Notifica a mezzo PEC applicabile ed utilizzabile dal 15.05.2014

Ad oggi, consta che la Corte di Cassazione si sia pronunciata almeno tre volte, individuando il termine iniziale di “applicabilità e utilizzabilità” della notifica a mezzo P.E.C. ex l. n. 53/1994 nel 15.05.2014. Di seguito, i passaggi delle pronunce, che hanno affrontato l’argomento.


Cass. Civ., Sez. VI, Ord. 09.07.2015, n. 14368

p.2. Il Collegio in via preliminare ritiene necessario domandarsi se l’istanza di regolamento di competenza sia stata notificata ritualmente dalla parte ricorrente alla parte intimata.

p.2.1. Detta notificazione, infatti, è stata fatta ai sensi della L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3 bis, comma 2, direttamente dal difensore del ricorrente, Avvocato Camillo Federico tramite posta elettronica certificata.

Il testo della relata di notificazione da conto dell’autorizzazione rilasciata al detto legale dal Consiglio dell’ordine di Santa Maria Capua Vetere a procedere alle notifiche ai sensi di detta legge e in esso si dichiara di notificare “ad ogni effetto di legge copia informatica di cui” il predetto Avvocato attesta “la conformità all’originale cartaceo ai sensi del D.L. 7 marzo 2005, n. 82, art. 22, nonchè procura alle liti a me rilasciata dal sig. I. V. apposta originariamente su ricorso per decreto ingiuntivo n. 1028/2012 rilasciato dal Tribunale di Terni il 18/10/2012, in conformità d quanto previsto dal D.M. n. 44 del 2011, art. 18, n. 5, così come modificato dal D.M. n. 48 del 2013”.

Gli atti notificati sono stati, peraltro, due, indirizzati, come risulta dai due atti depositati, a ciascuno dei difensori della Costruzione Tombesi s.r.l. presso l’indirizzo di p.e.c..

Le notificazioni risultano perfezionate nei confronti della destinataria ai sensi dell’art. 3 bis, comma 3, citato, tanto risultando dalle ricevute di avvenuta consegna telematica, corredate della prescritta indicazione specifica del contenuto della trasmissione, identificato nel ricorso per regolamento e nella relata di notificazione.

Si rileva, poi, che le notificazioni sono state eseguite il 14 maggio 2014, cioè quando era già stato emanato il Provvedimento del 16 aprile 2014 del responsabile per i sistemi informativi automatizzati della direzione generale per i sistemi informativi automatizzati, recante le “Specifiche tecniche previste dall’articolo 34, comma 1 del decreto del Ministro della giustizia in data 21 febbraio 2011 n. 44, recante regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione, nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal  D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi del D.Lgs. 29 dicembre 2009, n. 193, art. 4, commi 1 e 2, convertito nella L. 22 febbraio 2010, n. 24”.

p.2.2. Tuttavia, il detto provvedimento – di natura regolamentare secondaria in quanto emesso ai sensi del D.M. Giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, art. 34, (a sua volta costituente il Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi del  D.L. 29 dicembre 2009, n. 193, art. 4, commi 1 e 2, convertito nella  L. 22 febbraio 2010, n. 24, regolamento attuativo del D.Lgs. n. 82 del 2005, e successive modifiche) – è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30 aprile 2014, ma è entrato in vigore il 15 maggio 2014, giusta il disposto del suo art. 31.

Ne consegue che le notificazioni di cui si discorre, in quanto avvenute il 14 maggio del 2014, non sono state effettuate sotto il suo vigore.

Se lo fossero state, sarebbero state pienamente conformi alle specifiche tecniche indicate dall’art. 19 bis, del detto provvedimento del 16 aprile 2014.

Norma che espressamente risulta attuativa del citato D.M. Giustizia n. 44 del 2011, art. 18, il quale, sotto la rubrica “Notificazioni per via telematica eseguite dagli avvocati”, così disponeva:

“L’avvocato che procede alla notificazione con modalità telematica ai sensi della  L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3 bis, allega al messaggio di posta elettronica certificata documenti informatici o copie informatiche, anche per immagine, di documenti analogici privi di elementi attivi e redatti nei formati consentiti dalle specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’art. 34.

2. Quando il difensore procede alla notificazione delle comparse o delle memorie, ai sensi  dell’art. 170 c.p.c., comma 4, la notificazione è effettuata mediante invio della memoria o della comparsa alle parti costituite ai sensi del comma 1.

3. La parte rimasta contumace ha diritto a prendere visione degli atti del procedimento tramite accesso al portale dei servizi telematici e, nei casi previsti, anche tramite il punto di accesso.

4. L’avvocato che estrae copia informatica per immagine dell’atto formato su supporto analogico, compie l’asseverazione prevista dall’art. 22, comma 2, del codice dell’amministrazione digitale, inserendo la dichiarazione di conformità all’originale nella relazione di notificazione, a norma della L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3 bis, comma 5.

5. La procura alle liti si considera apposta in calce all’atto cui si riferisce quando è rilasciata su documento informatico separato allegato al messaggio di posta elettronica certificata mediante il quale l’atto è notificato. La disposizione di cui al periodo precedente si applica anche quando la procura alle liti è rilasciata su foglio separato del quale è estratta copia informatica, anche per immagine. 6. La ricevuta di avvenuta consegna prevista dalla  L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3 bis, comma 3, è quella completa, di cui al D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, art. 6, comma 4″.

p.2.3. Come emerge dal comma 1 nella norma si rinviava, però, alle specifiche tecniche di cui all’art. 34.

Tale norma, a sua volta, affidava la loro determinazione al responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, sentito DigitPA. E, nel terzo comma, prevedeva che fino all’emanazione delle specifiche tecniche di cui al comma 1, continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, le disposizioni anteriormente vigenti.

Ora, le specifiche tecniche vennero effettivamente emanate con un provvedimento di analoga fonte rispetto a quello del 2014, cioè emesso dal mentovato responsabile per i sistemi informativi automatizzati della direzione generale per i sistemi informativi automatizzati e tale provvedimento venne pubblicato sulla G.U. del 29 luglio 2011, ma in esso, a proposito delle notificazioni in via telematica da farsi dagli avvocati ai sensi del D.M. n. 44 del 2011, art. 18, nulla si previde.

Vennero, invece, dettate norme tecniche oltre che per le notificazioni da eseguirsi dagli uffici (come per le comunicazioni), per quelle di soggetti esterni agli uffici, ma con previsione di doversi avvalere dell’UNEP: si veda l’art. 19, che si dichiara attuativo dell’art. 17 del regolamento n. 44 del 2011.

p.2.4. D’altro canto, va ricordato che la  L. n. 53 del 1994, all’epoca di emanazione del D.M. n. 44 del 2011 e, quindi, delle norme tecniche di cui al provvedimento del luglio 2011, disciplinava i poteri dell’avvocato di utilizzazione della p.e.c. con l’art. 3, comma 3 bis, siccome sostituito dalla L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 25, comma 3, il quale prevedeva la possibilità di notificazione a mezzo p.e.c. da parte dell’avvocato se il destinatario risultasse indicato negli appositi pubblici elenchi, ma lo obbligava a procedere avvalendosi dell’opera dell’ufficiale giudiziario ai sensi dell’art. 149 bis c.p.c.. Non diversamente dallo stesso art. 149 bis, la previsione del detto comma 3 bis, era – come si era sottolineato in dottrina – di più che dubbia operatività, atteso che il quarto comma della prima alludeva ad un decreto ministeriale di cui mancava l’emanazione.

p.2.5. Sopravvenuta invece l’introduzione del nuovo e già riferito  L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, (e soppresso correlativamente il poco prima ricordato art. 3, comma 3 bis), la concreta possibilità dell’effettivo decollo della nuova disciplina o almeno di un decollo applicativo formalmente legittimo, venne a dipendere sempre da quella che il comma primo dell’art. 3-bis chiama normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. E ciò, si badi, anche per l’ipotesi regolata dal comma 2, atteso che pure nel suo caso rileva la sottoscrizione, trasmissione e ricezione, cui allude il comma 1, dato che la norma si occupa del modo di estrazione del documento informatico da un documento cartaceo. Il comma 2, infatti, disciplina solo il modo in cui l’atto da notificarsi che non sia di per sè un documento informatico può divenire copia informatica in funzione della successiva notificazione.

Poichè, una volta intervenuto l’art. 3 bis, la normativa regolamentare continuò ad essere quella del provvedimento del luglio del 2011 di cui s’è detto, era palese che, non riferendosi essa in alcun modo all’ipotesi della notificazione eseguita dall’avvocato, la situazione era, dunque, di mancanza di normativa regolamentare disciplinatrice.

Tale situazione implicava che, fino a quando non fosse avvenuta l’emanazione della normativa regolamentare, l’art. 3 bis, risultava in realtà una norma inapplicabile per la mancanza della normativa regolamentare, in quanto il D.M. n. 44 del 2011, art.  18, pur nel testo risultante dalla sostituzione operata dal D.M. Giustizia 3 aprile 2013, n. 48, art. 1, comma 1, continuava a rinviare alle norme tecniche di cui all’art. 34 che ancora non c’erano.

In effetti, il momento della concreta applicabilità dell’art. 3 bis, deve, in conseguenza, farsi risalire soltanto alla sopravvenienza del  provvedimento del 16 aprile 2014 entrato in vigore il 15 maggio successivo.

E’ da quel momento che l’art. 3 bis, può ritenersi sia stato legittimamente applicabile. S’è già detto, d’altro canto, che prima non vi erano norme regolamentari di attuazione relative alle notificazioni eseguite dagli avvocati.

p.2.6. Poichè la notificazione dell’istanza di regolamento di competenza è avvenuta, come s’è detto, prima della entrata in vigore del  provvedimento del 16 aprile 2014, si deve, dunque, reputare che si è trattato di una notificazione non legittimata dall’art. 3-bis e, quindi, non corrispondente al modello legale di cui a detta norma. Non è possibile ipotizzare che in mancanza delle norme regolamentari tecniche che si dovevano emanare ai sensi del  D.M. n. 44 del 2011, art. 18, il potere dell’avvocato di notificare validamente sussistesse comunque, perchè questo avrebbe significato applicare la norma sopprimendo il chiaro valore della prescrizione circa l’osservanza delle norme regolamentari non ancora emanate, la quale sottintendeva proprio la volontà del legislatore di subordinarne l’efficacia alla loro emanazione.

Peraltro, nella situazione di mancanza di applicabilità della disciplina della L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, fino al 15 maggio 2014, data in cui entrarono in vigore le norme tecniche cui allude il  D.M. n. 44 del 2011, art. 18, nel testo vigente, una notificazione eseguita come quella in esame, pur non avendo avuto il legale che l’ha eseguita il potere di effettuarla legittimamente, mancando tale potere solo per l’assenza di una normativa regolamentare e tra l’altro tecnica, non può considerarsi affetta da un tale scostamento dal modello legale da essere affetta da inesistenza, ma va considerata solo nulla e ciò anche perchè l’avvocato abilitato ai sensi della L. n. 53 del 1994, era comunque soggetto legittimato al compimento di attività notificatoria secondo detta legge e, dunque, provvisto di una funzione in tal senso.

Sussisterebbero, dunque, non essendosi costituito l’intimato (cosa che avrebbe determinato sanatoria della nullità) le condizioni per ordinare il rinnovo della notificazione dell’istanza di regolamento, previo rilievo della nullità della notificazione o meglio delle due notificazioni eseguite alla stregua del seguente principio di diritto: “La concreta applicabilità ed utilizzabilità della norma della L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, (introdotta dal D.L. n. 169 del 2012, art. 16 quater, convertito, con modificazioni, nella L. n. 221 del 2012, ed introdotto nel detto D.L. dalla L. n. 228 del 201, art. 1, comma 19) si è verificata soltanto a far tempo dal 15 maggio 2014, data di efficacia delle norme regolamentari cui allude il comma 1 della norma (norme introdotte con il provvedimento 16 aprile 2014 del responsabile per i sistemi informativi automatizzati della direzione generale per i sistemi informativi automatizzati, recante le Specifiche tecniche previste dal D.M. giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, art. 34, comma 1, recante regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione, nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi del D.L. 29 dicembre 2009, n. 193, art.  4, commi 1 e 2, convertito nella L. 22 febbraio 2010, n. 24).

Una notificazione eseguita dall’avvocato ai sensi dell’art. 3 bis, anteriormente alla data del 15 maggio 2014 si doveva, dunque, reputare nulla e tale da giustificare, in mancanza di costituzione del convenuto, un ordine di rinnovo della notificazione”.

p.2. Il Collegio in via preliminare ritiene necessario domandarsi se l’istanza di regolamento di competenza sia stata notificata ritualmente dalla parte ricorrente alla parte intimata.

p.2.1. Detta notificazione, infatti, è stata fatta ai sensi della L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3 bis, comma 2, direttamente dal difensore del ricorrente, Avvocato Camillo Federico tramite posta elettronica certificata.

Il testo della relata di notificazione da conto dell’autorizzazione rilasciata al detto legale dal Consiglio dell’ordine di Santa Maria Capua Vetere a procedere alle notifiche ai sensi di detta legge e in esso si dichiara di notificare “ad ogni effetto di legge copia informatica di cui” il predetto Avvocato attesta “la conformità all’originale cartaceo ai sensi del D.L. 7 marzo 2005, n. 82, art. 22, nonchè procura alle liti a me rilasciata dal sig. I. V. apposta originariamente su ricorso per decreto ingiuntivo n. 1028/2012 rilasciato dal Tribunale di Terni il 18/10/2012, in conformità d quanto previsto dal D.M. n. 44 del 2011, art. 18, n. 5, così come modificato dal D.M. n. 48 del 2013”.

Gli atti notificati sono stati, peraltro, due, indirizzati, come risulta dai due atti depositati, a ciascuno dei difensori della Costruzione Tombesi s.r.l. presso l’indirizzo di p.e.c..

Le notificazioni risultano perfezionate nei confronti della destinataria ai sensi dell’art. 3 bis, comma 3, citato, tanto risultando dalle ricevute di avvenuta consegna telematica, corredate della prescritta indicazione specifica del contenuto della trasmissione, identificato nel ricorso per regolamento e nella relata di notificazione.

Si rileva, poi, che le notificazioni sono state eseguite il 14 maggio 2014, cioè quando era già stato emanato il Provvedimento del 16 aprile 2014 del responsabile per i sistemi informativi automatizzati della direzione generale per i sistemi informativi automatizzati, recante le “Specifiche tecniche previste dall’articolo 34, comma 1 del decreto del Ministro della giustizia in data 21 febbraio 2011 n. 44, recante regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione, nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal  D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi del D.Lgs. 29 dicembre 2009, n. 193, art. 4, commi 1 e 2, convertito nella L. 22 febbraio 2010, n. 24”.

p.2.2. Tuttavia, il detto provvedimento – di natura regolamentare secondaria in quanto emesso ai sensi del D.M. Giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, art. 34, (a sua volta costituente il Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi del  D.L. 29 dicembre 2009, n. 193, art. 4, commi 1 e 2, convertito nella  L. 22 febbraio 2010, n. 24, regolamento attuativo del D.Lgs. n. 82 del 2005, e successive modifiche) – è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30 aprile 2014, ma è entrato in vigore il 15 maggio 2014, giusta il disposto del suo art. 31.

Ne consegue che le notificazioni di cui si discorre, in quanto avvenute il 14 maggio del 2014, non sono state effettuate sotto il suo vigore.

Se lo fossero state, sarebbero state pienamente conformi alle specifiche tecniche indicate dall’art. 19 bis, del detto provvedimento del 16 aprile 2014.

Norma che espressamente risulta attuativa del citato D.M. Giustizia n. 44 del 2011, art. 18, il quale, sotto la rubrica “Notificazioni per via telematica eseguite dagli avvocati”, così disponeva:

“L’avvocato che procede alla notificazione con modalità telematica ai sensi della  L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3 bis, allega al messaggio di posta elettronica certificata documenti informatici o copie informatiche, anche per immagine, di documenti analogici privi di elementi attivi e redatti nei formati consentiti dalle specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’art. 34.

2. Quando il difensore procede alla notificazione delle comparse o delle memorie, ai sensi  dell’art. 170 c.p.c., comma 4, la notificazione è effettuata mediante invio della memoria o della comparsa alle parti costituite ai sensi del comma 1.

3. La parte rimasta contumace ha diritto a prendere visione degli atti del procedimento tramite accesso al portale dei servizi telematici e, nei casi previsti, anche tramite il punto di accesso.

4. L’avvocato che estrae copia informatica per immagine dell’atto formato su supporto analogico, compie l’asseverazione prevista dall’art. 22, comma 2, del codice dell’amministrazione digitale, inserendo la dichiarazione di conformità all’originale nella relazione di notificazione, a norma della L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3 bis, comma 5.

5. La procura alle liti si considera apposta in calce all’atto cui si riferisce quando è rilasciata su documento informatico separato allegato al messaggio di posta elettronica certificata mediante il quale l’atto è notificato. La disposizione di cui al periodo precedente si applica anche quando la procura alle liti è rilasciata su foglio separato del quale è estratta copia informatica, anche per immagine. 6. La ricevuta di avvenuta consegna prevista dalla  L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 3 bis, comma 3, è quella completa, di cui al D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, art. 6, comma 4″.

p.2.3. Come emerge dal comma 1 nella norma si rinviava, però, alle specifiche tecniche di cui all’art. 34.

Tale norma, a sua volta, affidava la loro determinazione al responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, sentito DigitPA. E, nel terzo comma, prevedeva che fino all’emanazione delle specifiche tecniche di cui al comma 1, continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, le disposizioni anteriormente vigenti.

Ora, le specifiche tecniche vennero effettivamente emanate con un provvedimento di analoga fonte rispetto a quello del 2014, cioè emesso dal mentovato responsabile per i sistemi informativi automatizzati della direzione generale per i sistemi informativi automatizzati e tale provvedimento venne pubblicato sulla G.U. del 29 luglio 2011, ma in esso, a proposito delle notificazioni in via telematica da farsi dagli avvocati ai sensi del D.M. n. 44 del 2011, art. 18, nulla si previde.

Vennero, invece, dettate norme tecniche oltre che per le notificazioni da eseguirsi dagli uffici (come per le comunicazioni), per quelle di soggetti esterni agli uffici, ma con previsione di doversi avvalere dell’UNEP: si veda l’art. 19, che si dichiara attuativo dell’art. 17 del regolamento n. 44 del 2011.

p.2.4. D’altro canto, va ricordato che la  L. n. 53 del 1994, all’epoca di emanazione del D.M. n. 44 del 2011 e, quindi, delle norme tecniche di cui al provvedimento del luglio 2011, disciplinava i poteri dell’avvocato di utilizzazione della p.e.c. con l’art. 3, comma 3 bis, siccome sostituito dalla L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 25, comma 3, il quale prevedeva la possibilità di notificazione a mezzo p.e.c. da parte dell’avvocato se il destinatario risultasse indicato negli appositi pubblici elenchi, ma lo obbligava a procedere avvalendosi dell’opera dell’ufficiale giudiziario ai sensi dell’art. 149 bis c.p.c.. Non diversamente dallo stesso art. 149 bis, la previsione del detto comma 3 bis, era – come si era sottolineato in dottrina – di più che dubbia operatività, atteso che il quarto comma della prima alludeva ad un decreto ministeriale di cui mancava l’emanazione.

p.2.5. Sopravvenuta invece l’introduzione del nuovo e già riferito  L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, (e soppresso correlativamente il poco prima ricordato art. 3, comma 3 bis), la concreta possibilità dell’effettivo decollo della nuova disciplina o almeno di un decollo applicativo formalmente legittimo, venne a dipendere sempre da quella che il comma primo dell’art. 3-bis chiama normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. E ciò, si badi, anche per l’ipotesi regolata dal comma 2, atteso che pure nel suo caso rileva la sottoscrizione, trasmissione e ricezione, cui allude il comma 1, dato che la norma si occupa del modo di estrazione del documento informatico da un documento cartaceo. Il comma 2, infatti, disciplina solo il modo in cui l’atto da notificarsi che non sia di per sè un documento informatico può divenire copia informatica in funzione della successiva notificazione.

Poichè, una volta intervenuto l’art. 3 bis, la normativa regolamentare continuò ad essere quella del provvedimento del luglio del 2011 di cui s’è detto, era palese che, non riferendosi essa in alcun modo all’ipotesi della notificazione eseguita dall’avvocato, la situazione era, dunque, di mancanza di normativa regolamentare disciplinatrice.

Tale situazione implicava che, fino a quando non fosse avvenuta l’emanazione della normativa regolamentare, l’art. 3 bis, risultava in realtà una norma inapplicabile per la mancanza della normativa regolamentare, in quanto il D.M. n. 44 del 2011, art.  18, pur nel testo risultante dalla sostituzione operata dal D.M. Giustizia 3 aprile 2013, n. 48, art. 1, comma 1, continuava a rinviare alle norme tecniche di cui all’art. 34 che ancora non c’erano.

In effetti, il momento della concreta applicabilità dell’art. 3 bis, deve, in conseguenza, farsi risalire soltanto alla sopravvenienza del  provvedimento del 16 aprile 2014 entrato in vigore il 15 maggio successivo.

E’ da quel momento che l’art. 3 bis, può ritenersi sia stato legittimamente applicabile. S’è già detto, d’altro canto, che prima non vi erano norme regolamentari di attuazione relative alle notificazioni eseguite dagli avvocati.

p.2.6. Poichè la notificazione dell’istanza di regolamento di competenza è avvenuta, come s’è detto, prima della entrata in vigore del  provvedimento del 16 aprile 2014, si deve, dunque, reputare che si è trattato di una notificazione non legittimata dall’art. 3-bis e, quindi, non corrispondente al modello legale di cui a detta norma. Non è possibile ipotizzare che in mancanza delle norme regolamentari tecniche che si dovevano emanare ai sensi del  D.M. n. 44 del 2011, art. 18, il potere dell’avvocato di notificare validamente sussistesse comunque, perchè questo avrebbe significato applicare la norma sopprimendo il chiaro valore della prescrizione circa l’osservanza delle norme regolamentari non ancora emanate, la quale sottintendeva proprio la volontà del legislatore di subordinarne l’efficacia alla loro emanazione.

Peraltro, nella situazione di mancanza di applicabilità della disciplina della L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, fino al 15 maggio 2014, data in cui entrarono in vigore le norme tecniche cui allude il  D.M. n. 44 del 2011, art. 18, nel testo vigente, una notificazione eseguita come quella in esame, pur non avendo avuto il legale che l’ha eseguita il potere di effettuarla legittimamente, mancando tale potere solo per l’assenza di una normativa regolamentare e tra l’altro tecnica, non può considerarsi affetta da un tale scostamento dal modello legale da essere affetta da inesistenza, ma va considerata solo nulla e ciò anche perchè l’avvocato abilitato ai sensi della L. n. 53 del 1994, era comunque soggetto legittimato al compimento di attività notificatoria secondo detta legge e, dunque, provvisto di una funzione in tal senso.

Sussisterebbero, dunque, non essendosi costituito l’intimato (cosa che avrebbe determinato sanatoria della nullità) le condizioni per ordinare il rinnovo della notificazione dell’istanza di regolamento, previo rilievo della nullità della notificazione o meglio delle due notificazioni eseguite alla stregua del seguente principio di diritto: “La concreta applicabilità ed utilizzabilità della norma della L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, (introdotta dal D.L. n. 169 del 2012, art. 16 quater, convertito, con modificazioni, nella L. n. 221 del 2012, ed introdotto nel detto D.L. dalla L. n. 228 del 201, art. 1, comma 19) si è verificata soltanto a far tempo dal 15 maggio 2014, data di efficacia delle norme regolamentari cui allude il comma 1 della norma (norme introdotte con il provvedimento 16 aprile 2014 del responsabile per i sistemi informativi automatizzati della direzione generale per i sistemi informativi automatizzati, recante le Specifiche tecniche previste dal D.M. giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, art. 34, comma 1, recante regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione, nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ai sensi del D.L. 29 dicembre 2009, n. 193, art.  4, commi 1 e 2, convertito nella L. 22 febbraio 2010, n. 24).

Una notificazione eseguita dall’avvocato ai sensi dell’art. 3 bis, anteriormente alla data del 15 maggio 2014 si doveva, dunque, reputare nulla e tale da giustificare, in mancanza di costituzione del convenuto, un ordine di rinnovo della notificazione”.


Cass. Civ., Sez. V, Sent. 29.01.2016, n. 1682

Preliminarmente, l’Avvocatura Generale dello Stato, per la ricorrente Agenzia delle Entrate, ha effettuato, L. n. 53 del 1994, ex artt. 3 bis e 4, il rinnovo della notifica del ricorso per cassazione all’intimato M. presso il domiciliatario in appello del medesimo, Avv.to Umberto Celentano, ivi inviando, in data 19/05/2015, tramite posta elettronica certificata, all’indirizzo risultante dal pubblico elenco c.d. Reginde, l’originale informatico sottoscritto in forma digitale; sono state quindi allegate agli atti la ricevuta di accettazione e quella di avvenuta consegna, previste dal D.P.R. n. 68 del 2005, art. 6, commi 1 e 2. La suddetta notifica del ricorso per cassazione, tramite P.E.C., (L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, comma 1: “La notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi”), effettuata nel maggio 2015 – allorchè erano state emanate, da ultimo, le norme regolamentari attuative del D.M. n. 44 del 2011, contenenti le specifiche tecniche per le notificazioni per via telematica da farsi dagli avvocati (cfr. Cass. 14368/2015) – risulta pertanto essersi perfezionata (cfr. Cass. 20072/2015).


Cass. Civ., Sez. VI, Ord. 07.10.2016, n. 20307

Va preliminarmente ritenuta rituale la suddetta notifica del controricorso, tramite P.E.C., (L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, comma 1: “La notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi.”), effettuata il 28‐10‐2014 allorchè erano state emanate, da ultimo, le norme regolamentari attuative del D.M. n. 44 del 2011, contenenti le specifiche tecniche per le notificazioni per via telematica da farsi dagli avvocati; in particolare, era stato emanato il provvedimento del 16‐4‐2014 della Direzione generale per i sistemi informativi automatizzati, pubblicato sulla G.U. del 30‐4‐2014 ed entrato in vigore il 15‐5‐2014 (cfr. Cass. 14368/2015; Cass. 20072/2015; Cass. 1682/2016).


 

Omesso versamento I.V.A., confermata la “linea dura”: forza maggiore solo nel caso di assoluta impossibilità ad adempiere l’obbligazione tributaria. Cass. Pen., Sez. III, 10.11.2016 n. 47250

La Corte di Cassazione, con la sentenza della Terza Sezione Penale del 10.11.2016, n. 47250 (udienza del 21.06.2016), conferma l’orientamento più restrittivo, secondo cui la mera difficoltà nell’adempimento dell’obbligazione tributaria non integra forza maggiore , la quale si concretizza esclusivamente in caso di assoluta impossibilità a porre in essere il comportamento omesso, affermando che:

  1. il margine di scelta esclude sempre la forza maggiore, in quanto non esclude la suitas della condotta;
  2. la mancanza di provvista necessaria all’adempimento dell’obbligazione tributaria penalmente rilevante non può essere addotta a sostegno della forza maggiore quando sia comunque il frutto di una scelta/politica imprenditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità;
  3. non si può invocare la forza maggiore quando l’inadempimento penalmente sanzionato sia stato con-causato dal mancato pagamento delle singole scadenze mensili e dunque da una situazione di illegittimità;
  4. l’inadempimento tributario penalmente rilevante può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore che non ha potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico.

Di seguito il testo delle motivazioni.

* * *

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSI Elisabetta – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. DI STASI Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

D.N., nato a (omissis) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 14/05/2015 della Corte di Appello di Campobasso;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa DI STASI Antonella;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa FILIPPI Paola che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 14.5.2015, la Corte di Appello di Campobasso confermava la sentenza del 17.10.2014 del Tribunale di Campobasso che aveva dichiarato D.N. responsabile dei reati di cui all’art. 81 cpv. c.p. e D.Lgs. n. 74 del 2000, 10-ter – perchè nella qualità di titolare e legale rappresentante della omonima ditta ometteva di versare, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto relativamente ai periodi di imposta (omissis), (omissis) e (omissis) – e lo aveva condannato alla pena di anni uno e mesi due di reclusione con le conseguenti pene accessorie.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione D.N., per il tramite del difensore di fiducia, articolando un unico complesso motivo di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1.

Il ricorrente deduce che, pur non disconoscendo di aver posto in essere la condotta omissiva contestata, ciò era avvenuto non per mancanza di volontà di adempiere ai propri doveri con il fisco ma perchè impossibilitato a farlo per causa di forza maggiore dovuta non solo alle condizioni di precarietà in cui era costretto a vivere ma anche e soprattutto perchè non aveva mai incassato le esorbitanti somme sulle quale versare l’IVA per essere un semplice “prestanome”. Argomenta, quindi, che risulta evidente l’insussistenza dell’elemento psicologico del reato contestato.

Aggiunge che la crisi di liquidità configura una sorta di forza maggiore che interrompe il nesso psichico e che, nella specie, si è trattato proprio di una “evasione di sopravvivenza”.

Deduce, poi, che l’affermazione di responsabilità è stata fondata nei due gradi di giudizio su una istruttoria monca, sulle sole dichiarazioni dei testi di accusa ed in assenza di prove documentali.

Deduce, infine, la violazione del diritto di difesa, in quanto la Corte di appello disattendeva una istanza di rinvio per legittimo impedimento corredata e giustificata da apposita documentazione.

Chiede, pertanto, assoluzione perchè il fatto non sussiste, per carenza dell’elemento psicologico o con altra formula ampia.

Motivi della decisione

1. Il ricorso va dichiarato inammissibile.

2. Il primo motivo è manifestamente infondato.

Con la sentenza n. 37424/2013 le Sezioni Unite hanno ribadito che il reato in esame è punibile a titolo di dolo generico.

Per la commissione del reato, basta, dunque, la coscienza e volontà di non versare all’Erario le ritenute effettuate nel periodo considerato e la prova del dolo è insita, in genere, nella presentazione della dichiarazione annuale, dalla quale emerge quanto è dovuto a titolo di imposta, e che deve, quindi, essere “saldato o almeno contenuto” sotto la soglia di punibilità nel termine lungo previsto. Con l’effetto che se il debito verso il fisco relativo ai versamenti IVA è collegato al compimento delle singole operazioni imponibili, ogni qualvolta il soggetto d’imposta effettua tali operazioni riscuote già (dall’acquirente del bene o del servizio) l’IVA dovuta e deve, quindi, tenerla accantonata per l’Erario, organizzando le risorse disponibili in modo da poter adempiere all’obbligazione tributaria. Il D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-ter estende evidentemente questa esigenza di organizzazione su scala annuale.

Non può, pertanto, essere invocata, per escludere la colpevolezza, la crisi di liquidità del soggetto attivo al momento della scadenza del termine, ove non si dimostri che la stessa non dipenda dalla scelta (protrattasi, in sede di prima applicazione della norma, nella seconda metà del (omissis)) di non far debitamente fronte alla esigenza predetta organizzativa (per l’esclusione del rilievo scriminante di impreviste difficoltà economiche in sè considerate v., in riferimento alla parallela norma dell’art. 10-bis, Sez. 3, n. 10120 del 01/12/2010, dep. 2011, Provenzale).

Questa Corte ha ulteriormente precisato che è necessario che siano assolti, sul punto, precisi oneri di allegazione che devono investire non solo l’aspetto della non imputabilità al contribuente della crisi economica che improvvisamente avrebbe investito l’azienda, ma anche la circostanza che detta crisi non potesse essere adeguatamente fronteggiata tramite il ricorso ad idonee misure da valutarsi in concreto.

Occorre cioè la prova che non sia stato altrimenti possibile per il contribuente reperire le risorse economiche e finanziarie necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di un’improvvisa crisi di liquidità, quelle somme necessarie ad assolvere il debito erariale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e ad egli non imputabili (Sez. 3, 9 ottobre 2013, n. 5905/2014; Sez. 3, n. 15416 del 08/01/2014, Tonti Sauro; Sez. 3, n. 5467 del 05/12/2013, Mercutello, Rv. 258055, Sez.3, n. 43599 del 09/09/2015, dep. 29/10/2015, Rv. 265262).

Poichè la forza maggiore postula la individuazione di un fatto imponderabile, imprevisto ed imprevedibile, che esula del tutto dalla condotta dell’agente, tanto da rendere ineluttabile il verificarsi dell’evento, non potendo ricollegarsi in alcun modo ad un’azione od omissione cosciente e volontaria dell’agente, questa Suprema Corte ha sempre escluso, quando la specifica questione è stata posta, che le difficoltà economiche in cui versa il soggetto agente possano integrare la forza maggiore penalmente rilevante. (Sez. 3, n. 4529 del 04/12/2007, Cairone, Rv. 238986; Sez. 1, n. 18402 del 05/04/2013, Giro, Rv. 255880; Sez. 3, n. 24410 del 05/04/2011, Bolognini, Rv. 250805; Sez. 3, n. 9041 del 18/09/1997, Chiappa, Rv. 209232; Sez. 3, n. 643 del 22/10/1984, Bottura, Rv. 167495; Sez. 3, n. 7779 del 07/05/1984, Anderi, Rv. 165822).

Costituisce corollario di queste affermazioni il fatto che nei reati omissivi integra la causa di forza maggiore l’assoluta impossibilità, non la semplice difficoltà di porre in essere il comportamento omesso (Sez. 6, n. 10116 del 23/03/1990, Iannone, Rv. 184856).

Ne consegue che: a) il margine di scelta esclude sempre la forza maggiore perchè non esclude la suitas della condotta; b) la mancanza di provvista necessaria all’adempimento dell’obbligazione tributaria penalmente rilevante non può pertanto essere addotta a sostegno della forza maggiore quando sia comunque il frutto di una scelta/politica imprenditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità; c) non si può invocare la forza maggiore quando l’inadempimento penalmente sanzionato sia stato con-causato dal mancato pagamento delle singole scadenze mensili e dunque da una situazione di illegittimità; d) l’inadempimento tributario penalmente rilevante può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore che non ha potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico (Sez. 3, n. 8352 del 24/06/2014, dep. 25/02/2015, Rv. 263128).

Nel caso in esame, la deduzione riguardante la crisi economica è generica e in fatto e non reca, in particolare, indicazioni specifiche nè concrete atte a ravvisare una reale impossibilità incolpevole all’adempimento ovvero a ricondurre la causa esclusiva dell’inadempimento a condotte tenute prima del secondo semestre del (omissis).

3. Il secondo motivo è inammissibile; ne va, infatti, rilevata la aspecificità ai sensi degli artt. 591 e 581 c.p.p..

Il ricorrente si limita a censurare genericamente la sentenza resa dal giudice di secondo grado, allegando che la Corte territoriale non avrebbe valutato il compendio probatorio, le cui risultanze escluderebbero la sua responsabilità, e senza indicare alcun elemento di concretezza al riguardo.

Il vizio risulta diretto ad indurre la rivalutazione del compendio probatorio, senza l’indicazione di specifiche questioni in astratto idonee ad incidere sulla capacità dimostrativa delle prove raccolte.

Il vizio di motivazione per superare il vaglio di ammissibilità non deve essere diretto a censurare genericamente la valutazione di colpevolezza, ma deve invece essere idoneo ad individuare un preciso difetto del percorso logico argomentativo offerto dalla Corte di merito, sia esso identificabile come illogicità manifesta della motivazione, sia esso inquadrabile come carenza od omissione argomentativa; quest’ultima declinabile sia nella mancata presa in carico degli argomenti difensivi, sia nella carente analisi delle prove a sostegno delle componenti oggettive e soggettive del reato contestato.

Il perimetro della giurisdizione di legittimità è, infatti, limitato alla rilevazione delle illogicità manifeste e delle carenze motivazionali, ovvero di vizi specifici del percorso argomentativo, che non possono dilatare l’area di competenza della Cassazione alla rivalutazione dell’interno compendio indiziario. Le discrasie logiche e le carenze motivazionali eventualmente rilevate per essere rilevanti devono, inoltre, avere la capacità di essere decisive, ovvero essere idonee ad incidere il compendio indiziario, incrinandone la capacità dimostrativa.

4. Il terzo motivo è inammissibile.

Il ricorrente lamenta il mancato accoglimento di istanza di rinvio per legittimo impedimento e la violazione del diritto di difesa per essere stata la sentenza emessa in assenza dell’imputato e del difensore, senza nulla specificare in ordine al contenuto e fondamento della istanza e della correlata documentazione nonchè ai termini del diniego della stessa.

Esso, quindi, si caratterizza per assoluta genericità, integra la violazione dell’art. 581 c.p.p., lett. c), che nel dettare, in generale, quindi anche per il ricorso per cassazione, le regole cui bisogna attenersi nel proporre l’impugnazione, stabilisce che nel relativo atto scritto debbano essere enunciati, tra gli altri, “I motivi, con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta”; violazione che, ai sensi dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), determina, per l’appunto, l’inammissibilità dell’impugnazione stessa (cfr. Sez. 6, 30.10.2008, n. 47414, rv. 242129; Sez. 6, 21.12.2000, n. 8596, rv. 219087).

Inoltre, la deduzione contrasta con il contenuto della sentenza impugnata, nella quale si dà atto, invece, della presenza all’udienza di discussione del gravame del difensore dell’imputato che rassegnava le conclusioni chiedendo l’accoglimento dell’appello.

5. Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

6. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura ritenuta equa indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2016.