppo della coesione sociale, garanzia dei diritti, rapporti con le confessioni religiose». Con decreto del Ministro dell’interno, da
adottare di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze,
entro venti giorni dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, sono definite le modalita’ di riparto ai comuni interessati
delle risorse di cui al presente comma, nel limite massimo di 500
euro per richiedente protezione ospitato e comunque nei limiti della disponibilità del fondo.

Art. 13

Rifinanziamento Fondo PMI e misure per la promozione
e lo sviluppo dell’agroalimentare

1. La dotazione del Fondo di garanzia per le piccole e medie
imprese di cui all’articolo 2, comma 100, lettera a) della legge 23
dicembre 1996, n. 662, e’ incrementata di 895 milioni di euro per
l’anno 2016. Ulteriori 100 milioni di euro potranno essere
individuati a valere sugli stanziamenti del programma operativo
nazionale «Imprese e competitivita’ 2014-2020» a titolarita’ del
Ministero dello sviluppo economico.
2. Al fine di favorire l’accesso al credito delle imprese agricole,
e’ autorizzata la spesa di 30 milioni di euro per l’anno 2016 in
favore dell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare
(ISMEA) per la concessione da parte del medesimo Istituto di garanzie
ai sensi dell’articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 29 marzo
2004, n. 102. La garanzia dell’ISMEA e’ concessa a titolo gratuito,
nel limite di 15.000 euro di costo e comunque nei limiti previsti dai
regolamenti (UE) numeri 1407/2013 e 1408/2013 della Commissione, del
18 dicembre 2013, relativi all’applicazione degli articoli 107 e 108
del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti de
minimis.
3. All’articolo 2, comma 132, primo periodo, della legge 23
dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni, le parole: «che
operano nella trasformazione e commercializzazione dei prodotti
agricoli» sono sostituite dalle seguenti: «che operano nella
produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti
agricoli».
4. All’articolo 20 della legge 28 luglio 2016, n. 154, dopo il
comma 1, e’ inserito il seguente:
«1-bis. Per gli interventi di cui al comma 1, ISMEA e’
autorizzata ad utilizzare le risorse residue per l’attuazione del
regime di aiuti di cui all’articolo 66, comma 3, della legge 27
dicembre 2002, n. 289.».

Art. 14

Potenziamento di tax credit per il cinema e l’audiovisivo

1. Per l’anno 2016 l’importo di 140 milioni di cui al comma 3
dell’articolo 8 del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, convertito,
con modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2013, n. 112, e successive
modificazioni, e’ incrementato di 30 milioni.

Capo IV
Disposizioni finanziarie e finali

Art. 15

Disposizioni finanziarie

1. Il Fondo per interventi strutturali di politica economica, di
cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, e’ incrementato di 4.260 milioni di euro per l’anno 2017, di 4.185,5 milioni di euro per l’anno 2018, di 3.270 milioni di euro per l’anno 2019 e di 2.970 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2020.
2. Agli oneri derivanti dagli articoli 4, comma 2, 9, 10, 12, 13,
14 e dal comma 1 del presente articolo, pari a 1.992,39 milioni di
euro per l’anno 2016 e 4.260 milioni di euro per l’anno 2017, di
4.830 milioni di euro per l’anno 2018, di 3.270 milioni di euro per
l’anno 2019 e di 2.970 milioni di euro annui a decorrere dall’anno
2020, che aumentano a 2.002,1 milioni di euro per l’anno 2016 ai fini della compensazione degli effetti in termini di fabbisogno ed indebitamento netto derivante dalla lettera a) del presente comma, si provvede:
a) quanto a 417,83 milioni di euro per l’anno 2016, mediante
riduzione delle dotazioni di competenza e di cassa relative alle
missioni e ai programmi di spesa degli stati di previsione dei
Ministeri come indicate nell’elenco allegato al presente decreto;
b) quanto a 1.600 milioni di euro per l’anno 2016, mediante
riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma
200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190;
c) quanto a 2,3 milioni di euro per l’anno 2016, a 4.260 milioni di
euro per l’anno 2017, a 4.830 milioni di euro per l’anno 2018 e a
2.970 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2019, mediante
corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate
derivanti dalle misure previste dagli articoli 3, 4, 6 e 8.
3. Ai fini dell’immediata attuazione delle disposizioni recate dal
presente decreto, il Ministro dell’economia e delle finanze e’
autorizzato ad apportare con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Ove necessario, previa richiesta dell’amministrazione competente, il Ministero dell’economia e delle finanze puo’ disporre il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione avviene tempestivamente con l’emissione di ordini di pagamento sui pertinenti capitoli di spesa.

Art. 16

Entrata in vigore

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e
sara’ presentato alle Camere per la conversione in legge.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara’ inserito
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica
italiana.
E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare.

Dato a Roma, addi’ 22 ottobre 2016

MATTARELLA

Renzi, Presidente del Consiglio
dei ministri

Padoan, Ministro dell’economia
e delle finanze

Visto, il Guardasigilli: Orlando